UN NEMICO DEL POPOLO @ Teatro Argentina: una cloaca malsana di detriti umani

Il Teatro Argentina è uno di quei palchi sempre accesi di luce anche quando tutto è spento. Ogni singolo riflettore a riposo. E’ uno spettacolo persino quando la tela non si è ancora levata. E’ un piacere sincero sedersi nelle sue rosse poltrone: dalla platea sino al loggione. Ecco perché Pirandello desiderava dirigerlo, ed ecco perché si mettono in scena nelle sue tavole solo lavori di livello. In questi giorni difatti ospita il grande drammaturgo norvegese Ibsen e il suo memorabile “UN NEMICO DEL POPOLO” con Massimo Popolizio che lo interpreta e dirige, e Maria Paiato fino al 28 aprile!.

La storia sembra ambientata in Italia, ma forse tutto il mondo è paese. Frugando nella vita di Henrik scopriamo “spiacevolmente” che la commedia viene partorita durante la sua permanenza a Roma. Ma forse è solo una coincidenza; chissà però se Ibsen passando per Largo Argentina l’aveva immaginato che un giorno il suo lavoro avrebbe preso vita proprio in quel magnifico Teatro, e chissà se l’aveva immaginato che la storia sarebbe divenuta così attuale tanto da sembrare inedita? La pièce è lo specchio lucido quanto sudicio della nostra classe politica, ma quello che notiamo e che l’autore grida: è che sudicia è la collettività (detta spesso società). Qui maggioranza. Altri parlano di branco. La classe politica come affermava Pino Caruso: è solo il risultato, lo specchio, la rappresentanza di quello che siamo. I politici non sono meglio di noi. Non sono peggio di noi. Sono come noi. Difatti li votiamo.

Chi vi scrive spesso ha usato in altre recensioni il termine “cloaca”; qui il termine torna e assume un significato fortemente simbolico, potente, perché è proprio la “condotta” ad essere inquinata oltre la fiumana umana; esistenze zuppe delle loro stesse miserie. Il sindaco Stockmann vuole investire sulle terme di famiglia per il proprio tornaconto. Promette benessere a tutti, ma il fratello medico scopre che le acque sono inquinate, nocive per la salute e non ci sta. E’ un assolo contro un coro robusto di voci. C’è corruzione e c’è coraggio. C’è contemporaneità quando si usa “La voce del popolo” dunque il giornale; padre di tutti i mass media e dunque da pronunciare con la “E” perché non è inglese-americano ma latino.

Chiudere le terme e bonificarle? Spendere, investire: quindi guadagnare meno. Ci viene in mente quel Poggiolini, ormai dimenticato che da direttore del nostro servizio farmaceutico vendeva farmaci innocui come l’acqua anche nei riguardi delle malattie. Ci siamo talmente abituati ai furti che ormai abbiamo imparato a classificarli in gravi e meno gravi. Se così è, quelli a danno della salute sono gravi, anzi gravissimi. E questo ci ricorda Ibsen con questa pièce meno psicologica e articolata di altre, ma spontanea, diretta, onesta. Vera.

E di verità c’era dunque bisogno anche nell’interpretazione. Di modernità, dato che il testo tradotto da Squarzina torna al presente. Invece Popolizio, attore di grande talento, non rinuncia a recitare con i suoi soliti e inconfondibili toni e lo coniuga al passato remoto. Crede opportuno dare carattere all’interpretazione perché vede i personaggi tali: caratteri appunto. Quindi non ci sembra di vivere una storia vera ma il clima sembra piuttosto quello del Teatro dell’assurdo di un Eugène Ionesco e quello della Commedia francese di un Georges Feydeau. Ognuno degli attori ad ogni battuta dà intonazioni forti. Teatrali. La stessa Paiato, di solito misurata e credibile, assorbe da grande attrice qual è, lo stile voluto e lo mette in scena pedissequamente come richiestole dal regista. Tutti si muovono a sincrono sull’univoca partitura. Pagina di grande Teatro indubbiamente, ma qui non ci pare la scelta e lo stile appropriato. Fuori tempo. E’ come indossare il cashmere ad agosto…

Scenografia articolata. Importante. Luci giuste. Spettacolo suggestivo da vedere.

Info:
UN NEMICO DEL POPOLO
di Henrik Ibsen
traduzione Luigi Squarzina
regia Massimo Popolizio
con Massimo Popolizio e Maria Paiato
e con Tommaso Cardarelli, Francesca Ciocchetti, Martin Chishimba
Maria Laila Fernandez, Paolo Musio, Michele Nani, Francesco Bolo Rossini
e Dario Battaglia, Cosimo Frascella, Alessandro Minati, Duilio Paciello
Gabriele Zecchiaroli

scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi
suono Maurizio Capitini
video Lorenzo Bruno e Igor Renzetti
asistente alla regia Giacomo Bisordi
foto 1 di Giuseppe Distefano

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