Teatro Argot Studio: stagione 2017/2018:

Mercoledì 4 ottobre prenderà inizio la stagione teatrale all’ Argot Studio. Francesco Frangipane, direttore artistico del teatro e regista dello spettacolo di apertura, ci spiega che nelle scelte che hanno dato vita alla prossima stagione “si è voluta dare centralità allo spazio”. Ci racconta, soffermandosi su metafore evocative, che l’Argot nel tempo si è rivelato essere soprattutto un luogo di progettualità, in cui è stato necessario perseverare per poter assistere alla loro realizzazione, che nel teatro prende forma nella messa in scena, ma che nei migliori dei casi non si esaurisce completamente in essa. Sono state proprio le sfide, il credere nei progetti, anche nei momenti difficili, e la scelta della continuità, a rendere questo spazio un “luogo”, una “casa”.

 

Viene definita una stagione di rivoluzione, ma anche, o forse proprio per questo, di ritorno all'origine: con la scelta di autoprodurre alcuni spettacoli presentati, con il ritorno di autori come Pierottini, Bassetti o Francesca Zanni; ma anche con uno sguardo rivolto a percorsi nuovi e a strade mai intraprese, proponendo autori che debutteranno quest’anno all’ Argot Studio, quali Cirilli, Gili e Longo.

L’attenzione comunque è rivolta alla drammaturgia italiana contemporanea, come è tradizione di  questo teatro – laboratorio, in cui si sperimenta mantenendo dialoganti passato, presente e futuro.

La stagione prevede dunque spettacoli autoprodotti, altri ospitati con consapevole scelta, mentre alcuni fanno parte della rassegna Dominio Pubblico rivolta ad artisti under 25, e di cui Tiziano Panici cura la direzione artistica. Anche la parola “casa” ricorre insieme a “spazio”, per indicare un progetto comune, un'identità ricercata e sempre in divenire, per indicare un luogo in cui tornare, e forse anche un luogo in cui sentire il travaglio e la fatica delle sfide.

 

Home sweet home: la parola “casa” è anche l’elemento che delimita il confine di alcune delle narrazioni degli spettacoli presentati. La casa non sempre felice, anzi per eccellenza  il luogo degli opposti, dei momenti di accoglienza e appartenenza, familiarità appunto, e dei momenti in cui prende forma l’infelicità assoluta. Così nello spettacolo di apertura “Dall’alto di una fredda torre”, testo di Filippo Gili, si parla della Scelta,  di quanto la prossimità, la vicinanza ci renda responsabili dell’altro; ma fin dove si può spingere questa responsabilità?

È firmata da Massimo Castri la riduzione di “Rorsmersholm- il gioco della confessione”, regia di Luca Micheletti con Federica Fracassi e Luca Micheletti.

Lo spettacolo “Echoes”, in scena dal 28 novembre, è stato presentato all’ultima rassegna del Fringe Festival di Edimburgo. Il dramma di Lorenzo De Liberato è ambientato in un bunker, in cui un giornalista intervista l’autore di un massacro. “La domanda è semplice e precisa: perché?”

Altro tema di profondo interesse è quello trattato ne “Il cappuccio d’osso della luna”, testo di Cristina Cirilli, regia di Maurizio Panici: quali sono i segreti che regolano tacitamente i legami familiari? E quando è l’assente ad aver tenuto saldo un nucleo, cosa avviene a chi resta?

“Tutti i miei cari” di Francesca Zanni, regia di Francesco Zecca, si basa sulla vita della poetessa Anne Sexton, in cui “la prosa diventa poesia e la poesia diventa prosa”, come introduce l’autrice.

Dell’autore Alberto Bassetti, con la regia di Alessandro Machìa, viene proposto “Sorella con fratello”, anche in questo dramma, “costruito come un thriller”, si racconta di un rapporto intimo, familiare che ha come sfondo il dolore e la violenza, per raccontare anche qualcosa dell’Italia di oggi.

In “Mondo perfetto” Sergio Pierattini si interroga, e apre uno scenario possibile, anche se indesiderato e inaspettato, sull’adozione dopo, dopo che si è deciso, dopo che si è predisposto, si è atteso, dopo che l’idealizzato momento futuro è diventato la contingenza del presente reale.

Dal 2 al 4 febbraio verrà presentato “The Black’s tales tour” scritto, diretto e interpretato da Licia Lanera. Delle fiabe resta soltanto l’aspetto oscuro e desolante, resta l’incubo, la paura non contrastata.

Dal 3 aprile andrà in scena “Tempesta”, adattamento e regia di Maurizio Panici: “…la tempesta è lo specchio di una situazione prepotentemente attuale: duchi e mozzi, signori e poveracci convivono e s’intrecciano su uno stesso sfondo, questi ultimi espropriati dal potere della parola”.

Andrej Longo è autore di “Amore 3.0”,  ispirato al racconto di Ernest Hemingway, con la regia di Paolo Sassanelli, in scena dal 2 maggio. È una  storia d’amore, ma che parla anche delle inquietudini, “minacce, vere o presunte”, dei nostri giorni.

L’Argot Studio sta dunque per aprire una stagione in cui si conferma la scelta di non aver paura di sperimentare, di non temere temi forti, intensi e significativi, ma si ha l’impressione che lo facciano con la leggerezza del gioco che concede l’arte; con l’entusiasmo e la lievità di chi, appunto, ritorna a casa.

 
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