Primo spettacolo della rassegna “Il cielo su Torino”, progetto dedicato alle giovani compagnie sostenute da STT, Sistema Teatro Torino, S.o.s Storia di un odissea psicosomatica di Aurelia Dedieu e Giuseppe Vetti, che ne sono rispettivamente autori, interprete e regista, ci porta in un viaggio ironico, giocoso e politicamente scorretto all’interno del nostro corpo, inseguendo la sua stretta relazione con la mente.
La scenografia è interessante e molto funzionale. Una grande piramide in legno, da cui spuntano diversi oggetti, sormontata da un occhio e una mezzaluna in cima. Questa struttura è anche lo sfondo su cui una serie di proiezioni costruiranno via via le ottime ambientazioni e il viaggio vero e proprio dentro il corpo, con una serie di intuizioni visive, citazioni e gag molto buone.
Il pubblico viene chiamato in causa fin da subito: l’introduzione allo spettacolo è una chiacchierata libera dell’attrice con i suoi spettatori, che verranno coinvolti in diversi momenti della performance. Ed ecco, una delle prime note dolenti. Nonostante l’entusiasmo della Dedieu, il suo rapporto con il pubblico e le sue capacità di coinvolgerlo non sono calibrate a dovere. C’è qualche buon momento, ma in generale tra le poltrone serpeggiano molti momenti di imbarazzo, indebolendo e rendendo zoppicante uno degli elementi che dovrebbero sostenere lo spettacolo.
In teoria comico, esilarante, la piece non riesce a far ridere quanto promette. Anche qui, qualche buon momento, qualche buona idea che però non riesce a compiersi fino in fondo.
Aurelia Dedieu si mette in gioco, ironizzando sul proprio fisico, cantando, giocando, eppure la sua performance non riesce a rendere la scena dirompente quanto le idee che sono dietro lo spettacolo richiederebero. Il viaggio e l’incontro con i vari organi, rappresentati con una serie di personaggi/metafora, presentano ancora una volta buone idee monche. Scenette, che spesso non offrono sufficienti chiavi di lettura che permettano di andare oltre la singola gag. Non sarebbe un male se non fosse chiaro fin da subito che lo spettacolo ha la vocazione di voler dire qualcosa, ma quel qualcosa non riesce ad esprimersi mai appieno, come conferma la conclusione che la stessa attrice ci consegna sul finale: un semplice (e un po’ banale) consiglio, indebolito e infragilito da una postilla “se vi va, se volete”.
Quest’ultima piccola scivolata è un po’ la chiave di lettura di tutto lo spettacolo, ricco di spunti e trovate, di grande potenziale insomma, che però non trova la forza o il coraggio di esprimerlo fino in fondo, cadendo nella banalizzazione di alcuni passaggi che avrebbero invece potuto guadagnare di senso, dando al tutto un sapore in qualche modo incompiuto, sicuramente acerbo.
Prossimamente per la rassegna IL CIELO SU TORINO
VARIAZIONI SULLA LIBELLULA – Compagnia Lanavesandri (11 – 12 gennaio, prima nazionale);
EDITH con Chiara Cardea e Elena Serra (14 – 15 gennaio, prima nazionale).