La Compagnia Habitas, vincitrice del bando di residenza “Pillole”, fino al 26 febbraio è in scena al Teatro Studio Uno con “SURGELAMI”, regia di Niccolò Matcovich, con Chiara Aquaro. Chiara della Rossa, Armando Quaranta e Simone Ruggiero, dramaturg Rosalinda Conti
Nel cortile interno del Teatro Studio Uno, gli spettatori attendono l’apertura della sala, pronti ad essere scongelati da uno spettacolo che farà prendere loro coscienza dello stato di ibernazione cui la vita contemporanea li costringe. Passano le 21.00, le porte della sala sono severamente controllate e richiuse dagli addetti ai lavori che le attraversano. Nell’aria si diffonde mistero e si avverte la nitida sensazione che qualcosa sta per accadere, curiosa attesa. Lo spettacolo ha già preso avvio, lì fuori, all’insaputa del pubblico. Il suono di un pianoforte arriva all’orecchio, sembra lontano, proviene dall’interno. Dopo poco, esce da quella porta, varco ormai irresistibile, oggetto di desiderio, membrana da penetrare, una piccola donna (Chiara Aquaro), in camicetta gialla, che andando incontro singolarmente a ciascun spettatore, lo invita ad entrare, con voce fina ed improbabili appellativi amorosi. Superata la porta, gli spettatori devono ancora attraversare un antro, prima di arrivare all’utero-scena, dove si svilupperà l’azione. Sulla destra, in questo antro, una bellissima bionda (Chiara della Rossa), seduta nella sua camicetta rossa, vocalizza abbandonata sulle note suonate dal pianoforte di fronte, abilmente manipolato da un uomo (Armando Quaranta), vestito di blu. Finalmente nel magico utero, lo spettatore prende posto secondo le disposizioni ricevute da un’ulteriore attore (Simone Ruggiero), che nella sua giacca verde lo accompagna a sedere, nominandolo ancora con vezzeggiativi amorosi.
FARFALLE, STRUTTURA, CATASTROFE, DOMANI. Queste parole segnano i diversi capitoli di cui l’azione scenica è composta, scritte dagli attori con un gessetto bianco sulla nera parete di fondo, occupata centralmente da un frigorifero dallo sportello trasparente. La successione delle quattro parole, situazioni o, più precisamente, condizioni, descrivono una parabola di dinamiche relazionali: quella che coinvolge le due coppie, dall’innamoramento alla separazione. All’interno di questi macrocosmi, una serie di microcosmi personali, quotidiani, che dal particolare si astraggono, assumendo prepotentemente ma di diritto valore d’universalità. Sezionando con accanita dolcezza ed eleganza l’intimo, si scopre l’inevitabile fallimento del rapporto umano, stimolo per lo spettatore, diventato partecipante e testimone, alla critica nei riguardi della vita contemporanea, del mondo tutt’intorno all’amore che allontana, divide, uccide, l’umano e le relazioni.
Solo il frigo, surgelando i corpi, altrimenti smembrati, frammentati, annientati, consente la conservazione dell’uno, dell’intero, accogliendo ciclicamente i protagonisti e consentendo una sospensione temporale alle vite, in attesa di un futuro scongelamento, in un domani assoluto, in attesa di tempi felici. La relazione e il sentimento riescono a manifestarsi solo in un presente relativo e fin quando vivono nell’isolazionismo, dentro l’utero. L’inevitabile fuoriuscita nel mondo, nel fuori, determina l’inesorabile fine. Il surgelamento diventa pertanto l’unica soluzione praticabile, l’unica tutela alla disumanizzazione, in un mondo che paralizza e che depotenzia qualsiasi azione nel presente.Tutto questo coinvolge e trafigge i testimoni, anch’essi attori, attraverso un’intricata rete di linguaggi: ragnatela complessa di partiture sonore, fisiche, verbali che sovrapponendosi inseriscono gli astanti in una situazione dinamica e partecipativa. La parola è fortemente presente. Tuttavia sarebbe scorretto parlare di “testo”, comunemente inteso. Frutto di una collaborazione creativa, esperimento di “drammaturgia scenica”, più che al prodotto, Niccolò Matcovich e la Compagnia Habitas pongono il testimone in mezzo al processo, coinvolgendolo nel conseguimento dello scopo creativo nel suo farsi. La parola non è cardine, non è spartito su cui si basa l’evoluzione dell’azione, non si è stabilizzata. È materiale duttile e fluido che partecipa all’evoluzione del movimento scenico rimanendo tale, al pari di tutti gli altri elementi di cui l’evento è composto, compresi gli astanti. Finalmente un giovane talento che dimostra assoluta consapevolezza di ciò che si propone e dichiara di fare.
“(…) esiste una drammaturgia del testo e una drammaturgia (di tutte le componenti) della scena. E (…) esiste una drammaturgia complessiva, drammaturgia dello spettacolo potremmo denominarla, in cui ad intrecciarsi sono sia le azioni del testo sia quelle della scena”, scriveva Franco Ruffini nel 1985. (Testo/Scena: drammaturgia dello spettacolo e dello spettatore, in “Versus”, n. 41, maggio-giugno 1985, p. 27). Questa è stata una delle conquiste teoriche più importanti dell’ultimo teatro che raccoglie in sé tutta una serie di battaglie e diatribe in merito al linguaggio scenico, conferendo una nuova dimensione, inclusiva e dinamica, al tradizionale statico e storicizzato concetto di drammaturgia.
Purtroppo questa lezione è stata accolta e assorbita solo nelle più evolute e originali realtà di teatro di ricerca. Ancora oggi, sia nei teatri istituzionali, sia nei circuiti sotterranei, si assiste troppo spesso a spettacoli talmente tanto incatenati al testo, alla centralità di questo come cardine principe e vincolante dell’azione scenica, da fustigare l’attore e privarlo della libertà di sperimentazione fisica, corporale. Niccolò Matcovich, che già aveva dimostrato la sua verve innovativa e proficua, seppur ancora poco coraggiosa, ne “L’IMBROGLIETTO”, con “SURGELAMI” è riuscito non solo a dichiarare conoscenza e competenza, ma soprattutto a dimostrare di aver assorbito, metabolizzato ed essersi appropriato di tutte le esperienze di innovazione teatrale della seconda metà del secolo scorso. Ovviamente Matcovich ha davanti a sé molto da sviluppare, sperimentare, creare, ma si può andare altrove solo possedendo consapevolezza di dove si è venuti. Il regista ha un occhio attento, vigile e fresco nel guardarsi indietro. È pronto ad andare avanti, nel futuro caldo e scongelato, perché guardando i non-padri volare gli sono spuntate le ali.
Ci auguriamo di cuore che nel sistema culturale mutilante del presente a noi contemporaneo, riesca a conquistarsi il diritto al suo spazio d’esistenza… in alto, insieme alle farfalle!
Visto il 16/02/2017
Info
drammaturgia Rosalinda Conti
regia Niccolò Matcovich
aiuto regia Riccardo Pieretti
con Chiara Aquaro, Chiara della Rossa, Armando Quaranta, Simone Ruggiero