Dal 17 al 20 febbraio, al Teatro Trastevere, è in scena lo spettacolo “CON IL NASO IN SU”, potente monologo di Andrea Zanacchi, con co-protagonista il delicato violoncello di Laura Benvenga, che ci mostrano con trasporto e crudezza la violenza, l’indifferenza e l’isolamento a cui releghiamo crudelmente gli ultimi.
CON IL NASO IN SU: un gioco di musica e luci

L’unica luce che illumina il palco a inizio spettacolo è proiettata su una violoncellista, che suona una melodia dolce ma titubante, tra il pubblico intanto si fa strada il protagonista della nostra vicenda, Nino, che, con i vestiti logori e sporchi, si dirige al lato del sottopalco e, dopo aver imbracciato il suo sax, si mette a suonare, anche lui in maniera stentata, per poi togliersi il cappello e chiedere l’elemosina.
Siamo subito proiettati in quello che potrebbe essere l’ingresso della stazione Termini, le luci, accendendosi, rivelano uno sgabello laterale su cui sono poggiati una bottiglia di vetro e un cartone di latte, sull’altro lato il fedele sax di Nino e, al centro, le tipiche strutture di legno su cui i clochard trovano riposo, con sopra coperte, un sacco issato su un bastone, e cianfrusaglie messe sopra alla rinfusa: l’insieme ha l’aspetto di una barchetta isolata in mezzo al mare.
Nino, dialogando con Marco, un giovane che finisce per essere legato a lui da una profonda amicizia, racconta la sua vita, una vita attraversata dalla storia, come dice lui stesso.
Il multilinguismo di CON IL NASO IN SU

Con un esperto uso di vari timbri vocali Andrea Zanacchi, nel suo monologo, riesce a trasportarci nell’infanzia di Nino, facendoci vedere con vivida chiarezza la sua apprensiva madre preoccupata in maniera semplice e genuina per il disastro di Chernobyl che può aver inquinato il latte, il nonno lombardo e profondamente razzista, il padre in lutto per la morte di Freddy Mercury, gli amici dell’università, il profondo affetto che lo legava al fratello Luca, con cui guardavano le nuvole con il naso in su.
Lo spettacolo ci mostra inoltre con crudezza l’insensibilità e l’odio che siamo abituati a riservare agli ultimi: tramite il telaio di uno specchio, dietro cui si mette l’attore, illuminato da una luce fredda, viene rappresentato un ragazzo che frequenta Marco: un giovane carico di odio e di noncuranza.
CON IL NASO IN SU: una denuncia all’odio verso gli ultimi
Il testo è stato scritto per essere una dura denuncia contro l’intolleranza e l’indifferenza, un invito ad ascoltare la voce del prossimo e svegliarci dal torpore che fa nascere la violenza: gli episodi di aggressione verso Nino sono infatti sempre più cruenti, un momento che prelude il tragico epilogo è l’utilizzo in scena di un petardo, che scuote il pubblico ma lo riporta alla dura realtà della vita a cui condanniamo i senza fissa dimora, il cui fumo rimane sul palco come a presagire la conclusione.
Come dice lo stesso Nino, riferendosi al terremoto che ha strappato la vita di suo fratello, “prima non si sente la scossa, ma un forte giramento di testa”, prima della scossa del tragico finale ci sono stati degli episodi gradualmente più violenti di cui lui è stato vittima, così come, prima di arrivare ad avere dei giovani così apatici e violenti, c’è stato il razzismo padano rappresentato dal nonno di Nino.
L’impatto emotivo dello spettacolo è molto forte, il violoncello, che ora suona i Queen, ora le note di Pinocchio, diventa con la sua musica l’accompagnamento dei momenti più intensi della vita di Nino e ce li fa così vivere con una forte intensità.
CON IL NASO IN SU
Di Andrea Zanacchi
Con Andrea Zanacchi
Violoncello Laura Benvenga
Regia di Antonio Grosso