Di fronte ad uno spettacolo del genere un ragazzo di 17 anni può restare spiazzato, soprattutto se ha poca esperienza di teatro, se non ha mai letto Pirandello o non ne ha mai visto rappresentare un’opera. Proprio questa la sfida! Superare l’ostacolo di una comprensione non immediata, porsi delle domande, costringersi a superare uno sguardo passivo e abituato a codici comunicativi spesso banali e appiattiti su connessioni elementari e bidimensionali.
Questo l’impatto del bellissimo “Sei. E dunque perché si fa meraviglia di noi?” di Roberto Latini, in scena presso il Teatro Cantiere Florida secondo appuntamento della rassegna Materia Prima prodotta da Murmuris. La rivisitazione provocatoria dei Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello, intensamente interpretato dal bravissimo PierGiuseppe di Tanno, decostruisce l’originale e lo intreccia con l’Amleto di Shakespeare. Si crea così una miscela esplosiva di rimandi, capace, nonostante la sua difficoltà, di tenere il pubblico, composto da tanti giovani, con gli occhi incollati alla scena. Eccone il senso nelle parole dei ragazzi che ne hanno fatto oggetto di riflessione oltre lo spazio dell’evento teatrale, nei giorni a seguire.
Lo spettacolo inizia con l’attore, (già in scena, girato di spalle, all’entrata del pubblico) seduto sopra ad un trespolo, un altro sgabello…no! Un palco ecco, sì un piccolo palco sul palco, sul quale si muove sicuro, sebbene lo spazio angusto evochi incertezza, instabilità, pericolo. L’ambiguità è amplificata dallo stravagante abbigliamento che non può sfuggire allo sguardo del pubblico: l’attore indossa leggins di pelle nera lucida, una canottiera bianca, una maschera bianca come il teschio di uno scheletro, dai lineamenti indefiniti, sembra senza naso, ha solo la bocca libera di esprimere, il tutto completato da smalto argentato alle unghie, un colletto fucsia e i capelli raccolti in un codino azzurro. Recita contemporaneamente tutti i personaggi della commedia pirandelliana, cambiando voce e movenze, lasciando che le diverse identità incarnate ne modifichino movenze e voce, ma spesso si ferma, prende fiato, toglie la maschera, immobile in uno sguardo senza espressione. Ci comunica uno stato emotivo instabile, bruscamente mutevole e una continua frustrazione (sua o dei suoi personaggi?) per l’impossibilità di comprendere dove inizia la verità e dove la menzogna.
Tutto di questa scena minimalista sembra segnare il confine tra finzione e realtà, come se toccasse decidere allo spettatore, sospeso in una dimensione neutra, in quale direzione interpretativa andare. Alice nel paese delle meraviglie commenterebbe “Ciò che non è sarebbe e ciò che è non sarebbe”. Dietro di lui un telo bianco illuminato da una luce soffusa che proviene da dietro, come un fondale teatrale, di cui l’attore rivela la natura posticcia, aggrappandosi ad esso nei momenti di pausa e svelando dietro i congegni e le macchine del teatro: una ventola rumorosa, altri riflettori dalla luce sparata che abbagliano il pubblico; davanti, invece, a separare l’attore dalla platea, un telo trasparente, come una quarta parete invisibile, che, in alcuni momenti, si illumina, creando effetti colorati e diventa schermo su cui scorrono proiettate parole sconnesse, amplificate dal riverbero di un microfono calato dall’alto sul volto dell’attore e dall’incalzare di una musica rock, quasi metal, protagonista inquietante di questi intermezzi estranianti. Bruschi cambi di scena come mondi paralleli, identici e diversi al tempo stesso, che suggeriscono il senso complessivo dello spettacolo: cos’è vero o falso in teatro? E nella realtà? Forse non esiste né vero né falso, ma solo cose e attori legati da una storia.
Quale storia? La trama è incomprensibile se la si ricerca nella veste tradizionale a cui la rappresentazione classica di Pirandello ci ha abituati. Ma da questi frammenti di testo emerge forte un tema, nudo e attuale. La realtà è rappresentazione? “Esse est percipi”? Cosa accomuna la vicenda della bambina annegata nel testo Pirandelliano con la gag clownesca dei goffi becchini di Shakespeare, che ci immergono in un difficile tuffo nella lingua originale di Amleto, davanti alla bara di Ofelia? Entrambe vittime di un clamoroso falso, di un filo sottile tra follia e ragione, tra realtà e rappresentazione eppure “vere” nell’interpretare fino in fondo il loro dramma. E la mente vola alla nostra quotidiana dimensione, bersagliata di immagini, riflessa in schermi che riproducono altri schermi. Ci chiediamo cosa è vero delle immagini rappresentate che vediamo ogni giorno? Che differenza c’è tra una morte reale e una rappresentata? “Una è la verità! L’altra è una finzione?” “Si ma mi commuovo davanti ad entrambe” “Sì ma resto indifferente davanti ad entrambe”. La verità è nelle nostre reazioni a ciò che sembra che accada là fuori? E quindi il senso della storia di ognuno di noi quale è? Nell’urgenza di raccontarla con autenticità, come per i sei personaggi? Sul teatro cala come un blocco di angoscia. Si trattiene il fiato. Con disagio si osserva, nella parte finale dello spettacolo, l’attore spogliarsi e immergersi in una vasca colma di schiuma, (quella in cui annegherà la bambina?) come trasportato e dissolto dalla follia nei tanti personaggi interpretati. E sulle note di Midnight, the Stars and you, scoppia liberatorio un applauso, in cui si mescola l’ammirazione per la bravura e il fascino spiazzante dello spettacolo ed una sorta di sollievo, come se si desiderasse far ritorno ad una parvenza di concretezza della realtà quotidiana.
Del resto si sa: “è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai! (L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore)
SEI. E DUNQUE, PERCHÉ SI FA MERAVIGLIA DI NOI?
da Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello
drammaturgia e regia Roberto Latini
musica e suono Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
assistente alla regia Alessandro Porcu
consulenza tecnica Luca Baldini
collaborazione tecnica Daria Grispino
con PierGiuseppe Di Tanno
produzione Fortebraccio Teatro
con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi
con il contributo di MiBAC, Regione Emilia-Romagna
Teatro Cantiere Florida
14 marzo 2019
Progetto Gufetto Scuola