TVATT @Teatro Di Documenti: un’esperienza unica di metateatro

TVATT – Teorie Violente Aprioristiche Temporali e Territoriali è uno spettacolo di e con Luigi Morra (che ne è anche regista), Eduardo Ricciardelli e Pasquale Passaretti e con le musiche dei Camera, una coproduzione Etérnit e TeatrAltro.

La violenza è uno degli elementi maggiormente presenti nella nostra società, a tutti i livelli e con diverse declinazioni. È spiacevole rendersene conto e inquietante esservi messi di fronte in un contesto non familiare, diverso dalle confortanti pareti domestiche o dall’abitacolo della nostra macchina (dove probabilmente spesso diamo il peggio di noi), ancor di più quando a farlo sono sconosciuti bulli di quartiere. Guitti all’erta e impettiti come piccioni, che si voltano dattorno nella speranza di incrociare uno sguardo da poter interpretare come storto, per dare il via al tafferuglio di giornata.

È questo uno degli elementi caratterizzanti parte dell’opera di Steven Berkoff, cui è liberamente ispirato TVATT: la sopraffazione come unico linguaggio, nella periferia, bassofondo o strada che sia, purché esistano rivali da aspettare all’angolo, laddove lo scontro fra fazioni ha l’importanza capitale di una battaglia, ma perde qualsiasi elemento alto, di eroismo, sacrificio, tensione verso la gloria che contraddistingueva l’epica antica, da Omero in poi, così come quella orientale.

Elementi romantici che nella dimensione urbana e attuale sono totalmente obliterati da un’arroganza continua, espressa in ogni atteggiamento e da un senso dell’onore demenziale cui basta uno sguardo storto, reale o percepito, per riconoscervi un’offesa. Pose da bulletti di periferia che fanno sorridere, fin quando non si pensa che viviamo in un paese dove tali atteggiamenti sono fra gli elementi dominanti il codice di condotta malato delle mafie vecchie e nuove.

TVATT è un acronimo di Teorie Violente Aprioristiche Temporali e Territoriali, solo apparentemente una supercazzola che acquista invece significato alla luce della lettura dialettale e quasi onomatopeica della stessa espressione T’ vatt’: “ti batto”, “ti picchio”.

Lo spettacolo ideato da  Luigi Morra rappresenta proprio una codificazione, per mano di tre improbabili esperti, di tutto un repertorio di atteggiamenti, situazioni, frasi e colpi da utilizzare nelle risse di strada, alle quali bisogna arrivare preparati, mediante un allenamento confuso perché confuso è lo scopo finale.

Una sorta di Bushido all’italiana (nell’accezione peggiore), dunque banalizzato, svuotato degli elementi di morale e condotta onorevole, in favore di grottesche istruzioni per risse senza motivazioni, fini a sé stesse, zuffe fra galli dominati dal presente e dall’impulso. L’eccessiva importanza data a gesti che ne sono totalmente privi è quello che rende coinvolgente e spesso genuinamente spassoso l’approccio di Morra, Pasquale Passaretti e Eduardo Ricciardelli, con un’imprevedibilità che permea tutta la performance.

Sin da prima dell’inizio dello spettacolo, e anche grazie alla struttura del Teatro Di Documenti, priva di barriere fra attori e pubblico, il comfort dello spettatore è sfidato dallo sguardo di un Morra seminudo che si aggira sciavattando sulla scena, quasi spazientito dall’attesa che il pubblico prenda posto. La sfida continua con il coinvolgimento di spettatori scelti a caso e portati sulla scena in un’assurda e irresistibile lezione su frasi e atteggiamenti per iniziare una rissa.

I cambi di ritmo sono incessanti, così come le occasionali incursioni improvvisative dei tre attori, completamente calati nei loro personaggi assurdi e senza il minimo cedimento, in uno spettacolo di cui si intravede la complessità, impegnativo anche sul piano fisico (particolarmente degna di nota in questo senso la performance di Ricciardelli).

Il testo sembra voler sfruttare tutti i linguaggi a propria disposizione, rompendo spesso la quarta parete, con gli attori che parlano dello spettacolo stesso nel momento in cui lo mettono in scena, ma anche utilizzando supporti video, con sequenze filmate in precedenza (a cura di Domenico Catano) e contemplando una colonna sonora scritta ad hoc, parte integrante dello spettacolo, per mano del gruppo strumentale Camera (ne fa parte lo stesso regista), di cui vi abbiamo parlato.

Sebbene articolato, il testo è immediato, lo spettatore è coinvolto in un crescendo incalzante, fino al finale in cui un significato si intravede, ma non può essere esplicitato, perché, come in Berkoff, chi vive di tale violenza non può permettersi di riflettere, di vederne le cause implicite, cause che comunque non sarebbe in grado di capire.

Un esperimento di teatro coraggioso ma decisamente riuscito, che porterà lo spettacolo ad essere in scena il 22 Aprile a Mondragone (CE) e successivamente in tournée all’estero.

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