Al Teatro Arcobaleno fino al 27 novembre va in scena l’AGAMENNONE nella versione di G. Ritsos: in scena un brillante Massimo Venturiello con gli allievi di Officina Pasolini. Una rappresentazione classica, che alterna momenti cantati e danzati intorno ad una scenografia evocativa con molteplici suggestioni sensoriali.
Recensione a cura di A.Mazzuca e I.Taranto per il progetto “Gufetti in formazione“.
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Teatro Arcobaleno: la Stagione, un riferimento per gli appassionati di drammaturgia antica

Da sempre sede di rappresentazioni classiche, il Teatro Arcobaleno torna con la stagione 2022-2023 a soddisfare le attese del pubblico amante dell’antichità. Per il mese di novembre allestisce la scena per il più tragico tra i drammi eschilei: l’AGAMENNONE. A dicembre sarà la volta di “Ifigenia in Aulide” con Andrea Tidona.
Siamo nel cuore del quartiere Nomentano, a due passi dalla Sapienza, nel complesso di un edificio arioso, elegante e sobrio. Con delicatezza ed entusiasmo gli spettatori vengono accolti in sala, una sala classicheggiante: poltrone rosse, palco rialzato e sipario.
Teatro Arcobaleno: AGAMENNONE sfrutta una scenografia ingegnosa
Pronti ad assistere, si resta inebriati da un profumo di incenso e sorpresi dal vedere catini con fumo. Lo spettacolo crea una delicata nebulosità che sa di iniziazione misterica che ci trasporta in un passato lontano, dove mito e storia si confondono ma in cui gli abiti degli interpreti tradiscono una contemporaneità inattesa, quasi una vicinanza visiva dei personaggi con l’attualità.
Un gioco di luci tenui che richiama l’aurora, dà visibilità ad un’impalcatura di legno. La forma della scenografia di Alessandro Chiti non è all’inizio ben chiara: sembrano panche arroccate tra loro ma, all’occorrenza si riveleranno strategiche ad evocare luoghi diversi.
L’impalcatura di legno: lo spazio scenico per l’Agamennone di ritsos

Comincia con l’evocare il tetto su cui quattro sentinelle, ormai da lunghi anni, attendono il rientro del re di Argo. Si trasformerà poi nella nave da cui scenderà un Agamennone stremato dalla guerra di Troia insieme alla schiava Cassandra. Sarà poi il palazzo del re e il luogo scenico di movimento dei personaggi, in un continuo saliscendi delle comparse e dello stesso Venturiello, un personaggio stanco nell’animo ma non nella fisicità.
La scenografia ci richiama alla mente l’immagine di una pira sacrificale, dove, parallelamente alla suggestione data dalla morte di Elettra, si consuma anche l’omicidio del re da parte della sposa Clitemnestra.
Alla sinistra dell’impalcatura, una scalinata e una colonna lasciano immaginare l’ingresso della reggia. Colorano la scena dei catini usati con acqua e ghiaccio fumo che riempiono di fumo la scena quasi in un tentativo di riprodurre il voto sacrificale del Re. Per accogliere il re viene steso un lungo tappeto rosso, elemento fedelmente ripreso dal dramma eschileo per presagire il bagno di sangue in cui saranno immersi i reduci. Una luna rossa si staglia all’orizzonte come profezia di sventura.
La Performance è dunque piena di simultanei stimoli sia di carattere visivo, per l’alternanza di luci, che olfattivi, per i fumi di incenso, ma anche sonori, con gli intramezzi musicali che mantengono viva la suspense dello spettatore.
Teatro Arcobaleno, Agamennone- Venturiello: una compenetrazione di parti

La presenza di Venturiello riempie la scena grazie alla notevole esperienza dell’attore che restituisce l’Agamennone di Ritsos, dal carattere dolente, umano, anti-eroico, vicino al nostro sentire, più moderno e meno impostato sullo stereotipo eschileo. Un anti-eroe amaro, meditabondo sulla fine del proprio tempo. vagamente nostalgico e filosofico sul “peso” della propria vita, dal quale si sente disgustato.
Si assiste ad una vera compenetrazione dell’attore nel personaggio. Venturiello, con recitazione superba e amara, a tratti sprezzante e rassegnata ci comunica un Agamennone gravato dal peso della guerra, ma soprattutto dalla colpa per la morte di Elettra di cui si sente colpevole, “boia” senza rimedio. Ci regala momenti di riflessione sulla gravità delle scelte, anela la libertà dai pesi che hanno soggiogato suo malgrado, la vita. Ironizza sui suoi compagni di avventura. Venturiello ci comunica tutte queste sfumature con maestria e a volte con una naturalezza recitativa quasi vicina ad un contemporaneo che lascia spiazzati. Perchè è proprio così che l’Agamennone eroe non è più quello del mito classico ma ci si avvicina un poco, ci regala una riflessione universale, quasi “politica” sulla inevitabilità e inutilità della guerra, al di là di ogni ricordo nostalgico dei goliardismi di cui essa si colora (nel passato come nel presente), al di là di ogni presunta necessità economica o di rivendicazione politica: il testo di Ritsos è infatti frutto di una riflessione politica che l’autore-poeta condusse durante gli anni del Governo dei Colonnelli in Grecia.
In scena, Venturiello ci ripropone anche la paternità di un Maestro che accompagna e supporta i suoi allievi che vengono dal Laboratorio di Alta Formazione ’Officina Pasolini’ della Regione Lazio.
Agamennone: le interpretazioni degli allievi di Officina Pasolini

Lo spettacolo ha infatti diversi interpreti che rincorrono il Maestro nella qualità recitativa: dalle sentinelle/cittadini di Argo (Carmine Cacciola, Davide Montalbano, Francesco Nuzzi e Giacomo Rasetti) a cui sono affidati i momenti ballati e cantati sulle musiche di Germano Mazzocchetti, alla Regina (Carlotta Procino), austera e solida, più lenta nelle movenze, in contrasto con la velocità mostrata dal Re sposo, convincente nella falsità di un’accoglienza che cela l’imbroglio.
Brilla anche Cassandra (Carolina Sisto): la regia di Venturiello stesso insiste sul trucco pesante, gli occhi strabuzzati, le fa eseguire convulsioni e movenze frenetiche, il corpo selvaggiamente si avvolge e si contorce in un delirio di invasamento profetico: brillante la scelta di farle proferire la profezia di morte in greco antico. In questo modo gli spettatori, sempre solidali con le sentinelle/servitori, si calano perfettamente nella condizione di incomunicabilità del personaggio di Cassandra: versi, messaggi e frasi indecifrabili, sconnesse, prive di senso. Solo chi conosce la lingua del dio può criptare il significato più autentico. La sorte è sulla bocca della profetessa.
La morte di Agamennone, Venturiello non ce la mostra, ma l’attore Venturiello grida, solo, sulla catasta di legno, quasi come la vittima di un sacrificio su una pira, come dicevamo: un sacrificio quasi ineluttabile per chi ha voluto e condotto una guerra inutile, come le tante ancora oggi condotte.
Teatro Arcobaleno, Agamennone e la maschera rossa del potere

Nella rappresentazione non ci sarà traccia né dell’uccisione di Cassandra né della complicità di Egisto. La scelta dell’autore del testo viene non solo rispettata dal regista ma persino potenziata nella sua resa interpretativa. La colpa che ci si aspetta Agamennone paghi per aver sacrificato la figlia in Aulide, ricade su di lui soltanto; perchè, infatti, non pensare a un destino diverso per la povera e innocente Cassandra?
Consapevole o meno del suo destino, quello che Agamennone percepisce intorno è morte, un fetore asfissiante di carne arrostita. A nulla varrà la sua maschera di potere…. Si è pronti a vedere la sua fine.
Tale è la magia di questa rappresentazione: una complicità di generazioni e di ruoli che danno al teatro continuità e speranza.
TEATRO ARCOBALENO
STAGIONE 2022/2023
DALL’11 AL 27 NOVEMBRE 2022
venerdì e sabato ore 21,00 – domenica ore 17,30
AGAMENNONE di Ghiannis Ritsos
Regia Massimo Venturiello
Con Massimo Venturiello
Carlotta Procino, Carolina Sisto, Carmine Cacciola, Davide Montalbano,
Francesco Nuzzi, Giacomo Rasetti
Musiche Germano Mazzocchetti – Scene Alessandro Chiti – Costumi Silvia Polidori
Luci Giuseppe Filipponio
INTERPRETI
Massimo Venturiello, Agamennone
Carlotta Procino, Clitennestra
Carolina Sisto, Cassandra
Carmine Cacciola, coro
Davide Montalbano, coro
Francesco Nuzzi, coro
Giacomo Rasetti, coro
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