Shylock – “Io non sono come voi”@Teatro Litta, Milano

Nella suggestiva Sala La Cavallerizza – ricavata dalle antiche scuderie di Palazzo Litta (uno dei più importanti esempi di barocchetto lombardo) dove si trova l’omonimo Teatro, il più antico ancora in attività a Milano – il giovane regista Alberto Oliva (Milano, 1984) presenta in prima nazionale, sulla scia del percorso di rilettura dei classici avviato da ‘I Demoni’ (Associazione Culturale, nata nel 2011 per opera del regista Alberto Oliva e dell’attore Mino Manni), Shylock – “Io non sono come voi”, il primo capitolo di una trilogia dedicata al potere e al suo abuso pubblico e privato.

Protagonista della singolare pièce un eccellente Mino Manni, attore eletto dal regista per tutti i suoi lavori, che indossati i panni dell’infelice Shylock si appresta a partire da una melanconica Venezia -esemplificata da quella che si può immaginare essere una calle deserta e solitaria come l’anima del protagonista – in cui è stato condannato per quella ‘questioncella’ della libbra di carne. Due valigie meste come lui lo vedono in procinto di partire, ma la nostalgia e l’orgoglio lo obbligano a fermarsi e riflettere raccontando a se stesso la sua storia. 
Un monologo intenso, appassionato, dolente, contraddittorio, conflittuale e ambiguo in cui – con la sensazione di essere stato abbandonato da quel Dio con cui ha parlato, si è confidato e affidato – rovescia tutto quello che ha dentro tra cui terribilmente doloroso l’essergli stata sottratta l’amata figlia di cui va disperatamente chiedendo a tutti.

Oliva e Manni nello scrivere il testo della pièce sono dunque partiti dalla fine del Mercante di Venezia, ma è all’interno della storia con la s minuscola e in quella con la S maiuscola che bisogna trovare le radici dell’odio dell’ebreo Shylock contro Antonio, il mercante cristiano che lo ha deriso trattandolo come un reietto tanto da scatenare l’assurda e agghiacciante richiesta di una libbra di carne di Antonio laddove non saldi il prestito nei termini stabiliti e la pervicacia con cui non accetta soluzioni alternative: non solo eventuale antisemitismo del Bardo o apprezzamento o disapprovazione delle azioni di Shylock, ma reazione di un animo umiliato, sprezzato e deriso che nel momento dell’espulsione da Venezia acuisce il suo rancore ancorché esplicitato nell’accusa al Dio cieco verso gli uomini fino a trasformarsi in terrorista… 
Ma non è forse vero che molti Ebrei sono stati tali e che non esiste diversità tra un terrorista ebreo e uno musulmano che infatti nella pièce vengono sovrapposti.

È vero che la non gestione dei problemi li acuisce e odio razziale, vendetta, emigrazione e identità religiosa costituiscono problematiche di scottante attualità divenendo mine vaganti in quanto le vittime si trasformano in carnefici in un processo che pare non doversi arrestare.

Lo spettacolo mette molta carne al fuoco e lascia l’amaro di un’umanità che tormentata da secoli di guerre non guarda verso la fiaccola della pace e del rispetto reciproco dimentica che su questa terra siamo tutti in affitto come racconta in modo commovente Padron Dio, straordinaria novella pirandelliana ricca di un’umanità traboccante.

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