BARTLEBY LO SCRIVANO @Teatro Quirino: Moby Dick di terra

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Il 29 è stata la prima di “BARTLEBY LO SCRIVANO”. Racconto breve di Herman Melville (quello di Moby Dick), tradotto o ridotto per il Teatro da Francesco Niccolini per la regia di Emanuele Gamba (già visto in SPRING AWAKENING) in scena al Teatro Quirino fino al 3 aprile.

BARTLEBY LO SCRIVANO: una scenografia che toglie il respiro

Il Quirino mi accoglie maestoso nella sua semplicità di casa: perché è questa la misura reale delle cose vere. Ci sentiamo sempre a casa quando varchiamo la vetrata che racchiude, come dentro una teca, il Teatro con  la grande “T” .

Quando si apre il sipario, si apre anche e a sincrono un respiro unico del pubblico. Davvero sembra un unico fiato ma in realtà è la somma di tanti. Al fiato si aggiunge un’espressione sgranata degli occhi quando la scenografia invade la platea.

Al Teatro Quirino BartLeby negli uffici legali della Wall Street

Siamo in un ufficio legale a Wall Street. I giorni cadono stanchi dentro una frenesia che non cambia gli istanti. Li spinge come motrice occulta. Tutto è uguale nella giostra perenne. La musica cadenzata da carion muove l’esistenza di grigi cavallucci in vestito e manicotti neri da scrivano.

Voraci tutti di una fame senza sapori. C’è un moto perpetuo che è regola universale e locale. E all’ombra di quella regola c’è l’altra regola nascosta: rubarsi tutto il rubabile. Due impiegati combattono la quotidiana e infinita battaglia del centimetro. Rubano o conquistano spazi che non gli appartenevano: scrivania, segretaria.

È tutto uno spasimo. È tutto un fremito che non può trasgredire le lancette dell’orologio e gli ingranaggi annessi.

Chi è BartLeby lo scrivano?

Leo Gullotta in Bartleby – lo scrivano

A frantumare quel meccanismo perfetto e fragile, irrompe delicatamente Bartleby: il nuovo scrivano. Sembra non avere velleità, eccetto quella meravigliosa dedizione per il suo lavoro. La “meraviglia” è per prima del tenutario dello studio legale. L’avvocato, che non crede ai suoi occhi e timpani perché il nuovo impiegato sembra essere un pezzo non incluso in quel diabolico circuito. Non ruba. Non spinge. Tiene i gomiti bassi e non cerca spazio a discapito. Scrive e scrive e tuttavia s’inserisce docile nel meccanismo sino a quando un minuscolo granello di polvere gli rompe qualcosa dentro. «Avrei preferenza di no!». Questa è l’assurda frase e pensiero (almeno agli occhi degli altri ingranaggi di carne) che sembra gli corrompa il cervello

La vita bisunta di quel maleodorante scrigno si è spostata verso un altro livello. Forse un nuovo fondo. Non si sa ancora se, invece, è uscita per strada. Perché c’è una strada che si sente scorrere fuori. Forse non limpidamente ma scorre e arriva alla platea. Un cigolio. Un suono indistinto: forse la città o certamente un movimento. Una cloaca di residui umani. Sembra liquame che qualcuno cerca di pulire, purificare, nascondere nervosamente come fa la donna delle pulizie da oltre vent’anni nello studio legale con scope e stracci stanchi.

BARTLEBY nell’opera di Melville: un ritiro dalle acque dell’Oceano

Bartleby lo scrivano – una scena

Melville, dopo poco dal suo capolavoro: Moby Dick, ritira le acque dell’oceano (come ci dice Emanuele Gamba, il regista). Lo fa con un colpo di penna netto come un taglio sul foglio. Lo scrittore abbandona l’epopea epica per raccontare di quel nuovo oceano ridotto ormai a misero mare. Adesso nessuno solca e conquista nuove acque. Gli approdi sono altri. La scena è quella di Wall Street, dove l’imperativo è fare soldi con i soldi. Ci piace pensare che Ezra Pound molto tempo dopo abbia letto Melville. La strada della finanza è il vivaio dove crescere i profitti in angusti uffici al seminterrato dei grattacieli.

BARTLEBY LO SCRIVANO: la scelta registica di Gamba

Gamba, regista visionario, accomuna il piccolo e grande Bartleby al capitano della baleniera più famosa della letteratura. Un piccolo gigante che mette in crisi il sistema sino a lì codificato e riesce persino a “sfrattare” tutti gli altri dall’ufficio dalle pareti grigio opaco. Questo non è il solo finale. C’è ne è un altro più luminoso che non sveleremo per non negarvi il piacere della sorpresa.

La letteratura dell’assurdo secondo Herman Melville

Leo Gullotta in Bartleby lo scrivano

In quella frase ridondante “Avrei preferenza di no” sentiamo decisa la voce del Teatro dell’assurdo che Samuel Barclay Beckett riprende un secolo esatto dopo nel suo memorabile “Aspettando Godot”. Anche qui c’è quella frase ripetuta in modo ossessivo come ossessivi sono i personaggi. A quell’assurdo hanno creduto altri scrittori come Camus, Ionesco. Tutti accomunati dalla religione laica del non senso. Si professa la ricerca del significato dell’uomo tra l’insensatezza della vita. L’assurdità per l’appunto. Sono profeti senza dio che arruolano proseliti tra i lettori e il pubblico, entrambi divertiti a vedere come quell’umanità della quale fanno parte, stia sprofondando senza avere, né cercare appigli. Tutti battuti dal quel piccolo e gracile corpo dello scrivano irriverente alle regole costituite. Così piccolo e capace di quel grande terremoto.

BARTLEBY LO SCRIVANO : la compagnia degli attori segue l’idea “assurda” del drammaturgo

Leo Gullotta in Bartleby lo scrivano

C’è sin dall’inizio una recitazione enfatica. Cadenzata da toni insoliti. Non naturali che solo dopo comprendo essere accordati a quel Teatro dell’assurdo che ha il bisogno di ricordarci come il nostro stile di vita non sia collocabile. E risulti appunto assurda l’esistenza stessa. Il più naturale è Leo Gullotta. Ma lo è per la stoffa del grande attore e perché incarna la naturalezza dell’uomo. Poi c’è quella mimica straordinaria che solo pochi sanno recitare. Sì, non mi sono espresso male: i movimenti sono recitazione. Interpretazione e in questo Gullotta è insuperabile.

La scenografia è colossale come la redenzione

Siamo in un seminterrato senza luce, come mi ricorda il grande e alto finestrone senza veduta sulla presunta vita. Eppure, tutto svetta verso l’alto come una rivincita. Una redenzione praticabile. Non tutto è perduto. Non tutto è piatto.

Visto il 29 marzo 2022

29 marzo . 3 aprile

recupero stagione 2019/2020

Arca Azzurra Produzioni presenta

LEO GULLOTTA

BARTLEBY LO SCRIVANO

di Francesco Niccolini

liberamente ispirato al racconto di Herman Melville

regia EMANUELE GAMBA

con GIULIANA COLZI   ANDREA COSTAGLI   DIMITRI FROSALI

MASSIMO SALVIANTI   LUCIA SOCCI

scene Sergio Mariotti

costumi Giuliana Colzi

luci Marco Messeri

Lo spettacolo ha una durata di 80 minuti senza intervallo

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