THE NIGHT WRITER. GIORNALE NOTTURNO @Teatro Era: nelle vene mi scorre il colore dell’oro

Quello andato in scena al Teatro Era è un autoritratto. La parte concava della notte per Jan Fabre, che vigila, scrive e disegna, e raccoglie qui, come in un flusso, i suoi pensieri sull’arte e sul teatro, sul senso della vita, sulla famiglia, sul sesso, sull’amore: dai vent’anni di un presuntuoso giovane di provincia alla maturità di un grande artista acclamato in tutto il mondo. Gli dà una voce, gli dà mille voci Lino Musella in THE NIGHT WRITER: arco teso verso Fabre quanto Fabre verso di lui. Lo dimostra la marionetta / Fabre che in scena, ad un certo punto, lo guarda, mentre l’attore rivolto verso il pubblico completa la Trinità in atto, in un silenzio pieno di senso e completamente perturbante.

Davanti a noi, “sul palco scatola di luce fiamminga, dove la lampadina singola ‘brucia’ come la brace di Didi Hubermann (‘non vedi che brucio?’ sussurra la fiamma minuscola a chi curva la faccia su di lei), sul palco nave verso l’infinito, dove la scrivania è l’unica zattera a cui possiamo tenerci, sul palco specchio e schermo”, non c’è un attore: o non soltanto. Come in ogni evento per interprete solitario, i celebri solo di Jan Fabre,  abbiamo davanti  un ‘guerriero della bellezza’, ovvero un interprete, attore o performer, pronto a piegare la sua mente, la sua forza, il suo corpo oltre ogni limite. Un guerriero della bellezza, avvisa Fabre, può dirsi tale solo quando sarà mutato dentro e fuori, a livello fisico e mentale.  “Un attore che chiamo ’guerriero della bellezza’”, ha dichiarato in un’intervista, “è un qualcuno di eccezionale, perché difende la bellezza con tutte le sue forze. Penso che i guerrieri della bellezza debbano approcciarsi al loro lavoro in modo molto serio. I guerrieri della bellezza devono continuare a cercare la terra incognita, i luoghi dove perdono i loro punti di riferimento, e anche loro stessi, in modo da riscoprire le loro radici ed entrare in un nuovo livello di consapevolezza. Scoprire questi stati è sinonimo di ricerca della bellezza. C’è una parola fiamminga, redeloosheid, che si potrebbe tradurre letteralmente con ’irragionevolezza’, e che comprende il concetto di ragione e il suo opposto. Questa irragionevolezza viene da dentro: è il dominio dell’anarchia senza freni, della passione e dell’amore”.

Questa la metamorfosi (parola chiave per Fabre, artista del cambiamento eterno, delle verdi corazze degli scarafaggi pronti a morire e rinascere mutati) che Lino Musella gestisce con arte inarrivabile, impegnato nel triplo salto mortale di diventare altro da sé, ma un altro vivo, reale, tangibile, di farsi diario di carne, persona e maschera di una persona vivente e conosciuta che ha demandato a un’altra lingua (il testo di The Night Writer è il primo che Jan Fabre ha scritto direttamente in italiano) ed a un’altra voce il compito di dire qualche verità, non tutta, su chi egli stesso sia. “Vorrei potermi moltiplicare. Infilarmi così nei corpi degli attori. Portare i loro corpi come / un costume. E recitare di persona tutte le scene. Userei le loro viscere come materiale / di scena. Ma temo che sia impossibile. E temo che i miei attori vivranno a lungo felici e / contenti”. Lo scrive Fabre, lo recita il suo attore. Lo recita mettendo in atto la grande chiave dell’arte di Fabre, la ripetizione. Di solito è fisica, attuata dai performer, qui è verbale, la ripetizione musicale, autistica, stridente, ipnotica (‘io sono un errore perché volevo essere un errore’, reitera Musella/Fabre, per un esempio su mille), che cela in sé la diversità embrionale da cui sboccia la metamorfosi. Sulla diversità nasce l’arte e la bellezza. Aveva bisogno di un interprete, quindi aveva bisogno di me, dichiara Musella, rispondendo alle domande della dott. ssa Arianna Frattali, che lo coordina, e del pubblico, che interessato presenzia, nell’incontro che segue allo splendido spettacolo  (superbamente analizzato su Gufetto da Leonardo Favilli, al lavoro del quale rimandiamo). Musella dichiara che ha tentato di trasfondersi in Fabre senza dimenticare se stesso, utilizzando le quattro capacità dei guerrieri della bellezza (distacco, difficoltà, perspicacia, trasformazione)  giocando un gioco di avvicinamento e allontanamento dall’alter ego che è chiamato a incarnare. Lo abbiamo visto nello spettacolo, diventare altro in modo desultorio, accostando, con ironia e rapidità, pagine del Giornale Notturno, pagine invece dei celebri scritti di Fabre (Je suis sang, per esempio, o Drugs kept me alive) . Lo abbiamo visto entrare e uscire dall’estasi di essere altro, dal cinismo e dall’ironia di essere altro, imprevedibile, mordace, estatico, immobile, vampeggiante e subito buio come i fiammiferi accesi e spenti: e poiché ogni particolare nello spettacolo di Fabre ha senso e sottosenso, il tenue bagliore dei fiammiferi richiama irresistibilmente l’avviso di  Eugenio Montale: “il tenue bagliore strofinato/laggiù non era quello di un fiammifero”. Qui tutto è anche altro. Le quattro pietre, le Steine che fanno confine alla scena mondo, sono anche, visivamente, le tartarughe totem, con la candela accesa sul carapace o col piccolo cavaliere in groppa nella versione gigantesca di Searching for utopia. Il palco bianco di sale – deserto, luna, candore – ha il suo mistero: sempre durante l’incontro post spettacolo, Musella racconta che Fabre gli ha confidato di aver fatto una scoperta scientifica, ovvero che esistono tre tipi di lacrime, di irritazione, emotive e infine spirituali: le lacrime che la bellezza ci spinge a emettere: e in queste, il tasso di  sale è superiore. Siamo su un palco bagnato di lacrime evaporate. Siamo su un palco bagnato di bellezza. Siamo su un palco che emana un’aura blu, come la Bic con la quale il giovane artista creava universi, eco fluida dell’ora blu dell’avo entomologo Jean-Henri Fabre: l’istante sospeso in cui la notte svanisce nel giorno, gli animali notturni si ritirano e i diurni si risvegliano. Il momento della trasformazione, eterna bellezza. Il video che conclude lo spettacolo ci mostra tre uomini in barca che tentano di remare controcorrente, in bianco e nero, mentre lo stesso Fabre consegna alle acque della Schelda la frase, in olandese, “Ehi, questa pazzia è fantastica!” e un gufo, entrambi “fatti di vetro colorato d’inchiostro Bic blu”, poi sottratti dall’ineluttabile scorrere del fiume. Giunto l’uccello a essere indistinto dall’orizzonte, tutto si spegne e si chiude. Un gufo blu, animale totem, saggezza, chiaroveggenza e morte, cavalca un fiume grigio, che non ritornerà identico a se stesso. Solo la bellezza rinascerà, sempre.  Una  bellezza fuori dall’ideologia e dall’estetica, non quella  “che può essere fabbricata”, ma quella sciolta da ogni schema precostituito. È la ricerca di spazî e di possibilità tra gli opposti: la vita e la morte, il passato e il presente, la realtà e la finzione, il corpo e lo spirito. È la stessa compresenza di questi opposti. È il modo in cui le sue opere riescono ad animare sentimenti opposti in chi le ammira. È un anelito di libertà. È il colore dell’oro nel sangue.

Vorrei che il pubblico uscisse come sotto l’effetto di una droga”, commenta artaudianamente Fabre/Musella. Se così può chiamarsi il fascio multidirezionale di sensi e simboli, di ieri e oggi, di luce e buio e metamorfosi in atto a cui siamo stati sottoposti da uno spettacolo di corpo e viscere e lacrime e sangue, allora questo, effettivamente, avviene.

Info:
THE NIGHT WRITER
una lettura teatrale di Jan Fabre
con Lino Musella
musica Stef Kamil Carlens
drammaturgia Miet Martens, Sigrid Bousset
traduzione Franco Paris
direzione tecnica Geert Van der Auwera/Javier Delle Monache
direzione di produzione Gaia Margherita Silvestrini
fonico Marcello Abucci
produzione Troubleyn/Jan Fabre e Aldo Grompone
in coproduzione con FOG Triennale Milano Performing Arts, LuganoInScena-LAC, Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa, Marche Teatro, Teatro Stabile del Veneto
produzione esecutiva e distribuzione Aldo Miguel Grompone

Teatro Era, Pontedera
14 febbraio 2020

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