Al Teatro Comunale di Antella inizia con SOTTOPELLE di e con Giulia Vannozzi la rassegna di teatro narrazione Seincontri.SEI, in scena fino al 10 maggio gli spettacoli del Collettivo Teatrale Informale.
a cura di Alice Capozza e Michele D’Ambrosio
Il gruppo è composto attori-scrittori, attori-registi, attori-comici, attori-filosofi selezionati al Festival Montagne Racconta 2017 per il laboratorio di ricerca sulla narrazione e sui linguaggi del teatro condotto da Francesco Niccolini e Roberto Aldorasi: giovani promesse che hanno formato una rete portata avanti dalla loro caparbietà e voglia di farsi conoscere. Seincontri.SEI è una rassegna itinerante che prima di Firenze ha toccato diverse città, tra cui Parma, Livorno e Cagliari. Al Teatro Comunale di Antella dopo Giulia Vannozzi, saranno in scena ogni giovedì tutti gli spettacoli del Collettivo: Stefano Santomauro con LIKE per la regia di Daniela Morozzi, Fabio Marceddu in ALFONSINA PANCIAVUOTA regia di Antonello Murgia, seguirà BRICIOLE di e con Adelaide Mancuso regia di Anna Meacci, FANGO ROSSO di e con Alessia Cespuglio, infine chiuderanno la rassegna Francesca Grisenti, Eva Martucci e Massimo Donati in LE SORELLE PROSCIUTTI. I temi affrontati saranno i più diversi: si va dalla comicità sulle nuove tecnologie alla terra dura di Sardegna, da una fiaba noir per bambini e non, ai fatti di storia della Resistenza, fino a riflessioni sul lavoro e la società che cambia.
Nel tradizionale solco del teatro di narrazione SOTTOPELLE si affida solo ad una sedia nella scena vuota e alla bravura di Giulia Vannozzi che per un’ora catalizza l’attenzione del pubblico stando semplicemente seduta a raccontare una storia, scritta dalla stessa attrice grazie alla cura e l’amore di Francesco Niccolini, con ironia, ritmo, comicità, intelligenza, una storia carica di luoghi comuni da sfatare, paure da esorcizzare e riflessioni affatto banali.
Giulia Vannozzi ci racconta la storia di Isa: una come tante altre, una in cui le donne e gli uomini del pubblico si identificano. Isa è sposa, madre, lavoratrice, le sue giornate sono l’emblema delle giornate ordinarie: la tipica vita fatta a forma di scala, dove ad ogni gradino acquisisci un punto in più di responsabilità, tutto ciò che ci insegnano per diventare adulti: gli ideali giovanili di cambiare il mondo lasciano spazio al matrimonio, ai figli, ad un lavoro senza soddisfazioni e alla banalità. Ma quand’è la giornata nazionale delle giornate normali? si chiede Isa, quella in cui si esprime collettivamente cordoglio per le vittime della vita comune, per le vite come quella di Isa Benelli.
Lo scorrere quotidiano della noia, tra code in macchina, interminabili noiose partite di calcetto del figlio e litigate con i clienti ottusi della sua ditta di cialde di caffè equosolidali, piccolo residuo di un passato rivoluzionario, viene scosso da un fulmine che scardina il sistema dell’ordinarietà: Victor, giovane siriano color cappuccino, conosciuto ad una cena al circolo della Pace. Un diverso, uno straniero, che non rientra nei canoni della vita di tutti i giorni, che viene da lontano per farla sentire finalmente giovane, intelligente, allegra, sensuale e soddisfatta. Victor è la sintesi dei desideri di Isa, ovvero di tutte le donne presenti in sala. Con una scrittura che ben alterna momenti cinici e comicità, fantasie e situazioni reali, cariche di verità, con una recitazione che dosa velocità e pause, Giulia Vannozzi riesce a farci sentire Isa: Isa nella sala del Circolo della Pace davanti a Victor, bello bello bello, il miglior insieme di atomi meglio appiccicati che avesse visto, mentre sudata, con la crocchia lo ammira senza parole; ci fa vedere l’amica di università Gabri, detta anche Porchetta, quella che non è mai cresciuta, che è rimasta ottimista ed entusiasta della vita, ma che in fondo raccoglie tutta l’invidia di Isa; ci fa sentire al telefono con il Sig. Ignesti che preferisce la multinazionale Nespresso alle sue calde biodegradabili ed infinitamente più etiche, mentre vediamo nello specchietto retrovisore dell’auto i figli che si stanno strozzando a vicenda che a confronto Caino e Abele avevano solo divergenze di vedute.
Il meccanismo di identificazione diventa indispendabile per SOTTOPELLE, quando la vita di Isa cambia e diventa angoscia: dopo la partenza di Victor e dopo i loro molti incontri sessuali, Isa si scopre la pelle coperta di macchie rosse, e la invade il sospetto dell’Aids. Certo ipotesi plausibile: Victor è lontano dall’immagine di uomo perbene, lui è straniero, immigrato, nero quindi plausibilmente malato. In fondo è il messaggio che quotidianamente entra nelle nostre case tramite i mass media: sono diversi, sono pericolosi, portano malattie. Cosa c’è di più semplice che fare l’equazione.
Il senso di colpa l’attanaglia e resta spazio solo per un panico paralizzante, un’anticamera della morte, senza possibilità di uscita, inquietante e colpevolizzante. Il timore di aver contratto qualcosa di così deplorevole come l’Hiv dal punto di vista sociale carica di senso di colpa e vergogna la malattia stessa, costruisce immagini di una futura vita in frantumi sotto il peso del giudizio morale, agita lo spettro della morte, pur sapendo che oggi ci sono cure che bloccano l’avanzamento del virus.
Giulia Vannozzi, dimostrando maestria e ironia, tocca con disinvoltura e delicatezza il sesso e la malattia, trattando anche temi largamente discussi in ambito medico, con competenza, usando il pretesto di una chat on line in cui Isa scambia opinioni, paure, domande sciocche ma comuni, con cucciolinapositiva79, almodovar2014, perplesso74. Ci racconta il travaglio del dubbio di una donna nella cui vita ordinaria ci siamo identificati tutti e non possiamo fare a meno di seguire la sua paranoia morbosa che sembra infinita, che la rende inattiva e impotente, che non la fa andare a fare il test, la cosa più normale e sensata, che le fa dare sfogo ad ogni pregiudizio e disinformazione sull’argomento. Presente nel foyer del teatro la LILA Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids con i propri depliant informativi.
Con coraggio SOTTOPELLE tratta l’Hiv come una sindrome che riguarda non soltanto gli omosessuali, i drogati e gli emarginati della società, ma anche le donne eterosessuali con una regolare vita sessuale, le persone normali, noi: non ci sono persone a rischio, ma comportamenti a rischio. Apparteniamo ad una generazione che ha visto sparire l’argomento Aids dai dibattiti pubblici: dopo gli spot in tv e le campagne di Lupo Alberto nelle scuole degli anni ’90 sembra oggi una malattia che (falsamente) non esiste più. In fondo quello che ha fatto davvero il botto è il diabete, non l’Aids! Una società sempre più frustrata e bieca ha bisogno di puntare il dito ed ergersi a giudice divino. Giulia Vannozzi ci accompagna in questo viaggio nei blog dei sieropositivi, fatto di persone assolutamente normali, facendoci capire che poi in fondo le vere paure e i giudizi che fanno più male non nascono dall’esterno ma sottopelle.
Info:
SOTTOPELLE
di e con Giulia Vannozzi
con la cura e l’amore di Francesco Niccolini
Collettivo Teatrale Informale
credits foto Sottopelle di Isabella Ghiddi, la prima foto è la locandina della rassegna
Teatro Comunale di Antella, Firenze
5 aprile 2018