A CENA COL DIAVOLO @ Teatro stanze segrete: l’ultimo debutto

Nel cuore del vecchio quartiere Trastevere sembra esistere da sempre il piccolo scrigno Teatro Stanze segrete. C’è vento di poesia e magia in questo luogo. Di solito non svelo mai i trucchi. Attori e prestigiatori sono colleghi e un critico deve essere, per certe questioni, loro complice. Qui quella eterna esistenza ha invece una curiosa coincidenza: ventisette anni fa debuttava per la prima volta alle Stanze “A cena col diavolo” (dopo aver conosciuto grandi palcoscenici sempre con la regia di Ennio Coltorti), debuttava anche il Teatro e con la stessa pièce questo piccolo grande luogo chiude per sempre. Si chiude un cerchio magico. Lo spettacolo ha debuttato il 10 gennaio e rimarrà in scena sino al 29 gennaio.

A CENA COL DIAVOLO – LE SOUPER: COMMEDIA TRISTEMENTE MODERNA

Jean Claude Brisville scrive una commedia moderna e la colloca nell’estate del 1815. Napoleone è stato esiliato. Si sentono dalle finestre di palazzo Talleyrand, grida feroci del popolo. Parigi è occupata dai soldati Prussiani e inglesi. Siamo dopo la disfatta di Waterloo. Tutto sembra esplodere, eppure Talleyrand e Fouchè consumano la loro cena e decidono il futuro della Francia e dell’Europa. In realtà più che salvaguardare i principi della nazione, stanno difendendo crudelmente le loro future posizioni di potentati. Tra una pietanza e la mescita di un liquore, arrivano a tavola come fendenti, le loro parole. Sono taglienti. Sono raffinate. Sono diplomatiche. «La gente si conosce come mangia» ci dirà difatti un pungente e sarcastico Talleyrand alludendo al suo ospite.

A CENA COL DIAVOLO: QUADRO FEDELE DI UN PASSATO MODERNO

La pièce di Jean Claude Brisville mi appare tristemente attuale. E come ci suggerisce lo stesso regista, con la sua solita arguzia nelle note di regia del primo debutto (’96), quello che accade nella messinscena è quello che verosimilmente accade nelle cene dei politici: semidei che tra un piatto e l’altro, decidono come dobbiamo vivere e forse quanto. Basti pensare a questa guerra insensata. Più delle altre dato che Russi e Ucraini sono fratelli. Questo accadeva nell’89 quando Brisville scrisse la pièce, accadeva nel ’96 quando Coltorti scrisse le sue prime note di regia e succede oggi. Quelle pietanze ricercate sono l’assicurazione che certe posizioni elette sono rimaste inviolate ancora una volta: anzi c’è un rapporto direttamente proporzionale. Le pietanze più sono ricercate e rare, prelibate, più il potere è forte e inviolabile e soprattutto elitario. Il regista dà ai personaggi sembianze umane ma in realtà sono demoni e semidei con in mano il destino di milioni di esseri umani.

LE SOUPER E QUELL’APPETITO INCONTENIBILE DI TEATRO

È un mistero che dura ventisette anni: non è facile ricreare la magia del Teatro di qualità in pochi metri. Nonostante un gioco di specchi che riverbera la scena, lo spazio è intimo. Ennio Coltorti e i suoi attori ci sono riusciti. La cosa incredibile è che davvero ti senti una spia nascosta in qualche angolo di palazzo col privilegio inconsueto di sentire e capire quello che si dicono Talleyrand e Fouchè. C’è una porta autentica che fa da quinta e dalla quale escono i valletti, la duchessa, il principe e il duca. Tutti in scena a cenare per davvero. Non ci sono bocche vere che assaggiano pietanze finte o bevono da calici di plastica vuoti. Tutto è vero, come la recitazione. Persino la gamba martoriata dal dolore del principe di Benevento sembra realmente offesa. Tutto vero perché c’è un pubblico vero a vedere, sentire, cogliere quelle sfumature, quelle pause di vita verosimile. Gli attori sono tutti bravi a cominciare dalla presenza muta ma conturbante di Francesca Buttarazzi a dimostrare che si può recitare anche con il corpo e non sempre con la parola. Ennio Coltorti (attore e già doppiatore anche dello stesso film), è sublime nel suo Talleyrand. La sua recitazione ci ricorda la flemma ippocratea che dà slancio incredibile al suo blasonato personaggio. È misuratamente compassato nei suoi protocolli verbali e culinari. C’è uno strepitoso Luca Biagini, doppiatore di tanti attori famosi, qui attore in carne e ossa. Presta corpo, voce e nervi al suo duca d’Otranto. Ci piace molto, misurato, preciso nelle battute, Stefano Starna: valletto del principe. E ci piace Nathan Macchioni, l’altro valletto. Finalmente assistiamo a un coro di voci pulite e ben calibrate. Il ritmo è eccellente: è un tintinnio di voci intonate al personaggio e all’argenteria.

A CENA COL DIAVOLO: LA CURA DEL DETTAGLIO

Mi fa piacere e mi fa rabbia (ma pensando ai grandi teatri) vedere quanta cura e dedizione c’è in questo spettacolo. Le parrucche. La sartoria. Le scarpe. I costumi di Fabrizia Magnini. Le scene di Massimo Jatosti. Le musiche di Antonio Di Pofi. Nulla è un caso. Spero solo che Coltorti, direttore del Teatro, ci abbia detto una bugia. Ma così non è. Il Teatro chiuderà con l’ultima replica. Allora mi auguro che il Ministero della Cultura, salvi questo Teatro e il Teatro tutto.

INFO

 Ennio Coltorti              Luca Biagini

A cena col diavolo

(Le Souper)

di Jean Claude Brisville

Traduzione di Maria Jatosti

e con

Stefano Starna

Nathan Macchioni

Francesca Buttarazzi

Costumi Fabrizia Magnini, Scene Massimo Jatosti, musiche Antonio Di Pofi

Regia

Ennio Coltorti

Dal 10 al 29 gennaio

Dal martedì al sabato ore 21,00 domenica ore 19,00. Sabato 21 e sabato 28 ore 17,30 e ore 21,00

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