VIENI SU MARTE @ Mutaverso Teatro: andare su Marte per tornare a essere umani

Nella sala di Via R. Cantarella, 22 a Salerno, ad accogliere il pubblico un fondale di tulle su cui è proiettato il fermo immagine di un video: in primo piano una ragazza dal sorriso promettente. Il video è una delle 202.568 candidature arrivate per il progetto “Mars One” lanciato nel 2012 per dare vita a una colonia su Marte.
La IV stagione di MUTAVERSO TEATRO, la rassegna salernitana dedicata al teatro contemporaneo, ideata e curata da VINCENZO ALBANO/ ERRE TEATRO, prosegue con una prima regionale: VIENI SU MARTE, della compagnia Vico Quarto Mazzini.

Al di là del fondale Michele Altamura e Gabriele Paolocà. Una scena quasi vuota se non per due sedie, una delle quali allungabile per permettere una seduta comoda all'essere evidentemente non terrestre che la occupa: viso truccato di bianco, vestiti chiari e sgualciti, emette con la sua voce più che parole una cantilena malinconica e chiusa, che s'alza e che s'abbassa per poi spegnersi. Il personaggio racconta della sua infanzia, dei giorni tutti uguali in cui disegnava stelle con i suoi compagni. Ad ascoltarlo un improbabile psicoterapeuta, capelli in disordine e taccuino alla mano, che deride il suo paziente quando afferma di non sapere chi sia la sua mamma, attribuendo a questa risposta un significato tutto freudiano. L'essere marziano -ora ne intuiamo la provenienza- ignorava che fosse un problema non conoscere la madre fino a che non gli è stato fatto notare dall'essere umano.

Appare evidente da subito il tentativo di occidentalizzare Marte e i marziani, una pratica reiterata per millenni nella storia del pianeta Terra. Andare, conquistare, colonizzare. La colonia diventa meta di chi vuole ricominciare da zero credendo di lasciare sulla terra le proprie miserie, meta mitizzata da chi non può raggiungerla, meta di emigranti in cerca di lavoro. Paziente e psicoterapeuta fanno da cornice alla rappresentazione dei diversi soggetti che si preparano a partire. Come tableau vivant i due attori si presentano in scena tempestivamente in vesti diverse e quasi irriconducibili agli stessi performer: la caratterizzazione dei quadretti, che si alternano alle proiezioni dei video delle candidature a “Mars One”, presenta 360 gradi di desiderio di altrove. Il testo, scritto da Gabriele Paolocà, ospitato in Campania grazie alla sinergia tra Mutaverso Teatro e  Napoli Est Teatro, si cuce sui due attori che, con disinvoltura e convinzione, attraversano diverse situazioni, riuscendo senza particolari oggetti di scena a rendere le diverse ambientazioni a tratti oniriche ma pur sempre realistiche. Due boscaioli, annoiati della vita in montagna, che guardano da lontano il razzo partire. Una famiglia sta per essere definitivamente separata: madre e figlio rimarranno sulla terra mentre il marito, professore precario, andrà a lavorare sul pianeta rosso e non tornerà più. Una vedova porta la bara del marito sulle spalle: lo seppellirà su Marte per esaudire il suo ultimo desiderio, ma mentre si accinge a partire, un barbone improvvisa con lei uno scambio di battute ispirandosi a Bernhard e a Minetti. La sua performance attoriale convince la vecchia che gli cede il suo biglietto e l'attore può partire verso il suo proposito di realizzarsi su Marte.

 

È necessario partire, partire per andare, anche se non si può più tornare. Partire come rinascere, dopo aver toccato con mano i propri limiti e aver visto avvicinarsi la fine. Partire verso un luogo che ha il sapore e la consistenza di un sogno, di tante aspettative, di speranza. Partire per ricominciare: ogni quadretto risuona di un dialetto diverso, dal pugliese al veneto si definisce una diagonale linguistica che attraversa l'Italia: dialetto come lingua veicolare della migrazione. I migranti, frustrati nella loro delusione, aspirano a raggiungere un altrove, reale quanto impervio, ma l'unica scelta possibile è intraprendere un percorso a senso unico: un tempo si viaggiava verso l'America, ora verso un altro pianeta. “Vieni su Marte” inscena la partenza come necessità per trovare la propria parte nel mondo tra il desiderio di scoperta e il bisogno di rivalsa. “Emigrare su Marte, per riempire un vuoto di senso grande come l’universo”, spiega la compagnia nata a Bari che era già stata ospite di Mutaverso durante la prima edizione.

 

Due passeggeri del razzo già in tuta spaziale si stanno scambiando dei messaggi che vengono proiettati sul telo: tra la paura dell’ignoto e il brivido della scoperta, intraprendono il viaggio verso il nuovo mondo. Al momento di partire danno le spalle al pubblico per inerpicarsi sui gradini della scala che si illuminano a ogni passo, come per fare eco a un conto alla rovescia prima della partenza del razzo. Solo nell’ultima scena i due attori sono davanti al fondale di tulle: il marziano e lo psicoterapeuta sono giunti al termine della terapia e il marziano avverte un’emozione per la prima volta. La sua commozione risuona nella sala come la domanda che ci poniamo: noi siamo ancora in grado di emozionarci leggendo una fiaba? Andare su Marte e scoprire di essere umani.

Info:
MUTAVERSO TEATRO nel mese di febbraio

Ore 21, Auditorium Centro Sociale – via Cantarella 22, Salerno 

8 febbraio 2019 – prima regionale

VICO QUARTO MAZZINI

“Vieni su Marte”

diretto e interpretato da Michele Altamura e Gabriele Paolocà 

drammaturgia Gabriele Paolocà
pr. 
 Francesco Tassara

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