Un intrigante lavoro tra il serio e il faceto scritto, diretto e recitato da Siciliani come vuole la tradizione della Rassegna di Palco Off per celebrare William Shakespeare a quattrocento anni dalla sua scomparsa, andato in scena fino al 20 marzo al Teatro Libero di Milano.
Come collegare William Shakespeare (Stratford-upon-Avon, 1564 – 1616) – immortale per le tematiche trattate quali amore, potere, vizi, virtù… antiche e durevoli quanto l’uomo – alla Sicilia, da sempre terra prediletta e ambita da molte popolazioni, se non sposare una delle tante teorie che si sono sviluppate nei secoli in virtù della misteriosa e scarna biografia del Bardo?
La scarsità delle fonti ha consentito dunque il fiorire delle più disparate e fantasiose ipotesi (ben analizzate ed esaminate per la messa in scena della pièce) come quella secondo cui dietro il suo nome si celerebbe addirittura la regina Elisabetta o il circolo letterario Globe i cui membri si sarebbero tutti firmati con tale nome o ancora un certo Michelangelo Florio. Tale singolare personaggio sarebbe nato nel ‘500 da un padre calvinista in una Messina spagnola (oppressa come il resto dell’isola dall’Inquisizione) per cui inizia con la famiglia una serie di peregrinazioni dalla nostra Penisola attraverso alcuni Paesi europei fino all’Inghilterra dove, pur non dimentico dello spirito della Sicilia, per prudenza muta il nome in William Skakespeare (traduzione letterale del nome di sua madre Guglielma Crollalanza). Storia fantasiosa, ma non impossibile supportata da un testo e abbracciata da Francesca Vitale, autrice della versione teatrale e validissima attrice che impersona Anne Hathaway, moglie del Bardo, altra figura portante nella pièce e nella vita del drammaturgo.
Un’origine siciliana dunque per Shakespeare – le cui opere rimanderebbero all’amore per la terra abbandonata come Sugnu o nun sugnu (Sono o non sono), titolo inventato che parafrasa il celeberrimo Essere o non essere – ma non per la moglie Anne, forse più anziana del Bardo, su cui poche sono le fonti certe. Anche su di lei circolano tesi discordanti: una la vuole contadina benestante sposata perché incinta mentre un’altra la indica persona colta e introdotta nel circolo dei letterati e nella Londra che conta in cui inserisce William, anche se le tre gravidanze la costringono poi a dedicarsi alla famiglia con gioie e dolori come in ogni tempo per tutti. È questa la teoria scelta da Francesca Vitale che disegna una donna forte, risoluta, volitiva e ricca di un’umanità sfaccettata in continuo confronto con il coniuge che esorta e stimola consapevole comunque che non lo avrà mai totalmente perché una parte della sua genialità sarà della creatività.
Nella parte di Shakespeare il bravo Francesco Foti ovviamente siciliano così come il valido regista Nicola Alberto Orofino (quasi un nomen omen vista la qualità dello spettacolo) diplomato alla scuola del Piccolo Teatro di Milano e attivo anche in ambito internazionale.
Uno spettacolo dinamico, vivace e coinvolgente – anche per un pre-spettacolo dedicato all’enogastronomia rigorosamente siciliana e per il simpatico incontro a fine recita con i protagonisti – che riesce a veicolare grandi contenuti attraverso una struttura lieve ancorché pregnante: un modo per invogliare i meno giovani e i giovani a rapportarsi con il Teatro, palestra formativa di carattere, personalità e senso critico a tal punto che il frequentarlo fin dalla più tenera età assume una forte valenza educativa.