SOUL MUSIC – dal lato opposto @ Teatro Biblioteca Quarticciolo: o del demone che ci parla e ci insegue

È andato in scena a Roma il 4 novembre  il nuovo lavoro di Oscar De Summa, autore e attore pugliese che, completata la Trilogia della Provincia (Diario di Provincia, Stasera sono in vena, La sorella di Gesùcristo), off re al pubblico una storia ancora legata alla sua terra, dove giovani musicisti cercano un riscatto e scelgono di stare dal lato opposto delle mode e dei tempi.

Vladimiro ci accoglie: lui, giovane dai grandi occhi neri, neri come buchi, cammina dritto per la sua strada e poi si tuffa nel mare mentre il sole tramonta; nuota Vladimiro, nuota perché vuole raggiungere l’orizzonte prima che il sole scompaia.

Così inizia Soul Music, piccolo gioiello che ieri ha preso vita al Teatro Biblioteca Quarticciolo.

Sul palco una pedana rialzata, una sedia con un classico microfono – gelato, dove De Summa racconta la vicenda di Vladimiro e degli altri giovani che danno vita a una band di musica soul nel cuore del sud più caldo e provinciale. Accanto, a un passo di distanza, un mixer con microfono, dove De Summa si trasforma nel dj radiofonico che lancia il concorso musicale per la ricerca di voci nuove, premio un milione di lire.

Il gruppo di giovani, musicisti di conservatorio o della banda del paese, si uniscono contro la musica commerciale, contro quella moda banale e stereotipata dell’elettronica che sta ormai appiattendo il mondo musicale degli anni Novanta. Chi ci crede davvero, chi invece lo fa spinto da motivi personali e altrettanto validi.

Sono sul lato opposto, vanno in direzione ostinata e contraria, come direbbe Faber. E tutto perché cercano un modo per farsi avanti nella vita, perché la loro giovinezza sia simbolo di ribellione a un mondo apparentemente immobile ma così brulicante di dolori, piaceri, pregiudizi e scosse vitali. Vladimiro, il leader fortuito del gruppo, ne è l’esempio più lampante: viene scelto come cantante, lui che tutti tengono alla larga come si fa con un cane randagio, lui che non ha amici e che però canta come pochi altri sanno fare. Vladimiro ha il demone dentro, che lo affligge. Vladimiro cerca disperatamente di azzittirlo. L’unico modo è cantare.

Allo stesso modo, gli altri della band hanno solo una strada da percorrere per farsi riconoscere nelle loro individualità, nel loro distacco dalle famiglie e dai percorsi già segnati, nel loro fregarsene dei giudizi e delle maldicenze, nella loro scelta di non avere più paura (o almeno provarci). E questa strada è suonare musica soul.

Perché il soul? Semplice: Dio è amore, l’amore è cieco, Ray Charles è cieco, Ray Charles è Dio! E il soul è la musica più divina che esista.

Il soul non è solo puro accompagnamento, ma diventa vero e proprio personaggio che parla con il pubblico, lo scuote, lo porta a muovere piedi, mani e teste nel buio, timidamente. Da Hit the road Jack a I put a spell on you, passando per i Doors, è un vero concerto cui lo stesso De Summa partecipa muovendosi, danzando e cantando.

Il corpo a corpo con cui l’attore e autore dello spettacolo affronta questa storia ci permette di sentirla vibrare su ogni centimetro di pelle: De Summa non si nega, ma compie un atto di pura generosità donando una storia apparentemente semplice ma che in realtà nasconde significati che toccano vette filosofiche.

Il daimon (concetto filosofico che nasce con Socrate e poi si radica in tutta la riflessione filosofica sull’arte e l’artista in genere), questa presenza incombente e minacciosa in Vladimiro, è qualcosa che c’è in tutti gli altri protagonisti: ognuno di loro ha un daimon che parla e si muove irrequieto, come irrequieta è ed è stata la giovinezza di tutti noi, che ascoltiamo rapiti le peripezie di questa band, che ci fa sorridere, ridere ma anche riflettere e commuovere.

Il processo di identificazione è sottile, non lampante né immediato, come accade spesso nel teatro di narrazione, in cui De Summa svetta non solo come attore (le sue doti sono innegabili), ma anche come autore. La qualità della parola e del tessuto sonoro del testo si legano perfettamente alla musica soul, al suo ritmo incalzante e malinconico insieme, al grido a volte disperato a volte vitale che parla direttamente all’anima. Non è un caso che questa musica si chiami soul, “anima” appunto.

La semplicità della narrazione corrisponde alla semplicità dell’impianto scenico generale: le luci sono per lo più tagli e controluce. Solo un fascio di luce centrale illumina De Summa quando parla e racconta la storia della band. La pedana centrale è uno spazio immediatamente riconoscibile. È lì che avverrà la narrazione, anche se a un certo punto De Summa rompe questa barriera, scendendo dalla pedana e raccontando della famiglia di Vladimiro, di quello spaccato che nessuno in paese vuole vedere o conoscere, perché si sa, certe situazioni è più facile ignorarle, è più comodo. Poi in un piccolo paese di provincia basta un nulla per essere quello da evitare.

Ma De Summa non vuole parlarci di questo aspetto, che pure evidentemente guarda con ironia, come una delle pecche di quel sud che tanta parte ha nel suo mondo teatrale. No, sembra piuttosto volere ricordarci che anche se oggi non è andata bene, potrebbe comunque andare meglio. Basta solo ricordarsi di metterci addosso la versione migliore di noi stessi, di provare anche noi a nuotare verso il sole, prima che scompaia dietro l’orizzonte.

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