4:48 PSYCHOSIS @ Teatro Argot Studio: gli abissi del desiderio

Siamo tornati al Teatro Argot Studio, nella sera del 2 febbraio, per assistere alla prima replica di questo nuovo anno di 4:48 PSYCHOSIS, in scena fino al 5 febbraio, all’interno della stagione “Fabbrica di sogni”.

4:48 PSYCHOSIS vede in scena la fiorente Elena Arvigo, sotto la regia di Valentina Calvani, con la produzione Compagnia Elena Arvigo in collaborazione con Nidodiragno/CMC. La ritroviamo dopo I MONOLOGHI DELL’ATOMICA e DONNA NON RIEDUCABILE proprio all’Argot.

Arvigo - sarah Kane
4:48 PSYCHOSIS – Elena Arvigo

4:48 PSYCHOSIS: lo spettacolo di sarah kane torna all’argot

Lo spettacolo vanta una carriera di più di 200 repliche, che, come ha raccontato personalmente la Arvigo durante gli applausi finali, hanno preso il volo proprio presso l’Argot Studio, dove hanno debuttato nell’ottobre del 2010. E così la drammaturgia di Sarah Kane, l’autrice inglese più controversa del panorama drammaturgico contemporaneo, viaggia in Italia da più di dieci anni.

La stagione “Fabbrica di sogni” si articola attorno ad una celebre battuta shakespeariana contenuta all’interno de La Tempesta:

Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”.

Ed è così che, nello spazio di un sogno, si apre la scena sulle ultime parole di Sarah Kane.

4:48 PSYCHOSIS: Il canto di Sarah Kane

Sarah Kane è una drammaturga e scrittrice britannica, che ha scritto le opere teatrali Blasted (1995), Phaedra’s Love (1996), Cleansed (1998), Crave (1998), 4:48 Psychosis (1999) e la sceneggiatura del cortometraggio Skin diretto da Vincent O’Connell. Le tematiche delle sue opere si differenziano molto all’interno dei suoi testi, ma un filo sottile le collega tutte le une alle altre. Un fil rouge fatto di rabbia, pulsioni sessuali, pulsazioni erotiche, sudore freddo, vuoti inespressi, bisogni informi, mancanze, febbre d’amore, lacrime, sadismo, ed un viscerale ed inquieto attaccamento ad una vita che sentiva scorrere  sempre meno nelle sue vene. Si dice infatti che la scrittrice abbia combattuto a lungo contro la depressione, malattia che l’ha portata al suicidio all’età di ventotto anni. 

Sarah Kane e la lotta contro la depressione

All’interno delle sue opere ciò che emerge in prima linea è proprio questa sua lotta, un conflitto perenne tra il cielo e  l’abisso, una lotta fatta di sogni e di disperazione, il motore di tutte le sue storie avvolte nella sua intima melodia di inquieta malinconia.

“Psicosi delle 4:48” viene ricordato come le ultime parole di una suicida, come il canto di un cigno che ha consumato la sua vita troppo in fretta. Ma è veramente questa la chiave di lettura che merita?

4:48 PSYCHOSIS: Una nuova idea?

Nella presentazione dello spettacolo, leggiamo chiaramente che ciò che ci aspetta è non è “uno spettacolo sulla follia ma uno spettacolo luminoso, un inno alla vita, nonostante la consapevolezza del suo essere effimera e sfuggevole riscoprendo così il senso vitale che abita ogni stato di dolore.” Sembra quindi che finalmente questo testamento suicida stia per avere una nuova vita! 

Ma quello che vediamo sulla scena non rispecchia appieno questa prefazione, anzi sembra mantenere un equilibrio troppo legato alla sofferenza e alla morte. Un habitat quindi legato ancora fortemente alla classica e univoca lettura del testo della Kane.

La regia di Valentina Calvani al Teatro Argot

L’idea registica di Valentina Calvani mantiene quelli che sono i punti chiave di questo testo: solitudine, abbandono, sofferenza, incomprensione, frustrazione, alienazione, paura, nevrosi, psicosi, confusione, desiderio d’amore e liberazione nella morte. I macro-temi della storia dell’uomo si concatenano nell’ultima danza passionale dell’autrice, che l’attrice, Elena Arvigo, ha trasmesso con un sentire emotivo molto presente nel corso dello spettacolo.

La regia mantiene le stesse note anche all’interno della scenografia, delle luci e delle musiche di Susanna Stivali. Tutto a conferma di quello che abbiamo sempre immaginato di vedere in “Psicosi delle 4:48”, non vi era alcuna traccia di un inno alla vita. Sono state scelte coerenti con il testo e con le intenzioni dell’autrice, quindi non si vuole parlare di scelte disfunzionali alla rappresentazione dell’opera, quanto invece sottolineare che non vi è stato nessun altro punto di vista, come era stato preannunciato. 

4:48 PSYCHOSIS: il non-luogo

La scenografia impattante dello spettacolo della Calvani prepara gli spettatori sin dal loro ingresso in sala ad entrare in un non-luogo, un luogo indefinito riempito di terra, specchi rotti, occhi ammassati in una serie di ampolle, lampadari caduti, e tanti altri elementi. Ci troviamo sommersi dalla quantità di oggetti scenografici, disposti sulla scena in modo da creare una verticalizzazione della scena sul fondo e un’apertura orizzontale verso il pubblico. Questa disposizione aiuta il pubblico ad entrare in questo luogo, poiché mantiene ampio lo spazio di relazione tra la platea e il pubblico.

L’atmosfera tetra e quasi funerea è stata costantemente sostenuta dalle luci soffuse, che provenivano ora dai fari, ora dai lampadari abbandonati al suolo. 

Durante il corso dello spettacolo non viene mai svelato in che luogo ci troviamo, e ciò da la possibilità a chiunque di contestualizzare questo personaggio: potremmo essere all’interno della sua testa, in un ospedale, nella sua vecchia casa andata a pezzi, ecc ecc. Secondo il parere di chi scrive, la scelta di non limitare in un luogo specifico un testo che non necessita effettivamente di un luogo realistico e fisico ben definito in cui essere rappresentato, potrebbe essere funzionale ma necessita di essere sostenuto da altro.

gli oggetti scenici non sfruttati

Elena Arvigo in scena in 4:48 PSYCHOSIS al Teatro Argot

Questo appunto è indirizzato soprattutto a fare maggiore chiarezza anche sull’uso della scenografia e degli oggetti scenici, chiamati a supporto di singoli momenti, isolati e non sviluppati in una macro azione scenica. Questo può condurre al rischio di avere solamente degli orpelli decorativi in scena, utilizzati per dei singoli momenti e dimenticati nel mucchio,  che seppur sono molto impattanti e hanno una simbologia chiara per lo spettatore, restano fini alla decorazione.

Sono davvero necessari tutti questi elementi scenici se non vengono utilizzati a dovere e non accompagnano il personaggio nella storia? 

Un altro dettaglio che potrebbe aiutare a contestualizzare il luogo abitato dal personaggio è il suo ingresso in scena e fare chiarezza sull’esplicitare la necessità logica di far entrare l’attrice con un primo buio dopo che il pubblico si è accomodato in sala. Se questo non-luogo è l’ambiente abitato da tempo dal personaggio, perchè farlo entrare successivamente per posizionarsi sulla scena? Non sarebbe più coerente con il pensiero che quel personaggio vive abitualmente in quel luogo, presentarlo in quel contesto già dalla sala e dall’ingresso del pubblico? A maggior ragione se entrando, pestando i vetri rotti e tutti gli oggetti sparsi sul pavimento, si spezza l’illusione scenica accordata tra palco e platea, e si crea l’idea che l’attrice stia entrando in scena e non il personaggio.

4:48 PSYCHOSIS: L’attrice nel personaggio

Elena Arvigo, nota attrice e regista italiana, è la protagonista di 4:48 PSYCHOSIS  prodotto dalla Compagnia Elena Arvigo in collaborazione con Nidodiragno/CMC, diretta da Valentina Calvani. Un’attrice dalla carriera e dalla presenza sicuramente conosciuta e rispettabile all’interno del panorama italiano, tornata all’Argot Studio con 4:48 PSYCHOSIS dopo più di 10 anni di repliche in giro per l’Italia.

Sicuramente si distingue per uno stile recitativo più che personale, carico di pathos emotivo e di distinte tecniche vocali. Ciò che viene fuori dalla sua interpretazione è un personaggio pieno di emozioni contrastanti, rimandate al pubblico nella loro interezza, quando erano presenti. Ad alternare i frangenti più emotivi c’erano delle lunghe parti di freddezza emotiva, espresse principalmente dal testo, che erano riempite da ghirigori vocali, talvolta forse privi di significato.

La tecnica di Elena Arvigo

Ci sembrava che si avesse paura di quel vuoto, di quella silenziosa linearità che a volte il testo rimanda e che ci fosse il bisogno di rinforzare, di riempire con altri suoni la scena. Ma soprattutto, in questi momenti più artefatti, ciò che non arrivava in platea era un reale pensiero del personaggio. Sembrava piuttosto che l’attrice vomitasse un flusso di parole memorizzate e preimpostate. Le parole della Kane, invece, rimandano la necessità di un tempo vissuto a pieno, che sì, si alternano tra momenti di frenetici farneticamenti e momenti di tiepida riflessione ma, sono sempre frutto di una logica, di un pensiero che sorge o che si riconferma, di un’emozione che nasce nel suo giusto tempo di reazione. L’eccessiva tecnica potrebbe, in questo caso, aver portato l’attrice verso momenti di distacco da una credibile interpretazione e condotta verso una riproduzione macchinosa e artefatta del personaggio. 

Arvigo tra naturalezza ed artificiosità

Quest’alternanza di naturalezza e artificiosità non ha creato per giunta neppure un personaggio omogeneo, dai tratti di caratterizzazione chiari e definiti, ma piuttosto sembrava alludere in più tratti, a stili interpretativi di uno stesso personaggio. Qualora l’idea di partenza fosse stata quella di rappresentare più tratti o linee caratteristiche dello stesso personaggio, un piccolo suggerimento per migliorare la resa finale potrebbe essere quello di seguire questa linea registica ed attoriale con ancora più fermezza e decisione, rendendo ancora più esplicita e definita l’alternanza di momenti e/o pensieri vissuti sulla scena, mantenendo però di fondo un’unica idea di struttura del personaggio.

Arvigo padrona della scena: negli occhi la soluzione di 4:48 PSYCHOSIS

Elena Arvigo è stata comunque padrona di tutta la scena, ed è riuscita ad agganciare il pubblico con i suoi grandi occhi luminosi, un vero e proprio amo che adescava lo spettatore anche dell’ultima fila. Ma a volte questi occhi guardavano altrove, in basso, si chiudevano, e rimpicciolivano il personaggio, lasciandolo chiuso in se stesso. In uno spettacolo dettagliatamente fuori da qualsiasi contesto comune, in cui assistiamo alle parole scartate degli ultimi pensieri di una suicida, che saltano da una logica all’altra, compiendo voli pindarici tra sentimenti più crudi e privi di pudore, cosa ci permette di seguire il filo della storia? Non c’è una sola risposta a questa domanda, ma a nostro avviso, gli occhi della Arvigo sono una possibile soluzione. E non trovare in più momenti i suoi occhi sulla scena è stato come perdere un pezzo della storia. 

4:48 PSYCHOSIS: un’opera minuziosa e visionaria

4:48 PSYCHOSIS, forse l’opera di Sarah Kane più difficile da realizzare, dalle mille possibilità ma dalle poche certezze di riuscita, laddove la prima esplosione e il primo decadimento è all’interno del personaggio piuttosto che nel suo esterno. Sicuramente la Calvani e la Arvigo hanno del buon materiale tra le mani, che potrebbe offrire tante altre possibilità di idee, sensi, sensazioni e sensorialità per creare una maggiore empatia ed una migliore credibilità. D’altronde, quando si abbraccia una sfida così grande, si stringono coraggiosamente anche i suoi molteplici rischi. Per il momento resta uno degli spettacoli più affermati che testimoniano la minuziosità e la visionarietà della penna di Sarah Kane.

4:48 PSYCHOSIS di Sarah Kane: cast e info spettacolo

Regia Valentina Calvani
con Elena Arvigo

Scene, costumi e luci Valentina Calvani e Elena Arvigo

Musiche originali Susanna Stivali
Foto Pino Le Pera

Produzione Compagnia Elena Arvigo
in collaborazione con Nidodiragno/CMC

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