Sarà in scena al Teatro Argentina dal 14 marzo al 2 aprile, Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller con la traduzione di Masolino D’Amico, regia Massimo Popolizio. Su un palco che diventa un non luogo della memoria, va in scena il dramma di un uomo che, preso in un gorgo confuso e ineluttabile, disegna un cammino dritto e senza scampo verso la sua stessa morte.
UNO SGUARDO DAL PONTE: genesi di un’opera

Arthur Miller scrive Uno sguardo dal ponte nel 1955, all’inizio un atto unico, ma nel 1956 compare la versione che conosciamo in due atti, che debutta nello stesso anno a Londra.
Questa premessa è necessaria per capire come l’autore abbia lavorato su questa materia drammaturgica: Miller prende spunto, diciamo così, da un fatto di cronaca avvenuto realmente nella Brooklyn degli emigrati italiani, un fatto che in qualche modo si deposita nella sua coscienza e che lì lavora, diventando poi Uno sguardo dal ponte. Facile quindi capire che il ponte del titolo è proprio il celebre ponte di Brooklyn che unisce due realtà opposte, quella di Manhattan, coi suoi lustrini e le sue ricchezze, e quella di Brooklyn, con la fatica del vivere e i sacrifici.
“Se questa storia era accaduta, se non avevo potuto dimenticarla in tanti anni – ricorda Miller -, essa doveva avere per me un qualche significato, e potevo scrivere ciò che era accaduto, e perché era accaduto; e del significato che aveva per me, descrivere quel tanto di cui mi rendevo conto”: il significato, ecco su cosa verte tutta l’opera, il significato non solo dell’azione umana, ma soprattutto delle passioni così potenti da distruggere un uomo e il suo intero mondo.
la trama

Eddie Carbone ha sempre lavorato al porto e, così, ha potuto mantenere sua moglie Beatrice e la sua figliastra, Catherine, che studia per diventare stenografa. A sconvolgere questi equilibri, arrivano i due cugini di Beatrice, Marco e Rudy, due immigrati clandestini che si nascondono in casa di Eddie e che, come molti altri, cercano fortuna negli Stati Uniti. Rudy e Catherine si invaghiscono, passano molto tempo insieme, troppo per Eddie che, in balia dell’affetto per la sua figliastra, entra in un vortice che lo confonde e lo porta sull’abisso. Compie scelte sempre più crudeli, fino a denunciare i due all’Ufficio Immigrazione. In questo modo, segna la sua morte: Marco, che in America riesce a lavorare e mandare i soldi a casa per la moglie e i suoi tre figli, esce su libertà condizionale e corre a vendicarsi. Eddie muore, non ha scampo, il suo destino si è compiuto.
UNO SGUARDO DAL PONTE: la messa in scena

Il palco del teatro Argentina ha pochissimi elementi scenici: poca mobilia, grigia, a indicare la semplicità dell’ambiente, sul fondo una serie di cassoni che ricordano i carichi delle navi che attraccano e partono dal porto e in alto una struttura simile al braccio di una gru, che ricorda la struttura del ponte di Brooklyn. È un ambiente spoglio, misero, che si muove nel fluire delle scene, un’idea funzionale ed efficace quella di Marco Rossi, autore delle scene.
Su questa scatola scenica così apparentemente nuda si staglia il disegno luci di Gianni Pollini, che si delinea come personaggio parlante a tutti gli effetti: l’alternanza di luci fredde a luci calde, di tagli e speciali, nonché l’uso magistrale del controluce immerge tutta la messa in scena in un sapore riflessivo e malinconico, con momenti di poesia pura e semplice.
Quello che abbiamo di fronte sembra essere quindi un meccanismo scenico studiato nel dettaglio, un orologio perfetto che scandisce con regolarità e ineluttabilità il count down verso la morte del protagonista. È un gioco scenico chiaro e compatto: i novanta minuti scorrono veloci e senza sosta, un’unica cavalcata che ripercorre ogni momento di questa discesa impietosa nel precipizio di paura, angoscia e tormento che accomuna tutti i personaggi in scena.
a ognuno il suo dramma

C’è nei personaggi che Miller delinea una qualche forma di tragicità classica: se Eddie continua a essere il bersaglio dell’attenzione del pubblico, perché è sua la catastrofe principale, non possiamo ignorare tutti gli altri che si muovono con e intorno a lui. Beatrice è la moglie che vede in qualche modo quello che accade e cerca di riprendersi il suo uomo, senza riuscirci. Catherine è una giovane piena di vita, che ricambia l’attaccamento di Eddie e non ingenuamente, come sembrerebbe a prima vista. Marco è il lavoratore per eccellenza, rappresenta con chiarezza il desiderio di riscatto di un intero popolo che non ha speranza in casa propria. Rodolfo, Rudy, il biondo, quello che Eddie definisce il non regolare, è un giovane pieno di gioia e di esuberanza, incolpevole eppure così fastidiosamente ingenuo.
Arthur Miller delinea personaggi il cui destino è inequivocabile, c’è un fato cui nessuno di loro può opporsi. Massimo Popolizio, con la sua regia, rende tutto questo palpabile e il cast in scena lo supporta pienamente.
Attraverso una recitazione puntuale, equilibrata fra momenti di leggerezza e momenti più che drammatici, si delinea un quadro molto netto: i Carbone, il nucleo di cui fanno parte, è un atomo chiuso nelle sue regole, quasi ossessionato da una tradizione sanguigna e terrena. Su queste regole si staglia la passione che Eddie prova per la sua figliastra che va al di là di un semplice affetto paterno. A questo atomo così indivisibile e votato alla catastrofe si contrappone la legge, nelle fattezze dell’Avvocato Alfieri che fa da narratore per il pubblico ma che ha soprattutto il compito di impersonare quanto di più distante ci sia da questa realtà: la società americana sembra incurante e incapace di capire, vedere e accettare che esista al suo interno un elemento di rottura come quello rappresentato dai Carbone.
UNO SGUARDO DAL PONTE: ne vale ancora la pena?

Se riflettiamo con attenzione, sembra essere proprio questo l’elemento centrale di tutta l’opera: c’è un mondo che ha le sue regole e che non vuole accettare al suo interno quelle cellule che non le rispettano. Ecco dove sta forse la grande attualità di questo testo. L’emigrazione è un fenomeno umano che riguarda tutti, oggi più che mai è un argomento di attualità estrema e urgente.
A essa si lega un tema ancestrale, la lotta per la sopravvivenza: uomini e donne che cercano di vivere e che cercano altrove una possibilità. Sul fondo, un mondo dove lo straniero è spesso visto come pericoloso, come possibile elemento di rottura di equilibri e privilegi.
Eddie Carbone sembra averla trovata, la sua possibilità, in quegli Stati Uniti che lo hanno accettato ma confinato in un mondo di fatica. Eddie però ha addosso qualcosa che lo rende unico, diverso e che esplode nella passione per la figliastra. La catena di vendette che Miller stesso definì illogica e perfetta è l’apoteosi di una diversità antieroica potente che deve essere riportata per forza sotto lo sguardo di una ragione dominatrice: “in genere ormai da noi si osserva la legge, nessuno si fa più giustizia da sé … pur conoscendo i torti che aveva quest’uomo … c’era in lui qualcosa di puro, non perché fosse buono, ma perché fu se stesso, e come tale si rivela agli altri quanti di noi lo farebbero? … d’altra parte, le leggi esistono e bisogna osservarle”, così afferma l’Avvocato Alfieri e così termina quest’opera. La legge non ha sufficiente capacità di comprendere, così come la società si sente schiacciata di fronte a questa storia primordiale, atterrita da un mostruoso che evita ma che le cammina a fianco costantemente.
Basterebbe forse lanciare uno sguardo al di là del ponte per uscire da questo destino ineluttabile.
Visto il 14 marzo 2023
Teatro Argentina
14 marzo – 2 aprile 2023
Uno sguardo dal ponte
di ARTHUR MILLER
traduzione Masolino D’Amico
regia Massimo Popolizio
con
Massimo Popolizio – Eddie Carbone
Valentina Sperlì – Beatrice Carbone
Michele Nani – Avvocato Alfieri
Raffaele Esposito – Marco
Lorenzo Grilli – Rodolfo
Gaja Masciale – Catherine
Felice Montervino – Tony
Marco Mavaracchio – I Agente
Gabriele Brunelli – II Agente
Marco Parlà – Louis
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Gianni Pollini
suonoAlessandro Saviozzi
Produzione Compagnia Umberto Orsini//Teatro di Roma – Teatro Nazionale//Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale