Al Sala Umberto è andato in scena lo scorso 17 gennaio VITE DI GINIUS , ultimo lavoro della compagnia cosentina Libero Teatro: in scena Max Mazzotta, volto del recente "Freaks Out" (2021) di Gabriele Mainetti.
VITE DI GINIUS è uno spettacolo teatrale da lui scritto, diretto e interpretato ed è una composizione di quattro quadri disseminati nell’arco temporale di mille anni.
Dalla sua console-macchina del tempo dell’oltretomba, l’anima di Ginius rivive le quattro vite vissute precedentemente in un viaggio onirico e psichedelico. Quattro storie drammatiche e dolorose che si susseguono in un fil-rouge dai risvolti traumatici.
Quattro esistenze, quattro epiloghi.
Un nuovo linguaggio, una nuova esperienza teatrale.
La grammatica dell'immagini e dell'audiovisivo.
Contenuti
VITE DI GINIUS: Quattro esistenze, quattro epiloghi al Sala Umberto
Nel primo quadro siamo in un villaggio calabrese dell’800. In questa vita Ginius è Za’ Popa, anziana donna la cui esistenza è stata segnata da un tragico evento, quando, per uno scherzo, è testimone della morte del suo amato amico Ninuzzu.
Nella seconda reincarnazione ci spostiamo nella Roma degli anni ’60. Qui nei panni di Nanni, negoziante di scarpe. Nanni a causa della sua vigliaccheria, lascia che Nina, una giovane di cui è innamorato e ricambiato, venga uccisa dal fratello di lei.
Nella terza vita, ambientata ai giorni nostri, Gianni, fratello maggiore di Nino, arriva ad uccidere quest’ultimo rinchiuso in istituto per malati mentali in una città del nord Italia. È un richiamo al mito di Caino e Abele, l’atto fratricida scaturito dalla gelosia e dall’incomprensione che talvolta può determinarsi nei rapporti fraterni.
L’ultima vita ricordata è proprio quella da cui Ginius si è appena separato all’inizio dello spettacolo. Siamo nel 2800, in un ipotetico futuro distopico. Le religioni sono messe al bando, nessuna forma di misticismo e nessun dio sono concessi. È in atto una repressione teologica. Ginius lavora per il governo a capo di un reparto militare come “molok”. Sarà proprio in questa vita votata alla cieca logicità che Ginius spezzerà il destino reiterato delle sue precedenti esistenze, immolandosi per salvare la vita di Nina, una sovversiva appena conosciuta e da lui stesso imprigionata. Alla fine di questo viaggio, il protagonista riscatterà se stesso e tutte le precedenti esistenze con un atto di sacrificio e umanità a cui si era sempre sottratto.
Max Mazzotta: con VITE DI GINIUS, un nuovo linguaggio, una nuova esperienza teatrale
Max Mazzotta si trova a suo agio nella molteplicità delle forme. Autore, regista e interprete di più personaggi. Una rappresentazione (solo apparentemente) statica all’interno dell’unica componente scenica: una console che richiama le postazioni dei dj e che cela numerose sorprese.
Indiscutibile la ricchezza di idee e la bravura con cui Mazzotta le utilizza: una sorta di gigante cilindro da illusionista, suggestivo e allusivo. La messinscena è animata dall’ausilio di proiezioni video e dai piccoli gesti delle mani dell’attore. Una sincronia che evidenzia le capacità interpretative dell’attore, simboliche e autentiche.
Il vero fulcro della pièce è la padronanza vocale di Mazzotta. Camaleontico e poliedrico, passa da un personaggio all’altro con estrema fluidità cambiando l’assetto della voce, senza sbavature, impigli o insicurezze. Un lavoro notevole che richiede una grande concentrazione e certamente un addestramento tenace. Confessando un iniziale pregiudizio all’idea di uno spettacolo a mezzo busto dell’unico attore in scena, certamente lo spettatore si ricrederà ritrovandosi di fronte la minuta danza tra voce, mani ed espressività. Virtuosismi anche canori, nelle profondità della techno e dei suoni sintetici che vanno a decorare tutto il percorso narrativo. Voce potente, amplificata dall’uso sapiente di due microfoni nei quali far parlare (e alternare) i personaggi. Dialetto e de vulgari eloquentia: uno per la carnalità della vita, l’altro per la comunicazione nell’oltretomba, nei passaggi delle vite di Ginius.
Inventa perfino un nuovo linguaggio, per ipotesi evolutiva della lingua. Un nuovo italiano surreale, ma possibile, con commistioni di latino. Piccola accortezza che rende quel futuribile un po’ meno assurdo e molto credibile.
VITE DI GINIUS: Max Mazzotta e la grammatica delle immagini e dell’audiovisivo
Certamente uno spettacolo ricco, dal quale si dovrebbe snellire quanto meno la parte introduttiva del viaggio. Prolegomeni assuntivi rischiano di appesantire l’opera che, in questo caso, non ha assolutamente bisogno di altro. Reggerebbe comunque benissimo nelle parti più interpretative e narrative della storia. È il connubio tra Max Mazzotta, il suo talento e le idee sceniche a fare il grosso del lavoro, certamente grazie anche alla drammaturgia articolata e curiosa. Vite di Ginius ha in sé tutte le caratteriste esperienziali di Mazzotta, riconducili al suo fiorente percorso professionale e accademico. Un teatro off all’italiana degno di questo nome. Niente azioni fatte a caso, buchi da riempire con idee fuori luogo. Tutto è misurato e calibrato, armonizzato in modo preciso. Evocativo nei temi di religione, dolore e morte. Anche l’attingere dal dantesco è motivo di rielaborazione personale e sfoggio di inventiva, non un banale e inappropriato ctrl+c di capolavori senza tempo. Spettacolo che sentiamo di consigliare per chi è interessato al teatro moderno e consapevole, lontano dalle tradizioni in odor di naftalina che, non di rado, calcano ancora i palcoscenici del circuito off.
VITE DI GINIUS
Info
scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta
assistente alla regia Angela Candreva
responsabile tecnico e struttura scenica Gennaro Dolce
costumi Giada Falcone/Moema Academy
consolle luci/video Serafino Sprovieri
consolle audio Vladimir Costabile
produttore esecutivo/distribuzione Gianluigi Fabiano
organizzazione Iris Balzano
produzione Libero Teatro
ufficio stampa Renata Savo