Il 17 giugno è iniziata l’undicesima edizione di Salerno Letteratura Festival, che proseguirà fino al 24 giugno con un programma fitto di eventi che si terranno nel centro storico della città. Ne abbiamo parlato con uno dei direttori artistici, Paolo Di Paolo, dopo aver seguito il suo intervento della Scuola di lettura.
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Paolo di Paolo: l’esperienza di Salerno Letteratura, una continuità formativa di eventi

Il programma di SL quest’anno è ricchissimo: prevede 160 eventi e 200 ospiti. Ce ne vuoi segnalare qualcuno in particolare?
Penso che una delle cose più importanti al di là dei singoli eventi sia la connessione tra eventi: infatti già dall’anno scorso abbiamo provveduto a contrarre il programma ma bisognerebbe farlo ancora un po’ in modo che l’offerta ne guadagni in intensità e in possibilità di essere seguiti per non polverizzare il pubblico e l’attenzione.
C’è un filo comune?
La priorità è che nel programma ci siano delle piste che lo spettatore individua tra incontro e incontro e che consentono, come nel caso della Scuola di lettura, o dei Lusiadi, o della Sezione classica, di riconoscere che c’è una possibile continuità: chi segue due, tre o quattro incontri di quella sezione è come se avessi fatto un piccolo tirocinio, nello spirito anche del titolo dell’edizione.
Da spettatore a tirocinante, quindi?
Ecco tirocinanti siamo tutti, come pubblico del festival; non è che ci viene dato un diploma alla fine ma idealmente il pubblico non si limita ad assistere a qualcosa di occasionale, anche molto interessante ma effimero, ma crea una continuità che somiglia quasi a un percorso di istruzione. Detta così fa un po’ paura perché sembra pedagogica però non dobbiamo secondo me avere paura della pedagogia: è chiaro che in un tempo come il nostro una sorta di larvato populismo che comunque ci ha un po’ infiltrato temiamo l’idea della pedagogia, ma in realtà metterci nella condizione di alunni a vita è l’unica cosa che ci tiene vivi!
Non si smette quindi imparare, neanche da adulti… ?
Ciò che veramente non fa invecchiare è avere voglia di imparare però è necessario trovare gli interlocutori che incentivino questa ricerca sul campo della letteratura, della filosofia, dell’economia, ecco allora a quel punto degli incontri che sono legati alla promozione dei libri -così come nella natura del festival- si trasformano in qualcosa di autosufficiente che quasi prescinde dalla vendita del libro, che pure è una cosa che uno si augura e vorrebbe incentivare. Quando un ragazzo torna da scuola dopo cinque ore di lezione potrebbe pure avere la testa confusa, come credo l’abbia lo spettatore medio di Salerno letteratura, ma dalla somma di quelle ore si è costruita la propria cultura.

Quando suona l’ultima campanella -e questo De Mauro lo sottolineava spesso- si rischia di smettere di imparare perché le conoscenze scolastiche (erano state fatte negli studi anche molto approfonditi) noi le disperdiamo in pochissimo tempo: cioè quello che noi sappiamo quando usciamo da scuola è incredibilmente di più di quello che sappiamo anche solo cinque anni dopo: ovviamente un patrimonio di conoscenze in qualche modo si opacizza perché non si mette più pratica. Quello di cui ci interessiamo nel corso della vita condiziona, orienta, anche le curiosità, gli interessi e quello che una volta ci appassionava studiare: in quest’ottica il Festival si può proporre come una sorta di terzo neutro nel complesso di un’ idea di istruzione permanente degli adulti, cioè l’idea che anche con un Festival si possa costruire la dimensione della scuola oltre la scuola.
Salerno Letteratura: un festival in crescita
Salerno Letteratura è in un Festival crescita: da cosa parte
Questa undicesima edizione significava fare un bilancio. Questo Festival è nato piccolo volutamente perché l’intuizione di Francesco Durante (primo direttore artistico, ora scomparso, ndr) all’inizio era stata quella di fare un festival di cabotaggio tarato sulla città, quindi sui suoi vicoli, sulle sue strade, sulle sue piazze. Ha vissuto una fase di espansione che è coincisa con la nostra direzione e paradossalmente l’edizione del 2020 è stata come un rilancio che è stata anche decisiva da un punto di vista emotivo proprio dopo il periodo pandemia e dopo la scomparsa di Francesco Durante: due ragioni per cui il rischio che il festival si arenasse c’era ed era molto alto. Ines Mainieri (Direzione organizzativa del Festival, ndr) però è stata molto ostinata a fare un’edizione nel 2020 benché a luglio ed è stata il trampolino per l’edizione 2021 e 2022 che si sono ampliate a una platea nazionale perché credo che anche da un punto di vista di comunicazione il Festival sia piaciuto molto.
e questa edizione 2023 di Salerno Letterature come è stata?
Quest’anno ci sono 200 eventi che danno un senso di solidità, ora si può tornare alla lezione di Durante secondo me: ridurre per puntare sull’intensità e sulla qualità senza creare un contenitore che rischia di diventare bulimico.

Che legame hai con Salerno Letteratura?
Sono stato ospite alla prima edizione del Festival nel 2013, per me è la decima volta quasi consecutiva che vengo a Salerno, credo di aver saltato un’edizione sola. Francesco Durante mi aveva scelto tra i finalisti di Salerno Libro d’ Europa alla prima edizione insieme a due scrittori stranieri, quando ero finalista anche al Premio Strega con lo stesso libro e quindi ho conosciuto questa realtà e ne sono rimasto incantato.
Ricorda il primo anno del Festival?
Il primo anno del Festival i salernitani aprivano le loro case agli artisti ospitandoli a cena in un rapporto molto confidenziale, lo scrittore rimaneva molto colpito da questo che però si può fare in un festival piccolo, come era SL all’inizio. Io ero attonito, era bellissima l’accoglienza, l’attenzione alle persone, questo senso anche di comunità.
Poi Francesco Durante devo dire molto generosamente mi ha affidato nel tempo delle Sezioni per cui ho curato per diversi anni la sezione di narrativa italiana esordienti o comunque scrittori meno conosciuti, scrittori giovani, e ogni anno presentavo degli autori presso il Tempio di Pomona.
Come è arrivato alla Direzione artistica?
Quando Francesco se n’è andato nel 2019, Ines, consapevole della crisi in cui poteva incorrere il Festival, mi chiese di dare una mano, sapendo che con Francesco c’era stato questo legame. Quindi ho avuto la Direzione artistica insieme prima a Gennaro Carillo e Matteo Cavezzali, ora siamo io e Gennaro Carillo. Ecco quindi anche non essendo salernitano in dieci anni in qualche modo ho guadagnato qualche gallone di “salerninità” , come se fosse una vacanza studio di nove giorni ogni anno, quindi ormai mi sembra di muovermi almeno nel centro storico con una certa disinvoltura.
paolo di Paolo, l’uomo, il giornalista, lo scrittore e…?
Hai appena pubblicato “Trovati un lavoro e poi fai lo scrittore” edito da Rizzoli: oltre ad essere scrittore, giornalista, Direttore artistico, in quale ruolo si cimenterà Paolo Di Paolo?

Basta, direi! L’organizzazione culturale è una cosa che mi affascina molto e nello stesso tempo -lo dico pure con grande riconoscenza per chi mi ha dato questa occasione- ti prosciuga anche: ha un limite perché toglie tantissime energie, molte le restituisce perché in serate come queste in cui senti che c’è la gente che è contenta, che ti sostiene però distrae anche tantissimo dalla scrittura: trovare un equilibrio tra organizzazione culturale, lavoro per il giornale, la radio e la scrittura non è facile. Lo dico come un privilegiato intanto perché oggi fare lo scrittore non è solo un problema economico, ma anche un problema civico e civile: uno scrittore deve provare a trasformarsi, a travestirsi, a essere duttile e deve abitare luoghi diversi che non sono soltanto quelli coincidenti coi suoi stessi libri. Quindi uno scrittore che diventa direttore artistico, uno scrittore che diventa narratore orale, uno scrittore che prova il poadcasting, uno scrittore che presidia i giornali per quanto agonizzanti non cambia ruolo, cambia strumento però sta semplicemente continuando questo tipo di rapporto con le parole, con la parola scritta.
Allora come pensi si possa avvicinare una maggiore porzione di pubblico alla parola scritta?
Per il prossimo decennio mi piacerebbe provare a inventare nuovi formati anche di Festival: io credo che rinnovare sia un’azione difficilissima ma decisiva. È vero che il pubblico di SL è largo però attenzione! L’illusione che quello sia tutto il pubblico è dietro l’angolo: si raggiunge sempre solo una porzione di pubblico. E invece, per esempio, perché siamo così poco presenti nella zona del mare? Siamo arroccati quassù che è la parte più bella della città, però laggiù c’è un altro mondo che probabilmente è più impermeabile.
Come arrivare al mare?
La passeggiata teatrale sul corso di sabato scorso dedicata a Mrs Dalloway serviva a coinvolgere persone ed è stato un tentativo di rompere le membrane che separano pezzi di città. Vorrei provare a rompere degli equilibri che in dieci anni abbiamo creato per cercare di raggiungere un mondo che ora non raggiungiamo perché l’organizzazione culturale agisce su un pubblico circoscritto, anche se numeroso, ma c’è sempre una porzione appena fuori che non viene coinvolta.
Come coinvolgere più persone intorno alla prossima edizione di Salerno Letteratura?
Si può usare un ospite per avvicinare del pubblico che non arriverebbe ma non può esserci solo questo espediente: solo rompendo schemi si può crescere non in senso di numero di eventi, meglio ridurli ma decentrandoli perché ormai l’abitudine ha creato fidelizzazione quindi dobbiamo fidelizzare un pubblico ex novo.
Ringraziamo Paolo Di Paolo per la disponibilità a rispondere alle nostre domande e l’organizzazione del Festival, invitando tutti a conoscere e a partecipare alla prossima edizione di Salerno Letteratura a Salerno.
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