Prosegue, dal tre ottobre, la prima parte della Stagione Argot dedicata alle Produzioni del teatro in scena fino al 27 gennaio 2019. Il secondo dei sei appuntamenti proposti è “Un mondo perfetto” scritto e diretto da Sergio Pierattini rimasto in scena fino al 31 ottobre.
Una scena essenziale, costruita con equilibrio e compostezza, accoglie il pubblico all’ingresso in sala. Il luogo dell’azione, contenuto da un binario ferroviario che corre a formare un rettangolo, ospita al suo interno due sedie, distanti, e una piccola stazione con alcune figurette in miniatura. Raramente i personaggi lo oltrepassano. I cambi scena sono scanditi dalla musica lieve e non invadente della Schafer e dal percorso del treno che corre tra i binari inseguendo sempre se stesso. Un modellino perfetto, come tanti altri già collezionati, cui il protagonista maschile – diventato capostazione – si è appassionato in età giovanile. Fuori dal rettangolo, una panchina di legno e ferro, sulla quale è sospeso un orologio.
Quando il dialogo tra i protagonisti inizia, siamo già all’interno di un vissuto complesso e sofferto che ha portato una coppia, non più giovane, a cercare disperatamente di adottare un figlio. Dopo vari tentativi falliti, la soluzione sembra arrivare, in maniera non del tutto regolare e legale, da una pseudo associazione, capitanata da un tale “Ingegnere”, che assicura la consegna del tanto agognato oggetto dei desideri direttamente in aeroporto. Come fosse un pacco postale. Più difficile, però, da rispedire al mittente.
In una dimensione a tratti onirica, in cui il rimando ai sogni “premonitori” tratteggia l’ansia di un’attesa che fino a quel momento è parsa senza fine, lo spettatore è subito introdotto nella spirale di inaspettate dicotomie che esploderanno dopo l’arrivo del Figlio.
Prima della fatidica telefonata dell’Ingegnere, mille sono i dubbi sulla reale possibilità che finalmente il desiderio si avveri: le paure si intrecciano ai ricordi e, così, a poco a poco scopriamo che lui, il Padre, sta recuperando le sue vecchie passioni per tramandare al Figlio l’hobby del modellismo; veniamo a conoscenza dei fallimenti pregressi e di una bambina, la Bambina da sempre desiderata, la Bambina che già sentivano loro figlia e alla quale avevano dovuto rinunciare: <<L’amore si vede e si riconosce da solo, quando lo vedi.>>
E ancora, entriamo in un mondo popolato da pochi personaggi di contorno, appena accennati, quasi come se la vita a due fosse già conchiusa e completa.
Due ellissi temporali. Una ci trasporta dalla corsa in aeroporto alla vita a tre, già sperimentata da mesi. Un figlio più grande di quello che i nostri protagonisti avevano sperato, un figlio che la madre rifiuta: vorrebbe non averlo mai desiderato. "Non lo amo, non lo voglio. Non voglio essere sua madre. Non provo niente di niente per lui." L’altra ci catapulta, a due anni di distanza, in un’altra tragedia: la scomparsa di Manuel, il Figlio, dopo un diverbio col Padre. Diverbio che verrà alla luce piano piano, quasi in sordina, nel finale.
Regia limpida, chiara ed equilibrata, in grado di arrivare subito al cuore delle situazioni; grandi le qualità di Manuela Mandracchia, capace di conferire spontaneità a ogni gesto e a ogni battuta, quella naturalezza che solo attrici di grande esperienza e manifesto livello sanno trasmettere ai loro personaggi. Paolo Giovannucci (forse inizialmente schiacciato da tanta personalità) si rivela, invece, nel dipanarsi dell’azione, un partner convincente e all’altezza.
La penna sapiente di Sergio Pierattini ci riporta, inevitabilmente, alle atmosfere di disperazione e fallimento di certo teatro di Albee: dopo la “morte” del figlio mai nato, i coniugi sembrano ritrovare una parte di sé e una nuova motivazione alla loro unione.
Lascia perplessi, come in ogni pièce contemporanea e non certo per vizio di autore e attori, l’assurda consuetudine di non poter eccedere i limiti dei sessanta-settantacinque minuti di durata. Peccato. Saremmo entrati volentieri più a fondo, a scavare nel pregresso e nell’evoluzione dei nostri protagonisti, pur nell’atmosfera sospesa di un tempo rarefatto e di un luogo claustrofobico che esce dai suoi confini solo nel finale. Perché è raro, al giorno d’oggi, osservare drammaturghi e attori capaci. Peccato che la domanda del pubblico, all’atto di una prenotazione, sia sempre la stessa: quanto dura lo spettacolo?
Info:
Un mondo perfetto
di Sergio Pierattini
con Manuela Mandracchia, Paolo Giovannucci ed Emanuele Carucci Viterbi
Regia Sergio Pierattini
Scene e costumi Tommaso Bordone
Assistente alla regia Eugenia Pulci
Tecnico luci Giorgio Carugno
Ph: Manuela Giusto