Al Teatro Vittoria sul finire di giornata si accendono le luci della ribalta a dare visibilità al romanzo di Leonardo Sciascia “Una storia semplice” ridotto e diretto da Giovanni Anfuso. Arrivano echi di un Teatro dell’assurdo ma solo perché si rifugge più volte dalla ricerca della verità. Sembra si abbandoni la logica. Ce ne già una di verità e sembra l’unica credibile e accettabile per la minuscola e composita comunità . Lo spettacolo ha debuttato il 21 marzo e rimarrà in scena fino al 26 marzo.

UNA STORIA SEMPLICE: RELATIVISMO CONOSCITIVO
La luce si è ormai arresa. Il Vittoria, è in quel 21 di marzo carico di preparativi per la prima, ci sembra una luce pari a quella di un faro in quell’ultimo scampolo di giornata. Qualcuno è indaffarato a comprare qualcosa da mettere sul fuoco prima che l’alimentari accanto chiuda la serranda ferrosa altrettanto frettolosamente. Adiacente, ma a un ritmo lento e inesorabile, si infittisce il popolo del Teatro. C’è una siepe di spettatori armati di biglietto e giusta dose di curiosità per la riduzione teatrale del romanzo di Leonardo Sciascia “Una storia semplice”. Un romanzo breve e recente (1989). È un ultimo Sciascia, difatti morirà lo stesso anno a Palermo. Si avverte quasi una stanchezza (non rassegnazione) dell’autore di Racalmuto a nominare la parola “Mafia”. Lo scrittore de “Il giorno della Civetta” ha speso tutta una vita a sciorinare le fitte e inestricabili contraddizioni della sua Sicilia. Terra di spine come quei verdi fichi d’India che ti salutano tra Scilli e Cariddi. Sciascia confida in maniera estenuante nella giustizia per quanto ne rimanesse perennemente deluso. Il suo pensiero trasfuso nelle sue opere, e dunque anche qui, è quello del Relativismo conoscitivo che fu già degli antichi presocratici: i primi pensatori greci. Siamo in un periodo antecedente a Platone o Socrate. In questa filosofia, recepita e applicata anche da Pirandello (che l’autore nomina nel romanzo) si pone l’uomo come Misura di tutte le cose. Si rifiuta ogni elemento oggettivo. E da qui la profonda delusione del drammaturgo che sino alla fine dei suoi giorni si fida dell’uomo come risolutore. È l’uomo stesso che può e deve liberarsi da certe ataviche questioni e rendere verità e giustizia ai fatti in attesa. Sospesi.
UNA STORIA SEMPLICE: BUGIE VERE
La storia di Sciascia si muove intorno alla coriacea convinzione che i fatti accaduti sono altri. Una villa è camuffata in Masseria. Un omicidio vuole sembrare un suicidio. Non c’è volontà di indagare. Sembra tutto dentro un’ovvietà che è antitesi della ricerca, investigazione, giustizia. Nella sinossi si esordisce con l’incongruenza sussurrata dal titolo. Quella Storia è tutt’altro che semplice. Si ingarbuglia come una matassa di fili. Mi piace, tuttavia, pensare che Sciascia abbia invece scelto quel titolo per un altro motivo sempre figlio di quella sua insaziata sete di chiarezza. Verità. Raziocinio. Mi sembra l’ennesima denuncia alla Mafia che non nomina (a differenza di altri lavori). Il drammaturgo riconosce un’abilità formidabile alla Mafia e alla comunità tutta che vi aderisce (attivamente o passivamente), di mistificare ad arte la realtà. Occultarla sotto mentite spoglie. Dunque: far apparire semplice una questione che è assai complicata. Un omicidio è molto più complesso di un suicidio perché ci sono altri soggetti coinvolti, ragioni, interessi.
CERTI ECHI ASSURDI
La regia di Giovanni Anfuso dà al racconto un ritmo dinamico che mi pare abbia dentro un’eco di certe tecniche usate nel Teatro dell’assurdo. Mi sembra così quando sento certe note alte e volutamente stridule nei personaggi. Sembrano volersi staccare ed estraniare dalla realtà o verità dei fatti. Quando rigettano la logica che è regola necessaria di chi ha il dovere o almeno il compito di indagare. È un paradosso che il regista accentua dando ai personaggi questo tono assurdo.
GIUSEPPE PAMBIERI: SUBLIME RACCORDO NARRATIVO

Anfuso oltre a curare la regia si occupa anche della riduzione teatrale del romanzo. È naturalmente un’operazione pericolosa, delicata, come disinnescare una bomba che rischia d’esplodere tra le mani. Altri ci hanno già provato. Il romanzo finì anche sul tavolo di Volontè che interpretò il professor Franzò per il cinema. Per una precisa scelta, per rispetto, per timore o tutte e tre: Anfuso conserva molto del testo originario di uno dei più grandi pensatori del ‘900 e lo fa dire a un attore di razza come Giuseppe Pambieri o ai personaggi a turno coinvolti in scena. Il testo passa di bocca in bocca come fogli sparsi di romanzo. Oltre la costante narrazione super partes di Pambieri, quindi, i personaggi stessi parlano di sé in terza persona. Naturalmente ci sono i dialoghi. Ci sono vari piani di racconto: mentre il narratore consuma la sua bevanda calda, dietro il grande velatino, si dipana la scena del sopralluogo nella villa a due piani dove è avvenuto il delitto. Tutti visibili insieme. Omicidio o suicidio, non importa: è pur sempre un delitto che una vita venga a mancare. Imperversano personaggi veri o verosimili. Veri, goffi o goffissimi. È la rappresentazione espressa del Caos tanto caro agli scrittori siciliani. È in quel brusio caotico che la bugia può adattarsi, attecchire come un virulento virus letale per la verità.
UNA STORIA SEMPLICE – INFO E CAST
Teatro Vittoria
Dal 21 al 26 marzo 2023
di Leonardo Sciascia
regia e adattamento
Giovanni Anfuso
con
Giuseppe Pambieri, Paolo Giovannucci e Stefano Messina
e con
Davide Sbrogiò, Liliana Randi, Carlo Lizzani, Geppi Di Stasio,
Marcello Montalto, Luigi Nicotra e Giovanni Carpani
scene Alessandro Chiti – costumi Isabella Rizza
musiche Paolo Daniele – disegno luci Pietro Sperduti
aiuto regia Matteo Munari – assistente regia Lucia Rotondo
Co-Produzione Attori & Tecnici e Teatro Stabile di Catania