Fino al 22 gennaio al Teatro Metastasio a Prato, Smith & Wesson, spettacolo che gode dello stesso fortunato sodalizio di Novecento tra lo scrittore Alessandro Baricco e il regista Gabriele Vacis. In scena due ottimi interpreti: Natalino Balasso, nel ruolo di Smith e Fausto Russo Alesi, nel ruolo di Wesson. Prosegue la tournée a Milano al Teatro Elfo Puccini dal 26 gennaio al 5 febbraio.
21 giugno 1902, Cascate del Niagara. In questo luogo non accade nulla di interessante, è meta turistica per Lune di Miele o, al massimo, disperato trampolino di lancio per aspiranti suicidi. Nel solstizio d’estate un grottesco gruppo di disperati decide di dare vita ad un’impresa folle: la giovane giornalista Rachel (interpretata da Camilla Nigro) si getterà dalle cascate dentro ad una botte a tenuta stagna, nella speranza di sopravvivere e poter raccontare l’evento per il suo giornale. Questa la geniale idea che le cambierà la vita, essere la prima a restare viva dopo il salto dalle cascate. “Le cascate sono come un teatro” dice Wesson, per questo la gente viene qui. Rachel per la sua teatrale impresa si fa aiutare da Smith e Wesson, ovvero Tom e Jerry (nomi di battesimo), non i fabbricanti americani di armi, ma una coppia di poveri diavoli. Smith, perfettamente interpretato da Natalino Balasso, è un sedicente metereologo un po’ geniale un po’ imbranato, che appunta su un taccuino i ricordi della gente, per poter prevedere le future condizioni meteorologiche. Wesson, interpretato da Fausto Russo Alesi, allievo di Vacis, è un pescatore, ma non di pesci, di uomini, che conosce il fiume meglio delle sue mutande e raccoglie i cadaveri di quelli che decidono di farla finita buttandosi giù. L’impresa è finanziata dalla Signora Higgins (Mariella Fabbris), che compare solo nell’epilogo della storia per raccontare al pubblico come è andata a finire.
L’uomo ha bisogno di emergere, di sollevarsi dalla propria miseria, e questo luogo di morte e di vita ha le caratteristiche perfette per portare in superficie questo tema: Quello che voglio è essere me stesso. Capisce cosa voglio dire? Dice Wesson a Rachel Certo, E’ quello che vogliamo tutti, signor Wesson, Esistere. Dal fondo delle cascate emerge la vita, dall’abisso affiora la possibilità di non soccombere nei gorghi delle correnti, ma di Resistere per Esistere, per essere se stessi, cosa tanto semplice quanto complessa.
La trama è intessuta della struttura del romanzo, base della sceneggiatura, costruita in modo quasi cinematografico: va in scena la poesia della parola di Baricco, tutto lo spettacolo è una prosa elegante e ben orchestrata, soprattutto nei dialoghi tra Smith e Wesson, coppia di personaggi particolarmente riusciti, adorabili, spiritosi, intelligenti, intensi.
L’autore si identifica in Tom Smith, uomo colto, dalle idee geniali, che parla un linguaggio forbito, “le parole sono piccole macchine perfettamente funzionanti” dice “bisogna usarle con sapienza”, ma non svela perché si sia recato alle Cascate, forse per sfuggire a chi lo cerca per truffa, forse anche lui per gettarsi di sotto, ma poi non ne ha trovato il coraggio. Finirà per fare lo scrittore, quello a cui la ragazza chiede di raccontare la sua storia. È un personaggio che ispira simpatia nel pubblico, per la sua precisione maniacale e ridicola, per la relazione di amicizia sincera e divertita con Wesson, per gli improvvisi attacchi d’ira, a causa, confida, di un padre severo, per la delicatezza e l’attenzione con Rachel nel metterle un carillon dentro la botte che progetta.
Wesson è un personaggio più rude, un pescatore, un uomo solo, un lupo di mare (anche se qui si tratta di un fiume) che funziona perfettamente da alter ego dell’amico, anche lui con un padre ingombrante, un eroe che gli uomini li ritrovava vivi giù dalle cascate, che ha costruito le mappe del fiume, da cui ha imparato tutto ciò che sa.
La coppia è a tratti comica, riesce a coinvolgere il pubblico nei dialoghi, nei giochi che propone, all’inizio, ad esempio, giocano come bambini mimando con le mani le pistole Smith & Wesson, si rincorrono sul palco, scherzano sui loro nomi Tom & Jerry. I due attori trovano una dinamica divertente in cui includono il pubblico nelle esplosioni d’ira improvvisa di Smith, comiche perchè fuori luogo, essendo di solito un uomo pacato, compìto, puntuale, “liscio” come lo definisce Wesson.
È meno riuscito il personaggio di Rachel, che risulta soprattutto funzionale alla trama, ma non riesce ad essere coinvolgente e interessante. La signora Higgins ha un ruolo nella storia ma è solo evocata fino al suo monologo nell’epilogo.
Lo spettacolo gode della sapiente regia di Vacis, che, nonostante la complessità della trama e la prosa classica di cui è impregnata, riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore, crea abbastanza azione sulla scena, definisce in poche scene i personaggi (in particolare per i due protagonisti maschili). Sicuramente ben riuscite le trovate tecniche dello spettacolo di Roberto Tarasco (scenofonia, luminismi, stile). Sulla scena aperta già ad ingresso pubblico padroneggia un cubo metallico, una struttura praticabile centrale, con pareti di tela removibili, che trasforma la propria natura in base alle esigenze della trama: da essere la casa di Wesson diventa le pendici delle cascate, alzandosi in aria appesa ad un cavo, su cui si arrampicano i due personaggi, fino ad essere il prototipo della botte per l’impresa della ragazza, e diventare poi la stessa botte in cui la giornalista è appesa, alzandola in aria e facendola roteare come nelle cascate. Ottimo anche l’uso di tutti gli aspetti tecnici: dalle luci ai colori, il fondale retroilluminato, a suggerire il tramonto o la luce della luna sulla sponda del fiume, fino al pavimento ricoperto di un telo riflettente come l’acqua. Infine, il momento del salto, è degno di un illusionista, il rumore dell’acqua che scorre, le luci accecanti, il pubblico è coinvolto abbattendo la quarta parete, e la sala è invasa da un telo leggero sulle teste degli spettatori, a suggerire e la sensazione di essere ricoperti dai vortici della cascata.
Il senso dello spettacolo è affidato al monologo finale di Mariella Fabbris: un inno alla vita, alla capacità di resistere e di esistere nonostante le miserie, le difficoltà, le paure; un pensiero a tutto ciò che si può perdere con la morte, tutto ciò che non si può realizzare; un invito a godere della pienezza delle sensazioni, a uscire dalla botte: “Tanti saltano per sentirsi davvero vivi, ma lo fanno chiusi nelle loro paure, chiusi dentro la botte, dove si è soli, e si fa fatica a respirare. Non c’è nulla che si possa fare: già si è fortunati se qualcuno ha avuto per noi l’attenzione di mettere una piccola musica, là dentro; o se capita di avere un amico ad aspettarci ad un’ansa del fiume per riportarci a casa.”
Fino al 22 gennaio 2017 al Teatro Metastasio, Prato
SMITH & WESSON
di Alessandro Baricco
personaggi e interpreti
Smith Natalino Balasso
Wesson Fausto Russo Alesi
Rachel Camilla Nigro
La Signora Higgins Mariella Fabbris
regia GABRIELE VACIS
scenofonia, luminismi, stile Roberto Tarasco
costumi Federica De Bona
video Indyca / Michele Fornasero
produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale