In scena al Teatro Bellini di Napoli "Souper", atto unico di Ferenc Molnàr, già autore de "I ragazzi della via Pal", nel riadattamento di Fausto Paravidino. Una bella tavola imbandita al centro della scena: un'elegante casa alto-borghese. Una cameriera zoppica tra suoni sinistri di violino. Si annuncia un'avventura per lo meno sospetta in questa sala da pranzo. Di colpo la luce sui personaggi, tutti impegnati a festeggiare il compleanno di un affermato direttore di banca, rappresentante della finanza dell'Europa degli anni '30. Convitati colleghi e amici, più o meno ubriachi, che tengono discorsi in suo onore, tra il serio e il faceto.
Tutto procede liscio fino all'arrivo di un carabiniere che ordina l'immediato arresto del direttore, provocando lo sconcerto tra gli astanti. Quale sarà la ragione di questa irruzione? Nella paralisi che segue, la paura prende il sopravvento e si scoprono gli altarini: sarà stato "l'affare dei boschi?" nel quale in un modo o nell'altro tutti i presenti erano coinvolti? Ciascuno si discolpa come può, attribuendo agli altri la completa responsabilità e facendo emergere, con toni aggressivi finora impossibili, il lato più brutale del proprio essere sociale. Un vero e proprio homo omini lupus si scatena intorno alla tavola, scoprendo relazioni sessuali sotterranee e intrighi affaristici lontanissimi dalla trasparenza delle buone maniere.
Ma poi colpo di scena: il carabiniere si smaschera, è Enrichetto, giovane amico di famiglia che ha fatto uno scherzo per il pesce d'aprile. Ma lo sfacelo si è consumato e il tentativo di tornare alla normalità della serata si copre di ridicolo, specie sul finale, quando il direttore conclude il suo discorso di ringraziamento ai suoi "amici più sinceri" con la cuffietta della cameriera in testa e il mocho in mano.
Così la regia di Paravidino ripresenta un testo di Ferenc Molnàr, nella traduzione di Ada Salvatore, ancora attualissimo. La chiave registica è farsesca: recitazione calcata, macchiettistica, scritte in proiezione sul fondo che sottolineano ironicamente i momenti cruciali dello sviluppo drammaturgico, effetti acustici che amplificano e riverberano come in un giallo cinematografico i passi dei personaggi, espressioni linguistiche contemporanee che pescano nella volgarità del pop più banale ("la figa!" ripetuto ossessivamente).
Tra le scene di Laura Benzi, gli attori – Filippo Borghi, Adriano Braidotti, Federica De Benedittis, Ester Galazzi, Andrea Germani, Lara Komar, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos, Federica De Benedittis – danno vita a una coralità di personaggi in cui nessuno spicca sugli altri ma tutti insieme compongono l'affresco colorato – costumi di Sandra Cardini – e satirico dell'alta società borghese di allora, una satira applicabile benissimo all'oggi.
Paravidino sceglie di spingere sull'accelleratore della farsa: avrebbe potuto optare per un registro più realistico, ad esempio facendo ritornare i personaggi a dei toni contenuti e formali dopo la rivelazione dello scherzo. Invece la sua scelta è quella di rendere del tutto evidente la falsità delle relazioni in gioco, la mette in ridicolo senza speranza di ritorno ad una eventuale normalità. C'è da chiedersi se l'altra ipotesi interpretativa non avrebbe insinuato nel pubblico un maggiore imbarazzo, costringendolo a riconoscere in quelle forme, in quelle convenzioni, l'apparenza superficiale di una sporcizia umana tutta nascosta, come del resto avviene comunemente in certi ambienti.
Dopo il buio finale, il pubblico della prima al Bellini applaude senza troppa convinzione uno spettacolo che ha il pregio di presentarci un autore e un testo ancora attuali, ma che forse non hanno una profondità drammatica tale da soddisfare degli spettatori a caccia di emozioni forti e immagini suggestive.
Siamo nell'elegante casa di un distinto direttore di banca, alla festa che ha organizzato per celebrare con gli amici più cari il suo compleanno e la sua brillante carriera. L'atmosfera è allegra ma, improvvisamente il maggiordomo annuncia l'arrivo di un ispettore di polizia che deve condurre il direttore in commissariato. Scompiglio tra i convitati: domande, sguardi, sospetti e un palpabile e improvviso cambio di prospettiva; così repentino che ci si chiede se il sostegno che ha avuto il protagonista nel costruire la sua luminosa carriera sia sempre stato alla luce del sole e nella piena legalità. Con una scrittura lieve e un ritmo scandito da un susseguirsi di colpi di scena, l'autore de I ragazzi della via Pàl dipinge una società, quella del 1930, il cui tratto essenziale è la corruzione. Uno spaccato così attuale che Fausto Paravidino lo porta in scena senza alcuno sforzo di modernizzazione perchè, come ci spiega lui stesso, «l’attualità è nel testo e non credo che vada particolarmente forzata perché l’attualità vera a teatro annoia: vederla in scena ti fa assistere a qualcosa di già vecchio».
Così, potremo gustarci questa avvincente storia “d'epoca” fatta di caste, di interessi, di tradimenti, di regali e ricatti, di amanti e di affari, osservando che il suo sapore è molto simile a quello del nostro presente.
di Ferenc Molnàr
adattamento di Fausto Paravidino
traduzione Ada Salvatore
con Filippo Borghi, Adriano Braidotti, Federica De Benedittis, Ester Galazzi, Andrea Germani, Lara Komar, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos, Federica De Benedittis
regia Fausto Paravidino
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Durata 1h senza intervallo