“UN DIGIUNATORE” DI NEKROÅ IUS: APPLAUSI SOSPETTI @ Teatro Bellini

Teatro pieno/vuoto per metà, soprattutto teatranti o appassionatissimi nel pubblico, curiosi di assistere all'ultima creazione di Nekrošius, regista fra i più acclamati nel teatro di ricerca a livello mondiale. Napoli, Teatro Bellini, 19-21 aprile 2017.

 

Lo spettacolo prende le mosse dal testo di Franz Kafka, Un digiunatore, del quale non si può dire che sia la vera e propria messa in scena. Prende le mosse, appunto, per creare però qualcosa di totalmente originale, che per molti versi confligge con le direttive del testo stesso. A cominciare dal sesso del protagonista, maschile nel testo e femminile nello spettacolo; ad arrivare allo spazio aperto che la scena dispone per i suoi movimenti, mentre nel testo egli è costretto tra le sbarre di una gabbia.

Al centro della storia è questo digiunatore o, come dicono forse meglio altre e più letterali traduzioni, un "artista del digiuno" ("a hunger artist"). Una figura enigmatica e simbolica, che Kafka e Nekrošius aprono alle interpretazioni, senza dare ricette su quale sia quella giusta. Se questo digiunatore sia un artista fallito, o un provocatore, o un narcisista che rinuncia al cibo pur di dare spettacolo e porsi al centro dell'attenzione, o altro ancora, resta una questione aperta, e quando alla fine dello spettacolo viene posta la domanda sul perchè egli si sottoponga a una simile tortura, la risposta è semplicemente che non trovava nessun cibo di suo gradimento. Risposta ironica, da parte dell'autore, perchè nessuno l'accetterà di buon grado: il valore simbolico di questa figura resta lì, anche se irrisolto.

Lo spettacolo fa della metateatralità la sua cifra. Accanto alla interprete protagonistaViktorija Kuodyté – tre altri attori formano un trio clownescoVygandas Vadeiša, Vaidas Vilius, Genadij Virkovskij – . I clown, senza naso rosso e vestiti con giacca e cappello anni '30, si impegnano ora nella narrazione verbale, ora in azioni fisiche, che non paiono legate nè alle necessità del testo, nè a nessun altro filo conduttore che non sia la pura e semplice concretizzazione scenica di visioni, sogni, del regista stimolato dal testo. Le azioni divergono o confliggono con la narrazione: non rappresentano la vicenda, se non per vaghe allusioni. Prevale piuttosto la visionarietà surreale dello scrittore scenico, in tutta la sua libertà, che attribuisce allo spettacolo una autonomia artistica quasi completa rispetto alla sfera della letterarietà, ma nello stesso tempo lo priva di quella coerenza drammaturgica che è una delle strategie più diffuse e classicamente testate – tanto in letteratura tanto in teatro, e certamente all'interno del testo di Kafka – per accattivarsi l'attenzione del pubblico. Sarà per questo che durante la replica del 20 marzo, per una buona mezz'ora, dal centro della platea del Bellini, si libera, tra l'imbarazzo dei vicini spettatori, un sonoro russare. E dire che questo stesso russatore è tra i più convinti applauditori, a fine spettacolo. A parte questo caso estremo, comunque, non si può dire che la noia sia un sentimento che lo spettacolo si impegna fanaticamente a mettere fuori gioco. Le immagini sceniche non paiono nè così esilaranti nè così suggestive da porre il pubblico al riparo da sbadigli e distrazioni.

La messa in scena fa leva sulle musiche suggestive di Arvydas Dukšta e sulle atmosfere delicate e surreali che esse riescono a creare in sinergia con le azioni dei quattro bravi attori e lo sfondo scenografico curato da Marius Nekrošius, che richiama l'interno di una casa, in ironico contrasto con le due lavagne poste ai margini della scena sulle quali viene dichiarato all'inizio il "Menù" ("Digiuno, per 40 giorni"), e con i tanti, variopinti oggetti di scena che gli attori introducono nei diversi momenti per delineare metaforicamente il folle ambiente del circo, o un taxi, o una città, o l'interno del corpo umano.

Il talento del regista, il suo stile metonimico e metaforico, sono senz'altro restituiti in un allestimento originalissimo, ma, vale la pena ripeterlo, questa originalità che si stacca quasi del tutto dai classici schemi letterari e drammaturgici, fa leva su espedienti registici non tutti riusciti, la maggior parte privi di un forte effetto emotivo. In definitiva, è lecito sospettare che il discreto applauso del pubblico a fine spettacolo sia, almeno in parte, retaggio delle altissime aspettative nutrite nei confronti del nome di Nekrošius, quasi un mito teatrale contemporaneo, quasi un marchio a garanzia del prodotto. Come sarebbe accolto uno spettacolo del genere se non fosse protetto da un tale marchio e dalle aspettative che esso è capace di generare nel pubblico, per quanto esperto esso sia? La standing ovation di uno spettatore che ha russato per metà spettacolo lascia aperta la questione.    

 

 

Un digiunatore

di Franz Kafka

con Viktorija Kuodyté, Vygandas Vadeiša, Vaidas Vilius, Genadij Virkovskij

regia Eimuntas Nekrošius

produzione Meno Fortas Theatre
con il sostegno diConsiglio di Cultura Lituano
organizzazione Aldo Miguel Grompone, Roma

Spettacolo in lingua lituana con sopratitoli in Italiano

 

In esclusiva al Teatro Bellini, l'ultima creazione di Eimuntas Nekrošius, il regista lituano di fama internazionale la cui grandezza mette d'accordo pubblico e critica. Il suo originalissimo lavoro, spazia dall'allestimento di piéce classiche, da Shakespeare a Chekhov, alle messinscene di opere letterarie, come il Cantico dei Cantici  o La Divina Commedia di Dante. A Hunger Artist è il suo lavoro più recente, tratto dall'ultimo scritto di Kafka, pubblicato in Italia con il titolo Un Digiunatore o Un Artista del Digiuno;
Nekrošius ne realizza una rilettura teatrale che riesce a sorprendere perfino lo spettatore che conosce perfettamente il testo kafkiano. Assistendo allo spettacolo, infatti, ci si troverà più di una volta ad accennare un sorriso incerto senza gioia, un sorriso amaro, di quelli che spesso scaturiscono dalla lettura di Kafka. E certamente si proverà un certo straniamento nello scoprire che in scena, l'artista del digiuno è una donna, a dispetto del personaggio maschile creato dallo scrittore boemo. E ci si meraviglierà nel rendersi conto che la protagonista di Nekrošius si muove liberamente, mentre nel libro l'artista del digiuno è imprigionato in una gabbia. I critici che hanno scritto sulla novella kafkiana, ne hanno ipotizzato vari significati nascosti: è la tragedia di un artista rifiutato dal pubblico? O forse è la tragedia di un essere umano che cerca di sopraffare Dio? Chiunque abbia ragione, l'interpretazione teatrale della splendida Viktorija Kuodyté e del trio di attori che la affiancano – Vaidas Vilius, Vygandas Vadeiša e Genadij Virkovskij – è così potente e avvincente che tutto passa in secondo piano e lo spettatore è letteralmente rapito, al punto tale da non avere il tempo (nè la voglia) di scavare alla ricerca di sfumature filosofiche.
All'improvviso, ci si ritrova immersi nella messinscena, mentre l'artista del digiuno canta una canzone della nostra infanzia oppure mentre tenta di capire un breve trattato medico sulla digestione; e tutto appare sorprendentemente organico e coerente. Proprio quel minimalismo ascetico, in totale armonia con Kafka. E, soprattutto, i quattro interpreti riusciranno a provocare i brividi a quella che qualcuno definisce “anima”.

 

durata 90 min.

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