Al Teatro Trastevere dalle immagini apparentemente ordinarie dei quadri di Edward Hopper emerge il dramma di relazioni umane polarizzate tra menzogne rassicuranti e verità strazianti con lo spettacolo HOPPER MODE di Marco Andreoli per la regia di Antonio Sinisi (che abbiamo visto nella regia di POLAR), scenotecnica di Stefano Pietrini e costumi/oggetti di Claudia Font.
Una serata in cui teatro e pittura coesistono per far emergere il dramma di relazioni umane polarizzate tra menzogne rassicuranti e verità strazianti.

Teatro Trastevere: dal 2009 nel coacervo storico-artistico più vivace del rione
Nella zona più tranquilla di Trastevere, tra la chiesa barocca di San Francesco a Ripa – che ospita la celeberrima scultura Estasi della Beata Ludovica Albertoni di Gian Lorenzo Bernini – e l’edificio razionalista Casa della Gioventù Italiana del Littorio (oggi conosciuto come WEGIL) dell’architetto Luigi Moretti, sta il Teatro Trastevere, sorto nel 2009 grazie alla determinazione di un piccolo gruppo di amici e artisti.
HOPPER MODE: al Teatro Trastevere una serata tra teatro e pittura
La sala del teatro – alla prima del 30 novembre 2022 – è piena: ogni poltrona rossa, occupata. Una volta seduta in seconda fila, in attesa dell’inizio, il mio sguardo si rivolge al palcoscenico esposto, nero ed essenziale, tipico del black box theater di origine americana, incorniciato dal pesante drappeggio del sipario rosso, ed accessibile da tre gradini al centro del lato anteriore dalla platea.
In evidenza sul palcoscenico, oltre a qualche piccolo oggetto di scena, tre cornici di legno, verosimilmente due finestre ed una porta, che troneggiano, allestite a formare un angolo con la punta verso la platea, e richiedono la nostra attenzione: gli spazi da esse creati sono co-protagonisti ed essenziali al dramma che si svolgerà in essi. Non sono semplicemente contenitore, ma contenuto di Hopper Mode (2004), finalista al “Premio Scenario 2005.”
HOPPER MODE: la scenografia richiama Casa Haskell di Hopper
In particolare, le finestre sembrano fluttuare nell’aria grazie ad una base scura che le sorregge. Tutte e tre le cornici sembrano riflettere la luce, come le pennellate di Edward Hopper che costruiscono Casa Haskell (1924). Non ne sono ancora consapevole, ma io ed il resto del pubblico, siamo al di fuori della casa che vediamo appena accennata, quasi immaginata. Al termine dello spettacolo, senza spostarci di un millimetro, avremo viaggiato al suo interno.
HOPPER MODE: la drammaturgia in scena al Teatro Trastevere
E iniziamo questo nostro viaggio come davanti ad un dipinto di Hopper, familiare e rassicurante dall’esterno (Room in New York, 1932): dei due personaggi che per primi salgono sul palco, Tony e Maria, è la donna ad essere sedotta da quello che crede di vedere, dalla sua stessa immaginazione, a cadere nella trappola della forma perfetta: “… chiunque viva qui non può non essere felice” dice con una certezza infondata – come in uno slogan pubblicitario – di coloro che non vede, ma che immagina abitare la casa. Tony, al contrario, sembra conoscere l’amara verità e le risponde con brusca determinazione “Noi non vivremo mai in una casa come questa.” Tony deve continuare a correre, e Maria appresso a lui, per evitare di rimanere invischiato dal sogno borghese della middle class americana, che è anche il nostro.
Dopo la loro breve apparizione, iniziamo a incontrare i vari personaggi, a penetrare la fitta cortina dei loro gesti/parole familiari, ripetuti infinite volte, senza sostanza, leggeri e indolori, banali e ordinari, da sit-com americana con tanto di laugh track (risate gregarie), per poi raggiungere gesti/parole autentici, quelli che la persona intendeva realmente. Come domanda, in prossimità dell’epilogo, lo straniero Helmut allo straniero Steve: “Quando questa gente le rivolge la parola, Steve, non ha mai l’impressione che dica qualcosa di profondamente diverso da quello che pensa?”

HOPPER MODE: la costruzione dello spettacolo
Nello svolgimento del dramma, si intuiscono tragedia, morte, dolore, disperazione, pazzia, ma non li vediamo, non li sentiamo, non ne abbiamo mai la certezza: sono appena accennati, come frettolosi schizzi fatti da un artista con la matita.
Cliff, Clair e Theo, la famiglia perfetta che nasconde dolore, infedeltà, disillusione. Sam che parla al figlio Jack e alla moglie Alice, che si scopre successivamente essere morti. Carl e Hariette, genitori di una Laura che sta in bilico tra il mondo dei genitori e la fuga, accompagnata da Steve che già si comprende la vuole trascinare verso il mondo di Carl e Hariette. Helmut, lo straniero, che li osserva con uno sguardo perplesso, percependo gli strappi nel tessuto dell’apparentemente normale vita quotidiana.
All’inizio, vediamo apparire e scomparire i diversi protagonisti come li vede Maria, con l’immaginazione della speranza, con il potere della seduzione della pubblicità, con l’ottimismo americano degli anni ’60 nei quali il dramma è inserito, come le immagini che ad un certo punto scorrono sullo sfondo al suono di Over the rainbow nella versione dell’hawaiano Israel Kamakawiwo’ole: l’allunaggio, l’elezione di J.F. Kennedy, la bellezza strepitosa di Marilyn Monroe.
HOPPER MODE: il ribaltamento della scena

Questo è il punto di non ritorno. Da questo momento in poi tutto cambia, c’è il rovesciamento della scena di 180∘: la porta è spostata in corrispondenza dell’arrivo sul palcoscenico dai gradini centrali e le due finestre vengono poste ai suoi due lati. Da questo momento non siamo più fuori, siamo dentro. Dentro il dipinto, dentro la casa, dentro le vite più vere dei protagonisti. Le battute, le scene vengono ripetute come le pennellate che vengono riversate sulla tela, ma il punto di vista è cambiato e lo percepiamo chiaramente. Come in una rappresentazione speculare, le parole si ripetono ma il significato è diverso, l’energia è diversa, il senso è diverso. Sicuramente, più vero, più autentico…
Sinisi: regia fedele eppure di ampio respiro
La scrittura di Marco Andreoli è precisa e si sviluppa non solo attraverso le parole dei personaggi, ma le indicazioni, le istruzioni, le immagini di Hopper, i documenti-video, le musiche, i vestiti, la scenografia, … tutto ciò che è indispensabile a far emergere – in modalità Hopper – le contraddizioni della vita, le contrapposizioni tra strategie di sopravvivenza e vita coerente, grondante della paura di dolore e verità.
Gli attori e le attrici abitano i loro complessi personaggi con agilità individuali. La regia rispetta il testo e comprime o adatta dove può, per non dare una risposta a tutte le domande, per lasciare spazio alla riflessione del pubblico e alla lenta consapevolezza che affiora al termine dello spettacolo che ciò che si è appena terminato di “vedere” altro non è che il rischio che corriamo ogni giorno: quello di una vita rassicurante, apparente, sedata e ordinaria a fronte di una autentica, pur sull’orlo dell’abisso.
Dal 30 novembre al 4 dicembre 2022
HOPPER MODE – cast e info
di Marco Andreoli
messa in scena Antonio Sinisi
con
Almerico Cavallo / Antonio Ciaffone / Cecilia De Angelis / Eleonora Presta / Erica Fusini / Federica Fidaleo / Federico Paci / Gabriele Passaro / Roberto Biocco / Simone Di Pascasio / Valentina Di Odoardo
musiche originali Cristiano Urbani
costumi e oggetti Claudia Fonti
scenotecnica Stefano Pietrini
produzione VLAT X [ fb.me/vialiberaalteatro ]