SKIANTO atto unico di Filippo Timi, ha inondato di visionarietà e feroce tenerezza il Teatro Niccolini di Firenze dal 14 al 19 gennaio, portandoci nel canto e nell’urlo di una prigionia vinta a colpi di avatar.
a cura di Chiara Guarducci e Alice Capozza
Davanti ai nostri occhi lo scenario di una palestra immersa in un’atmosfera onirica: cyclette, canestri, carrellate di video musicali, colori cangianti. Una simbolica palestra dell’impossibile per le acrobazie di un disabile che skianta di desideri e nella piena della sua sfrenata immaginazione può diventare ciò che vuole, come Davide Bowie.
Filippo è maschio e femmina, fluttuante, senza età, ma con la purezza disinibita di un’infanzia perenne. S’innamora di un pattinatore sul ghiaccio che vede in tv, si diverte a fantasticare il loro matrimonio, durante il quale mette i pattini a tutti i parenti. E ricorda, ricorda ingigantendo i dettagli più tragicomici: i racconti di sesso ‘estremo’ del nonno, i momenti cruciali di Candy Candy, in una reinvenzione da crepapelle, per poi esibirsi come una diva il cui grazie alla vita spella le mani.
Le ‘torture’ che subisce, senza la colpa di nessuno, sono raccontate con ciclopica e struggente ironia: quando i genitori a ogni compleanno forzano la sua bocca tintinnandogli il cucchiaio sui denti per infilargli l’ennesima torta alle mele che gli fa schifo, quando lo legano al letto, perché non si faccia male. Non controlla le mani che artigliano, pericolose come quelle di Edward di Tim Burton, con la differenza che Filippo le sue creazioni non le può mostrare, il mondo in cui si muove libero più di tutti noi resta invisibile, nascosto dentro questa trappola da cui escono solo grugniti. Ma c’è la Piaf con la Vie en rose, in loop nella sua testa. “Dentro io la cantavo a squarciagola però qualcosa mi doveva uscire anche fuori, ogni volta che cantavo mamma mi portava in bagno”. Su questa canzone e su un’altra della fragile fortissima diva – No, rien de rien – sono i soli due momenti dello spettacolo in cui si svela il suo corpo reale ‘rotto’ curvato su gesti ripetuti e trasformato poeticamente in una danza.
Timi scoperchia tabù, ipocrisie, rimozioni, ci sbatte continuamente in faccia la morte e la fame d’amore, tirandoci dentro l’ottovolante dei sentimenti più contraddittori. “Siamo perline che luccicano di dolore”.
La scena culminante è il suo passaggio da centauro, visione di magnifica e perturbante diversità, a eroe della rabbia fino a titano della tragedia. Si scaglia contro Dio: “di chi è il sangue di quel meraviglioso acrobata del cielo? È nostro”. Quindi rivolge la preghiera alla Fatina di Pinocchio: “fammi la magia”. Le pennine! Dell’elettrocardiogramma, dell’encefalogramma avranno scritto qualcosa? Sentimenti, pensieri? No, su quei fogli ci sono solo scarabocchi.
La sua è la nostra disabilità. La sofferenza sta nel rimanersi estranei, esterni, isolati, chiusi in una scatola. Nessuno escluso. L’estremo di questa creatura che vuole ma non può in nessun modo offrirsi, corrisponde alla nostra anima più profonda, costretta e pulsante, segreta e segregata.
“Dentro un cuore in fiamme non ci si arrampica con gli stivali ma con le lacrime”. È straordinaria l’asprezza poetica di questo monologo dal basso, materico di umori, in dialetto umbro, forte di un linguaggio che a tratti ricorda Testori. È una lingua sconcia di verità, pregna di opposti, sconcia come la vita che è inzuppata di letame e sogni. Una drammaturgia audace, esplosiva, dotata di una freschezza pop.
Il suo, nostro alter ego, insiste a cercare l’infinito attraverso le icone anni ottanta, tra cui la prediletta Whitney Houston per liberarsi sul finale nella star delle star: una drag queen. “Prova a mettere i pattini a una stanzuccia grigia”. Timi ci è riuscito alla grande. A suo fianco il bravo Salvatore Langella. Questo spettacolo ha la forza di un subbuglio. Scrosci di applausi.
SKIANTO
uno spettacolo di Filippo Timi
con Filippo Timi e con Salvatore Langella
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
si ringraziano Lawrence Steele e Francesco Risso
canzoni Filippo Timi e Salvatore Langella
assistente alla regia Daniele Menghini
Produzione Teatro Franco Parenti
Teatro Niccolini, Firenze
14 gennaio 2020