LA TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA @Teatro Basilica: morire, dormire o forse…

Fino al 15 ottobre il Teatro Basilica di Roma ha ospitato lo spettacolo “LA TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA”, una versione teatralizzata dell’omonimo saggio di Raffaele Alberto Ventura (Minimum Fax) riadattato da Sonia Antinori.

Lo spettacolo, diretto da Giacomo Lilliù ed interpretato dallo stesso Giacomo con Matteo Principi, è prodotto da Malte & Collettivo Ønar / Marche Teatro.

Uno spettacolo distintamente arguto, critico e pungente, che si concentra più sull’interpretazione del testo saggistico di partenza che sulla definizione di personaggi lasciando, al contempo, molti interrogativi al pubblico che fanno parte di quella classe disagiata così abilmente descritta sulla scena con scarsi artifizi scenici.

Al Teatro Basilica la storia personalissima di una CLASSE DISAGIATA

la teoria della classe disagiata- Foto di Simone Galli per TeatroBasilica

L’accogliente Teatro Basilica, uno dei più suggestivi teatri di Roma, ci ospita per più di un’ora all’interno di una delle più belle basiliche romane per ascoltare ed osservare una storia personale, personalissima che ci vede coinvolti tutti, indistintamente, come Società, come vittime e come carnefici di scelte macroeconomiche, politiche e sociali inefficaci, di un cortocircuito ininterrotto da secoli di spinte verso il basso, verso la Crisi economica e sociale, un disfacimento valoriale che si alimenta dalla stessa Società, come un cane che si mangia la coda.

LA TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA. A quale classe ci si riferisce?

Raffaele Alberto Ventura prende in analisi le dinamiche sociologiche, politiche, economiche, psicologiche ed organicistiche della nostra società che hanno condotto la storia al susseguirsi di eventi che conosciamo, eventi che sono la causa e l’effetto di quella che è la nostra vita oggi. Una vita pregna di nodi, contraddizioni, disagi e ossimori parafrasali.

La CLASSE di cui Giacomo Lilliù e Matteo Principi si fanno portavoce è la nostra. La classe che vive il disagio.

Il disagio della CLASSE DISAGIATA di Giacomo Lilliù

Ma che cosa significa disagio?

Il vocabolario cita: “Condizione o situazione sgradevole per motivi morali, economici, di salute”.

A pensarci bene basta poco ad ognuno di noi per individuare quali sono i disagi nella vita quotidiana che ognuno di noi vive.

Giacomo Lilliù, il regista e attore, lo fa presentandoci su dei grandi teli bianchi l’immagine del Dodo, emblema metaforico della borghesia decaduta.

Parte da lì un viaggio, uno spettacolo diviso in tre macro-sezioni che attraversano la storia in tutte le sue controversie con giochi e figure reali quanto metaforiche e soprattutto con l’ausilio di una dose di improvvisazione dovuta al contatto diretto con il pubblico.

Tre quadri per spiegare la TEORIA DELLa CLASSE DISAGIATA

Si tratta, dunque, di uno spettacolo diviso in tre frazioni: la prima, che riassumeva il concetto della classe disagiata, articolandolo in una serie di momenti frammezzati tra loro attraverso dei bui scenici; la seconda, una narrazione più critica che sviscerava gli eventi storici nel concreto; la terza, una diatriba scenica a contatto diretto con il pubblico, che portava in un tribunale la storia dell’ultima umanità.

TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA: la scena come Cattedra

Lo spettacolo porta lo spettatore alla riflessione in maniera attiva, interrogandolo personalmente, ponendogli delle domande dirette. I due attori, Giacomo Lilliù e Matteo Principi, hanno usato la scena come cattedra di confronti e di incontri, di interrogazioni continue riguardo i disagi che entrambi gli attori come persone hanno vissuto e che vivono ogni giorno, senza trovare risposta.

La scena de LA TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA

La scena si presenta composta di pochi elementi, ridotti al minimo, messi giusto a sostegno dell’attore multiforme sulla scena. Blocchi di legno, pannelli di stoffa, mele rosse una poltrona e dei fari posizionati a terra. Nel complesso una scenografia scarna ma essenziale.

Vittime e carnefici nella CLASSE DISAGIATA di Giacomo Lilliù

Non ci sono qui dei veri e propri personaggi, non si distinguevano i parametri di una coppia comica predefinita, mancava la caratterizzazione di un personaggio sui generis. Quello che appariva era invece un mescolarsi di vittima e carnefice tra due persone qualunque, che si scambiavano le battute dell’allievo e dell’insegnante, c’erano le lacrime arse di una persona disillusa e arcigna e le lacrime vive di chi ha ancora le forze di lottare in nome di una speranza lontana.

LA TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA – Foto di Simone Galli per TeatroBasilica

Il lavoro di Giacomo Lilliù sul testo di Ventura: nessuna risposta per la CLASSE DISAGIATA

Sicuramente l’elemento portante dell’intero spettacolo è il testo, un riadattamento teatrale del saggio di Raffaele Alberto Ventura ad opera di Sonia Antinori. A volte si ha l’impressione che sia “quasi letto” per bocca degli attori, alternando momenti di quasi aulicitá a momenti di dialogo semplice con il pubblico.

Il finale chiude l’antica diatriba con una sentenza aperta. Non ci sono risposte a tutte queste domande. Ci sono cause, effetti, consequenzialità, ma non ci sono risposte giuste o sbagliate, non ci sono più strade maestre da percorrere. Non ci resta che aspettare, morire, dormire… o forse lottare.

Il disagio che fa stare scomodi, che fa nascere domande

Uno spettacolo critico, dirompente e irruente, con un grandissimo potenziale di crescita. Gli elementi a favore di un’opera meticolosa e affascinante ci sono tutti ma, ad avviso di chi scrive, non ancora del tutto sviluppati.

Sicuramente lo spettatore torna a casa riempito da questo spettacolo, da quest’ora di irrefrenabili parole che puntano dritto alla coscienza di tutti quelli seduti in sala. E questo stare con il fiato puntato sul collo, con il dito della giustizia puntato fra le costole che ti fa sentire scomodo, che ti fa venire la voglia di alzarti da quella sedia e cominciare a far cambiare le cose. Oppure solamente percepire il solletico di questa mano che prova a smuovere qualcosa di troppo avvizzito dentro la coscienza.

TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA: il disagio come condizione sociale sempiterna

Ma sicuramente il disagio, la crisi, non sono solo una fase, come si ripeteva sulla scena, sono una condizione sociale sempiterna. Eppure, a volte il disagio è necessario per far muovere le cose, per fare nascere nuove domande e rimettere tutto in circolo. E questo spettacolo ne regala tante di domande e questo lo bagna di un sacro valore. Perchè è quando il teatro non fa riflettere ed interrogare che bisogna porsi qualche domanda…

Visto il 13 ottobre 2022

Dal 13 al 15 ottobre 2022 – giovedì – sabato 21.00

TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA

di Sonia Antinori

dal saggio di Raffaele Alberto Ventura (minimum fax)

Produzione Malte & Collettivo Ønar / Marche Teatro

In Collaborazione con Amat, Comune Di Pesaro

Con Il Sostegno Di Mic, Regione Marche

Con Il Supporto Di Loop Live Club

Selezione Festival Crashtest 2020

Con Giacomo Lilliù, Matteo Principi

Regia Giacomo Lilliù

Video Giulia Coralli, Matteo Lorenzini, Piergiovanni Turco

Sound Design Aspect Ratio

Scene Lodovico Gennaro

Costumi Stefania Cempini

Luci Angelo Cioci

TEORIA DELLA CLASSE DISAGIATA – le prossime date

Lo spettacolo andrà in scena nelle seguenti località:

23 ottobre 2021 Ascoli Piceno Chiesa di San Pietro in Castello – Prima nazionale
1 ottobre 2021 Osimo (AN) Teatro La Nuova Fenice – Anteprima

25/29 ottobre 2019 Ancona Teatro delle Muse / Sala Melpomene

Teatro Basilica: la Stagione 2022-2023

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