È un’esperienza coraggiosa quella di Milena Costanzo, l’attrice-regista di EMILY NO, uno spettacolo ispirato alla vita di Emily Dickinson che il 15 settembre al Teatro Vascello ha arricchito il già vasto e interessante programma di Teatri di Vetro che si prolunga fino al 9 ottobre (vedi il nostro approfondimento).
Già vincitrice del premo Ubu nel 2011 con Roberto Rustioni per lo spettacolo LUCIDO di Rafael Spregelburd, Milena Costanzo presenta a Roma questo lavoro che fa parte di una Trilogia (della Ragione) tutta al femminile su tre diverse figure femminili, Anne Sexton, Simone Weil e per l’appunto, Emily Dickinson già oggetto di un precedente studio, presentato nel 2014 presso la Casa Manzoni di Milano per la rassegna ‘Stanze’.
Ed ora uno spettacolo completo, coraggioso, si diceva, perché quando si cerca di far dialogare la poesia con il teatro occorre essere in grado di coniugare due linguaggi non sempre sovrapponibili per immagini o tempi narrativi. E parlare in teatro di un poeta attraverso le sue poesie, pur essendo una soluzione, potrebbe non sempre cogliere nel segno la personalità di un artista che affida alla poesia l’inesprimibile e irriproducibile intimità del proprio animo.
Milena Costanzo ci riesce, invece, lavorando per sottrazione. Emily ci viene raccontata nascondendocela fin dall’inizio. Tutto lo spettacolo ruota e si concentra attorno alla ricca famiglia borghese di Emily: ritroviamo la madre, la sorella ed il fratello di Emily (impeccabili, davvero impeccabili per espressività Alessandra De Santis, Rossana Gay e Alessandro Mor) al centro di vicende più o meno leziosamente futili in una dimora ottocentesca ben richiamata dagli abiti usati dagli interpreti (davvero ben realizzati).
Per buona parte dello spettacolo, Emily viene citata senza comparire mai, quasi fosse un fantasma. E ciò giustamente perché Emily, come la Storia ci narra, si rinchiuse nella sua stanza fin dall’età di 25 anni per scrivere poesie e per nascondere alcuni suoi disturbi nervosi, rifuggendo la vita quotidiana, la vita di società e l’Amore e reclamando solo l’attenzione del maestro Johnson sulle sue poesie, scritte durante la reclusione.
Così Milena Costanzo costruisce uno spettacolo che per gran parte dello spettacolo, forse un po’ troppo, eccede nella ripetitività di battute e situazioni comiche che coinvolgono i tre Dickinson (recitazione impeccabile la loro) e solo poi si lascia andare, esplode nella sua missione illuminante su Emily Dickinson, facendola comparire, vestita di bianco come un fantasma, veloce e fugace dalle quinte, sempre in zone d’ombra o con le spalle al pubblico (ottima, ottima scelta)e via via sempre più definita, fino a gettarla letteralmente in scena, puntandole i riflettori contro in un momento di sfogo, quasi fosse un gatto selvatico che rifugge la luce, e desidera soltanto tornare nelle tenebre.
Da quel momento in poi è lei a dominare tutto. Ed ecco che il quadro su Emily Dickinson diviene perfetto: la poetessa, come anche il titolo ricorda “non c’è” perché vive in una dimensione che non è quella terrena che disdegna, ed allo stesso tempo “è”, perchè vive nei suoi pensieri declamati sulla scena, pieni di trattini immaginari, di Maiuscole inserite per sottolineare concetti o elementi a lei cari, ben evidenziati dall'alzarsi e abbassarsi della voce della attrice che interpreta Emily.
Il tutto in uno spettacolo confezionato perfettamente: complice il bel palco del Vascello, ampio, pieno di coni d’ombra che Costanzo sfrutta in modo certosino. La regista utilizza pochi arredi scenici (un tavolo e due sedie e le lampade) per catapultarci nella casa di proprietà dei Dickinson, raccontata in diversi ambienti (salotto,camera da pranzo, veranda) con accuratezza visiva, lasciandoci nella mente delle bellissime immagini, dei "quadri" suggestivi e ricchi di fascino evocativo. Aiutano in tal senso le musiche e le sonorità inserite, che arricchiscono il quadro descritto particolareggiandolo e conferendo una dimensione realistica alla messa in scena. Centrali anche le luci, che arrivano sempre precise sui personaggi (salvo che su Emily) e che hanno una loro precisa capacità dialogante con gli attori e con il contesto tutto messo in scena. Le tre lampade calate dal soffitto che tagliano la scena perpendicolarmente, con la loro mobilità sono un elemento intelligentemente sfruttato nelle loro possibilità di moto circolare intorno alla scena, disegnano cerchi di luce intorno ai quali la Emily Dickinson della Costanzo danza o si nasconde, lasciando solo quelle parole eteree e indimenticabili negli orecchi di chi, sulla soglia del palco, non aspettava inutilmente, altro che incontrarla e che di fatto l’ha respirata, almeno per una sera.
Info:
EMILY NO
di e con Milena Costanzo
e con
Alessandra De Santis, Rossana Gay, Alessandro Mor
assistente alla regia
Chiara Senesi
costumi Elena Rossi – oggetti di scena OkkO Parma
organizzazione
Antonella Miggiano
foto: Paola Codeluppi
produzione: Fattore K. e con il sostegno Danae Festival Olinda
PROSSIMAMENTE A TEATRI DI VETRO – vedi programma completo
17 SETTEMBRE
La compagnia Sotterraneo, collettivo di ricerca teatrale vincitore di numerosi riconoscimenti quali il Premio Lo Straniero, Premio Speciale Ubu, Premio Hystrio-Castel dei Mondi. Il giro del mondo in 80 giorni (sabato 17 settembre, Centrale Preneste, ore 21.00), parte dall'omonimo testo di Jules Verne per approdare ad analizzare i meccanismi televisivi del quiz interattivo, trasformando il romanzo in un ipertesto denso di scarti improvvisi e collegamenti tra l’800 e la nostra contemporaneità.
18 SETTEMBRE
Presso le Carrozzerie N.O.T alle ore 19,30 “Sure, I will be”, il nuovo disco dei Current in prima nazionale, che aggiunge all’elettronica strumenti tradizionali, voci e suoni concreti aprendo una riflessione sulla condizione attuale del fare musica in un risultato espressivo denso e variegato.
A seguire Memories Can' Wait_in-d(i)o di Francesco Brasini, in prima nazionale, trae ispirazione da un testo dei Talking Heads e crea una suite di circa 30 minuti, trattando e rieseguendo parte del materiale in un continuum sonoro, un flusso di frequenze evocative che confluiscono in una melodia inedita.
Altro debutto, Blank page di Deroom, si configura come una performance di djing analogico digitale e teatro canzone: spoken world, proto rap, canzoni sussurrate, soundscapes elettronici, registrazioni domestiche e scorie di soundtrack strumentali creano la colonna sonora su cui scorre la narrazione di canzoni, poesie e frammenti di pensiero.Il nuovo disco Honey Ant Dreaming dei Luminance Ratio, in uscita per l'etichetta Inglese Alt.Vinyl, si apre ad una musica psichica e psichedelica, che fonde ingredienti diversi in un unico, grande flusso di coscienza.