SULLA MORTE SENZA ESAGERARE @ TeatroVerdi: la leggerezza che non è superficialità 

Dal 13 al 16 dicembre in scena, presso il Teatro Verdi a Milano, un’interessante produzione del Teatro dei Gordi, ideato e diretto da Riccardo Pippa, regista veronese. Il potenziale creativo e lo spessore tematico del lavoro sono stati meritatamente riconosciuti nel 2015, anno in cui vince il premio Scintille e il premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro, indetto dall’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine.

Basta una scarna scenografia – giusto una panchina e un lampione – a suggerire l’idea di limbo, soglia fra l'aldiquà e l'aldilà, dove la Morte attende al varco le anime in licenza perpetua dall’esistenza terrena: un plot di vecchia data che prova a battere strade inusitate per affrontare l’atavico e pur inflazionato tema della morte.  
Già dal titolo viene offerta una prima chiave di lettura: lo spettacolo è anche un omaggio alla celebre poetessa polacca Wislawa Szymborska i cui versi compaiono di tanto in tanto proiettati sul fondale. Questi inserti visivi, sempre pienamente contestualizzati, appaiono solo come appendice alla narrazione, del resto lo stesso riferimento all’universo della Szymborska si manifesta più in qualità di corollario che come reale fulcro dello spettacolo.
Piuttosto, a costituire un più concreto aggancio con la poetessa è il tono lieve e colloquiale dello spettacolo, carico di un’arguta e profonda ironia. Con bonario e divertito distacco lo spettacolo si muove fra un atteggiamento rispettosamente dissacrante e un’aura di intensa tragicità, senza mai scadere in eccessi caricaturali.

A sfilare con agilità sul palcoscenico troviamo una variopinta sequela di personaggi, un campione di umanità che racconta gli ultimi istanti della propria esistenza. Così, quasi d’incanto, compaiono maschere mute di straordinadinario vigore espressivo e ammiccanti a Modigliani e Otto Dix: nei loro tratti asimmetrici e sproporzionati esaltano, esasperandolo, il lato emotivo delle loro vicende. Carnali e materiche, esse sono testimonianza di un tormento interiore di matrice espressionista: non necessitano il supporto della parola, esprimono nella loro violenta corporeità tragedie quotidiane.
Catapultati sul palcoscenico, quindi, un suicida recidivo, una prostituta allo stremo, una donna incinta che rischia di perdere il figlio e un’anziana coppia di coniugi: straordinaria l’empatia che si instaura fra corpo e maschera, una confidenza quasi mistica che genera un efficace linguaggio di gesti eloquenti e misurati; il tutto sapientemente incastonato in un tessuto drammaturgico che si rivela puntuale e strutturato, pur conservando la spontaneità e la naturalezza di un’improvvisazione.

Non meno acuta la rappresentazione della Morte, bersagliata protagonista della pièce: sapientemente umanizzata, con tanto di maglioncino sgualcito, appare maldestra, impacciata, un po' indolente e incapace di gestire il suo lavoro. Costantemente redarguita da un competente e scrupoloso angelo custode con giubbetto catarifrangente, sarà persino licenziata per inadempienza. Questo, in fin dei conti, il fine ultimo dello spettacolo: minarne l’onnipotenza, mettendone in luce limiti e manchevolezze e scalfire con disinvoltura l’ancestrale idea della morte come imperscrutabile artefice dei nostri destini.        
Attraverso l’ironia mordace non viene mai cercato l’effetto o la grassa risata del pubblico per lo sketch, quanto piuttosto la vita; un'esistenza di maschere e travestimenti, dove verità e finzione convivono in armonia.
Lo spettacolo sembra stipulare un accordo fra queste due parti, solo apparentemente inconciliabili: il corpo che è mediatore mette in moto la maschera e innesta la verità nella finzione. I personaggi di questo mondo possibile, seppur non reale, si tolgono le maschere alla fine della loro vita: è terminata la loro recita terrena. Finzione e verità: giovani interpreti dotano ogni personaggio-maschera, per quanto di sesso ed età diversi dal loro, di peculiarità espressive pregnanti, in altre parole immortali.

Sono attimi di immortalità ad essere narrati in questa fiaba matura e poetica: d’altra parte, non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale perché la morte è sempre in ritardo di quell’attimo. Proprio in quell’attimo, si può raccontare la vita con la leggerezza e la vivacità di un film muto.

Info:
SULLA MORTE SENZA ESAGERARE

Ideazione e regia Riccardo Pippa
di e con Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza
scene, maschere e costumi Ilaria Ariemme
disegno luci Giuliano Bottacin
cura del suono Luca De Marinis
co-produzione Teatro dei Gordi e TIEFFE Teatro Milano

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