QUATTRO CANI PER UN OSSO andato in scena all'OFF OFF Theatre fino al 18 marzo è una commedia brillante nel senso nobile del termine. Partiamo dal presupposto che spesso storciamo il naso dinnanzi a questa definizione. Troppo spesso abusata dalle compagnie teatrali italiane per dare uno spessore a testi in molti casi scialbi e qualunquisti.
Non è ovviamente questo il caso, forse perché a scriverla è un autore americano e non italiano – per quanto siamo consapevoli che per nostra fortuna, a tutt'oggi nel nostro Paese ci sono ancora commediografi che sanno scrivere commedie interessanti che non scimmiottano la commedia americana o, peggio ancora, la commedia all'italiana riducendola a sterili cliché.
Il testo di John Patrick Shanley, adattato ottimamente in italiano da Leonardo Sbragia e Enrico Vanzina, è una specie di “Carnage” di Roman Polanski con una dose di ironia a volte più delicata altre volte più cinica. La pièce fa riflettere sui meccanismi squallidi dello show business che gravita attorno a Hollywood, dominati unicamente dal Dio Denaro e dalla voglia di apparire e primeggiare a ogni costo, a discapito dalla creatività e del lavoro dell'artista, snobbato e censurato, in primis dai produttori.
Una commedia molto ben scritta, dunque, con un grande potenziale e il regista John R. Pepper per buona parte, questo potenziale l'ha anche sfruttato, utilizzando in modo impeccabile la carica dirompente del testo: dalla messa in scena, dinamica e mai lenta, a una scenografia essenziale ma efficace.
Ciò che secondo noi andrebbe migliorata è l'interpretazione registica della storia e, di conseguenza, il lavoro svolto sugli attori. Riallacciandoci al discorso della commedia brillante, un altro difetto di molti teatranti italiani è quello di avere spesso a disposizione ottime commedie e drammi stranieri senza saperli sfruttarli appieno. Soprattutto nel primo caso si tende a sottovalutare il risvolto amaro di alcune storie o a banalizzare la storia a prescindere, perché è una commedia e la gente “vuole ridere”. Per quanto riguarda però QUATTRO CANI PER UN OSSO, il regista John R. Pepper, è straniero, visto il nome – a meno che non viva in Italia da tanto tempo. Per cui ci sorprende che la sua interpretazione della pièce abbia quei limiti che solitamente riscontriamo in alcuni registi italiani riguardo ciò che abbiamo scritto poc'anzi.
Nel testo di John Patrick Shanley c'è un grande potenziale emotivo. Un gioco al massacro che viene ridotto a un lavoro di interpretazione superficiale e da sit-com. Gli attori sono troppo cerebrali, troppo concentrati sull'aspetto tecnico: dall'emissione vocale, al ritmo, fino alla dizione.
Peccato che la recitazione, soprattutto in questo caso, debba essere anche di pancia e non solo un mero esercizio di stile.
Va detto però, che non sempre gli interpreti di QUATTRO CANI PER UN OSSO sono stati accademici e, nei momenti in cui si sono lasciati andare hanno dato molto in scena sul piano emotivo; occorrerebbe farlo di più. Menzione a parte per Paolo Giangrasso: quest'ultimo al contrario dei suoi colleghi è riuscito a interpretare il suo personaggio non solo con la testa ma anche con il “cuore”.
Teatro off off
Da martedì 6 a domenica 18 marzo 2018
Via Giulia 20, Roma
QUATTRO CANI PER UN OSSO
di John Patrick Shanley
traduzione Leonardo Sbragia / adattamento Enrico Vanzina
con Cristina Cirilli, Paolo Giangrasso, Neva Leoni, Pietro Montandon
Regia John R. Pepper
scene e costumi Mela Dell’Erba – disegno luci e suono Patrick Boggero
con il sostegno della ‘Missione Diplomatica degli Stati Uniti D’America in Italia’
fotografie Gabriele Lentini – riprese video Alessandro D’Amico