Il Teatro Mascheranova accoglie discretamente gli spettatori che si insinuano in un ambiente intimo e attento, in cui non subito attirano l'attenzione tre sagome che giacciono accovacciate sul fondo di una scena vuota e buia. Queste si rivelano tre imponenti figure, vestite di bordeaux con abiti lunghi e l'abbottonatura laterale dall'aria vagamente militare, salgono alla ribalta dalla parete di fondo come risvegliate da un lungo sonno, complice una luce colorata che, alternando toni caldi e freddi, accompagnerà tutta la performance di TRE LE SORELLE PROZOROV.
L'incipit è dirompente: la recitazione entusiasta dell'atto primo della tragedia di Cechov viene ripetuta per tre volte consecutive, aggiungendo o togliendo di volta in volta un gesto, un'espressione, una risata, in quanto la drammatizzazione non corrisponde alla realtà scenica. Che ciò che viene rappresentato sia un gioco è chiaro allo spettatore quanto constatare che un ricordo non è mai lo stesso per le diverse persone che lo hanno vissuto. Olga, Mascia e Irina, rispettivamente Sara Missaglia, Chiara Vitiello e Roberta Astuti, mettono in scena il dissidio tra il ricordo della loro vita felice a Mosca, quando i genitori erano ancora vivi, e il desiderio di fuggire dal mediocre presente in campagna, tra ricevimenti e visite dei frequentatori di casa Prozorov.
Sui volti delle tre donne aleggia l'idea della delusione e dell'impotenza verso le loro vite, frutto acerbo di speranze disattese. La spasmodica corsa sul posto di Irina che continua a ripetersi «A Mosca! A Mosca!» ben rappresenta la situazione plumbea in cui vertono le vite delle tre donne: il cambiamento che anelano non si verificherà nonostante le energie profuse e resteranno legate ognuna alla propria frustrazione. Questa insoddisfazione si cristallizza del tutto quando il fratello Andrej, l'unico vettore della famiglia che è mosso da una forza contraria a quella delle sorelle, sceglie di sposare Natasha, una donna di campagna del tutto inadatta a lui, la quale però è l'unico personaggio che riesce a essere motore del suo cambiamento: quanto più l'ascesa sociale della donna le permette di esigere, tanto più è evidente l'acqua stagnante in cui affogano le tre sorelle.
La rappresentazione della coppia di Andrej e Natasha rivela le altissime doti delle tre attrici: queste vanno sul velluto anche quando interpretano altri ruoli, compresi quelli maschili. Scompaiono gli abiti femminili e i capelli sciolti, viene percepita la destrezza del Tenente colonnello Versinin, con cui Mascia stringe una relazione, si avverte il nichilismo del dottor Cebutikyn dalle mani tremanti, colpiscono le parole timide dell'impacciato barone Tuzenbach, pretendente di Irina. Questa interpretazione polifonica provoca nello spettatore un effetto di straniamento: coinvolto dal comune denominatore fraterno della frustrazione non si emoziona ma ne analizza l'origine proiettandone nel futuro la soluzione.
Le tracce musicali rock ed elettroniche post-punk accompagnano una performance globale e complessa, che non concede distrazioni alla platea, e per la quale non è mai messo in dubbio il ruolo che sta interpretando l'una o l'altra attrice. Il trio da solo colma ogni antro della scena, esibendo la propria attitudine ma anche mostrando la maestrìa del regista e drammaturgo Giovanni Meola: rimaneggiando il testo originale, il direttore della compagnia indipendente Virus Teatrali trova una collocazione sulla scena per ogni sentimento, lasciando emergere l'essenza dell'opera cechoviana anche nelle sue parole non dette. Il carillon finale delle tre sorelle che riprendono a giocare al tocco dimostra la resa verso la ciclicità della vita che cambia per restare sempre uguale a sé stessa.
Info:
Virus Teatrali
Tre. Le Sorelle Prozorov
Da Anton PavloviÄ Cechov | Regia di Giovanni Meola
con
Roberta Astuti
Sara Missaglia
Chiara Vitiello