APPUNTAMENTO A LONDRA @ Teatro Sophia: pugno di fantasma

Fa enorme piacere quando si avvera la bizzarra Regola dell’Inversamente proporzionale, per la quale un valore aumenta al diminuire dell’altro oppure viceversa. Nella specie assistiamo al rapporto simbiotico che c’è tra il luogo e lo spettacolo. Tra lo spazio e la qualità. Il Teatro più si fa piccolo, più si fa grande la qualità del Cartellone. Mercoledì 30 novembre ha debuttato “Appuntamento a Londra” la pièce del peruviano Mario Vargas Llosa che ospita i fantasmi di una storia scomoda di omosessualità e di transgenere. Di incomprensioni rocciose. Di violenze perpetrate e subite. Ilenia Costanza (qui firma la regia), che abbiamo già recensita di recente, mi fa conoscere una commedia raramente rappresentata in Italia. Sul palco del “piccologrande” Teatro Sophia: Enzo Piscopo, Guido Lomoro, tre personaggi e un mistero!

ENZO PISCOPO E GUIDO LOMORO

APPUNTAMENTO A LONDRA: QUEL VERDISSIMO CHESTERFIELD TAPEZZATO DI DOMANDE

Il palco del Sophia ha la capacità d’avere quella profondità di campo che il Teatro sa suggerire come anche qualche bella foto di copertina. Si guarda il soggetto in primo piano e quello che c’è dietro. Ci sono, in questa messinscena, bei mobili che rimandano a quella fumosa Londra che mi ero ripromesso di trovare. Così è stato. L’aspettativa non è tradita come quei vani tentativi e inutile attrezzeria dimenticata nel magazzino di altri Teatri. Non ci si sono orpelli penzolanti sul palco deputati solo a riempire la ciotola vuota, non funzionali al racconto. Quel verdissimo Chesterfield mi ha accompagnato fino a dove l’autore voleva. Il racconto è difatti cronaca cerebrale di un incontro in un elegante Hotel inglese. L’appuntamento ha il sapore agrodolce e pungente della clandestinità. Del furto. I due non si conoscono eppure si incontrano nel luogo più peccaminoso dell’immaginario collettivo di lettori e scrittori. Non tradiscono nessuno (nessun altro compagno o compagna ai quali nascondere), ma tuttavia aleggia nelle parole in bocca ai personaggi il mistero, il divieto, la sequela numerosa delle domande e delle mancate risposte. Quell’appuntamento è già invito. A tratti arrivano mezze verità o mezze bugie. Ai bordi del divano di pelle c’è Pirulo: uomo d’affari peruviano, di successo, ricco, e poi una donna che dice di essere la sorella del suo vecchio amico d’infanzia. Pirulo è sparito anni prima senza un vero motivo. Almeno così pare.

ENZO PISCOPO E GUIDO LOMORO

APPUNTAMENTO A LONDRA: DEFILÈ DI FANTASMI

Il dialogo di Enzo Piscopo, Guido Lomoro è serrato e viene alimentato da liquore distillato che stordisce e altre volte anima come corroborante quello che la parola sottende. C’è lo sguardo e la vita circospetta di Chipas che conserva le domande accumulate in più di trenta anni. Vuole sapere il perché di quella scomparsa repentina, ingiustificata, ingiusta del suo migliore amico. A furia di parlare e bere usciranno altri dettagli. Sarà un crescendo di fatti accaduti. Violenze rimosse. Parole non dette tra i due amici quando erano ancora adolescenti. La sorella conosce ogni dettaglio. Iniziano a scorrere immagini e fantasmi di un passato che non ne vuole saperne di abbandonare i personaggi. Arriverà come un macigno la confessione di quel pugno in bocca a Pirulo capace di staccare l’anima. Ma quel pugno opprimente come un’arma tesa aveva all’epoca dei fatti (anzi dopo qualche anno) smosso qualcosa che adesso sembra affiori nel racconto di Raquel. Piano. Di nuovo. Sono parole sudicie. Sono altri fantasmi che reclamano un corpo e una verità.

APPUNTAMENTO A LONDRA, DIARIO ESISTENZIALISTA

La regia attenta di Ilenia Costanza ci restituisce quell’ansia esistenzialista che era già nelle corde del drammaturgo. Non è solo edonismo. C’è nel dialogo quella necessità non solo di esistere ma soprattutto di trovare la propria forma. Collocazione sincera. Puzzle vitale. Ma qui non è quel tipo di sincerità da usare con gli altri: è l’onestà interiore. Dire bugie a sé stessi può essere atroce come quel pugno di prima, perché lungo un’esistenza l’anima rischia di scollarsi. Perdersi. Dilaniarsi in minuscoli tessere. Non c’è più l’appiglio corporale che completa l’essere. Gli attori ci raccontano il tormento senza fine di chi ha scelto la compagnia della bugia. Esistere pienamente rimane il desiderio primigenio che scompiglia tutto compreso quell’appuntamento in albergo dove il passato, in quell’attesa mai stanca, viene rimesso al presente. Lì innanzi perché se ne parli.

ENZO PISCOPO E GUIDO LOMORO

APPUNTAMENTO A LONDRA, NON È MAI COME APPARE

La capacità della regista, degli attori, è quella di rispettare la trama mai scontata del drammaturgo. Ed è proprio lì la bravura del Nobel: quando ho creduto che il finale o le evoluzioni fossero lì a portata di mano, tutto era stravolto di nuovo e da un nuovo fatto. Gli attori mi lasciano col fardello enorme: quando si fa del male: chi è davvero morto e chi è vivo? Muore chi riceve il colpo o chi lo sferra? Chi muore prima il colpente o il colpito? È questa la domanda che mi lascia sospeso tanto da distrarmi sul vero finale e immaginare più di un finale possibile che naturalmente non svelerò. Dirò di nuovo e ancora che la storia è popolata da due uomini, una donna e qualche fantasma che avrà il sadico compito di torturare. Ma quanto tempo dovrà ancora passare prima che la condanna a prigione senza sbarre si sconti? Quel senso di colpa sembra non placarsi mai e toglie aria e vita.

APPUNTAMENTO A LONDRA: LA MESSINSCENA

Enzo Piscopo e Guido Lomoro mi interessano. E quell’interesse dura per tutto lo spettacolo.  Quando Piscopo, con disinvoltura, si materializza nei panni di Raquel sulla scena, il disegno di regia ci sembra chiaro. La drammaturgia chiara. La storia raccontata è quella di una transgender che ha trovato il coraggio di diventare il suo desiderio. Ma come ho già detto ci sono altri misteri e desideri. La regia fa passi e lascia orme tra finzione e realtà: è una dimensione onirica crepuscolare dove i personaggi sostengono i rispettivi alibi esistenziali. La cifra narrativa è quella del sospetto. Dell’indagine. Della sensualità che balla sul Vals peruviano. Lomoro è meno sciolto. A tratti meccanico ma mi piace e mette la sua emozione al servizio del personaggio. Ci confesserà ai saluti che non sfidava il palco da otto anni. La colpa e merito è della regista. Quella sua emozione Costanza l’ha saputa utilizzare per dare forza al personaggio: Chipas è un uomo che si muove faticosamente tra gli affetti. Compassato. Ha tre matrimoni falliti alle spalle e adesso vuole scoprirne il motivo. Lo preferisco a tanti mestieranti che usano la tecnica e hanno lasciato sul comodino di casa la passione.

LE MUSICHE DI LORENA VETRO CI PORTANO A “LA GUARDIA VIEJA”

Lorena Vetro è compositrice colta e raffinata, vecchia conoscenza che ho già recensito. Qui ci regala un suo brano. Poi seleziona le musiche che ci portano a quel meraviglioso periodo noto come “”La Guardia Vieja”. È il primo vivacissimo ventennio di Novecento, culla di quel Vals criollo o Vals peruviano tanto cara all’autore. Anche l’ambientazione musicale, aiuta Chipas (e Lomoro) a trovare nella loro cavità di uomo anzi di essere umano, tutto il seme del disagio.

APPUNTAMENTO A LONDRA: LUCI CALIBRATE

Il disegno luci di Gloria Mancuso è ben dosato. C’è poi quel grande velatino che nasconde e scopre momenti da vedere e altri da immaginare. Ci sono corpi avviluppati. Mani e gambe nervose che vogliono impossessarsi di quanto sembra venga negato. Sottratto. E poi si tinge di celeste quel velatino che adesso diventa mare al quale rivolgere di nuovo tutte le domande, persino in silenzio, perché questa volta tornino come un’eco con le risposte torturanti di Chipas. Spirale di dolore iniziato quando era adolescente per quel maledetto bacio tra lui e Pirulo.

ENZO PISCOPO, LORENA VETRO, ILENIA COSTANZA, GLORIA MANCUSO, GUIDO LOMORO

Info

PRODUZIONE TEATROSOPHIA & I VETRI BLU

REGIA
ILENIA COSTANZA

CON
ENZO PISCOPO E GUIDO LOMORO

SELEZIONE MUSICALE E COMPOSIZIONE LORENA VETRO

LUCI GLORIA MANCUSO 

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