Il collettivo Matrice Teatro nato a Bologna e composto da studenti della scuola di teatro Alessandra Galante Garrone dal passato fa rivivere al teatro Dehon chi non ha avuto degna sepoltura: lo sfortunato poeta John Keats.
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Teatro Dehon: Matrice Teatro porta in scena UNA COSA BELLA
L’aria che si respirava al Teatro Dehon era gioviale e collettiva, data la grande presenza di allievi e diplomati della Galante Garrone, venuti a dare supporto ai giovani talenti del collettivo Matrice Teatro, nonostante l’opera fosse fuori cartellone, la platea del Dehon aveva pochissimi posti vuoti. Lo spettacolo è dolce, delicato e preciso, quasi come avessero fatto degli origami con le lettere del poeta che stanno in piedi come delle statue. Di grandissimo effetto sono infatti le immagini che si vedono sul palco, che ci fanno sgranare gli occhi e si impiantano nella nostra memoria emotiva.
Claudia Perossini e Davide de Togni dirigono questo atto unico, scritto da una talentuosa Benedetta Carrara, con una grande intesa, portandoli in un oceano di simbolismo che erige zone di luce nella mente del pubblico, come un faro sulla testa. Un’altalena che dondola dolcemente, un quadro che rivela le nostre paure, una marionetta scattosa controllata dall’inconscio e l’elmo di un poeta che lo eleva a cavaliere errante ma che allo stesso tempo gli dona la goffaggine di uno scrittore che non è amato, che non riceve alcun riconoscimento e sarà proprio questo che lo farà cadere nell’oblio e nella sua inevitabile morte, avvenuta a Roma proprio il 23 febbraio.
Una cosa bella: Keats come squalificato
Lo spettacolo non cerca di ripercorrere tutta la, seppur breve ma intensa, vita di Keats, ma si occupa solo, a livello temporale, dei suoi ultimi giorni di vita che ha passato nella capitale italiana. Come ha affermato, durante questi giorni lui sentiva di vivere già un’esistenza postuma, agitato da demoni diventati più grandi di lui. Nulla di più tragico, per un poeta del non essere riconosciuto, anzi odiato. Keats infatti viveva costantemente con gli aculei dei critici sanguinosi che gli graffiavano la mente.
Purtroppo non fu solo la critica ad aggravare le sue condizioni psicologiche, ma anche una contante sfortuna nella vita privata: ad iniziare dalla morte improvvisa di entrambi i genitori quando era giovanissimo e anche dal rapporto a metà con Fanny, la donna amata.
Sebbene abbia condotto una vita ai margini, ora è uno dei poeti chiave del romanticismo inglese, una piccola rivincita per chi in vita è sempre stato lo squalificato
Collettivo Matrice Teatro al Dehon
Matteo Dagnino, ci regala un’interpretazione di Keats affranta, stanca e frustrata, che emoziona nei suoi attimi di ingenua felicità e strazia in quelli di perduta speranza; la sua voce rimbomba e pare collidere con l’aria del Teatro Dehon. Differente il personaggio di Joseph, interpretato da Alberto Camanni che lo dipinge, come un buon amico, un compagnone che tenta di passare la sua positività al suo amico John, ma mai ci riuscirà.
Joseph non solo cerca sempre di portare fuori dal malessere Keats con parole incoraggianti, ma è effettivamente il suo unico contatto con il mondo esterno. Nell’interpretazione di Camanni vediamo una forte energia che tiene il pubblico sempre attivo e che va in collisione con l’alta forza negativa di John. Molto apprezzate sono le scelte musicali suonate da Alberto Baraldi che con una chitarra e molteplici effetti sonori aiuta a farci sognare spalleggiandosi con i ritmi degli attori.
Una cosa bella: l’amore
Giorgia Fasce, interpreta Fanny Brawne, il suo amore lasciato a metà, prolungato dai fili della distanza che poi sono stati tagliati dalla tubercolosi. La relazione tra i due nasce per caso e non fu un colpo di fulmine, nemmeno lui si accorse perché stesse ardendo come un tizzone ardente. Fu una relazione passionale e piena d’amore, ma come il destino dei poeti, infelice ed incompiuta, il poeta infatti, non tornò mai da Roma per sposare Fanny.
Giorgia interpreta questa donna già come una lontana ed eterea reminiscienza che piano piano sta per cancellarsi dalla memoria dell’autore che Keats vorrebbe ancora nel suo presente, ma col suo abito bianco e dondolante sull’altalena Fanny è già diventata un ricordo. I ricordi sono come lettere, come cartoline, fotografie, più li pensi, più li leggi, li guardi, li tocchi, più si rovinano e svaniscono anche se una cosa bella è una gioia per sempre.
Gli ultimi giorni di John Keats: immortale come un poeta
Che segno stiamo lasciano nel mondo? È dato tutto al caso? Dopo la morte verremmo ricordati?
Queste sono le domande che si poneva il poeta durante la sua vita, soprattutto durante i suoi ultimi giorni passati in Italia, a cui mai avrà risposta.
Tutto ciò che ha avuto Keats è una vita di stenti e la vittoria c’è stata solo nel post mortem. Keats è un fantasma tormentato che vive ancora dentro di noi, quando ci sentiamo mortali e dimenticabili, ma ognuno di noi vive due vite e quando finisce quella fisica c’è quella che viviamo nei ricordi di chi è ancora in vita; c’è tuttavia una terza vita, quella che ci rende immortali, come i poeti.
“E ovunque si estende, sulle terre domate, la potenza romana, le labbra del popolo mi leggeranno, e per tutti i secoli, grazie alla fama, se qualcosa di vero c’è nelle predizioni dei poeti, vivrò”
– Ovidio, libro XV, 877-879.
Collettivo teatrale Matrice Teatro
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UNA COSA BELLA
Ispirato agli ultimi giorni del poeta John Keats
Drammaturgia di: Benedetta Carrara
Regia: Davide De Togni
Co-Regia: Claudia Perossini
Scenografia: Marco Pomari/Davide De Togni/Claudia Perossini
Disegno luci di: Davide De Togni/Claudia Perossini
QUANDO:
mercoledì 23 febbraio 2022
ore 21.00