Al Festival Intercity Winter torna al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino PSICOSI 4:48 l’ultimo leggendario testo di Sarah Kane in grado di condurre attraverso il buio della nevrosi e del suicidio tra disperazione e speranza verso una estrema ricerca della luce.
“Alle 4.48, quando la disperazione mi fa visita, mi impiccherò”: morte, istruzioni per l’uso. Istruzioni sintetiche: nel testo, una sola didascalia: “silenzio, lungo silenzio”. Sono assenti i nomi dei personaggi, non sappiamo neppure se di un solo personaggio si tratti, o più di uno: lineette e puntini sembrano suggerire un cambio di voce, ma frequentemente Psycosis è stato inteso come un monologo, performato da una sola attrice. James McDonald, lo mise in scena al Royal Court Theatre di Londra per la prima volta, nel giugno del 2000, quasi un anno e mezzo dopo l’atroce suicidio dell’autrice, con due attori e un’attrice, nei ruoli di testimone, dottore e vittima, a stretto contatto con il pubblico, spesso distesi a terra, sotto un enorme specchio che ne rifletteva azioni ed intenzioni. Di questo debutto fu spettatrice Barbara Nativi, prima regista in Italia di testi della Kane, come Blasted nel 1997, e Dimitri Milopoulos, che ha diretto in questa messa in scena Sonia Remorini, Valentina Banci e Teresa Fallai.
Con ogni evidenza, il vertice toccato da McDonald è risultato stabile pietra di paragone: la messa in scena inglese viene capovolta. Il pubblico non viene posto in contatto – di vista, di respiro, di percezione – né a ridosso degli attori, ma viene sistemato ordinatamente, al di là del proscenio, nella pura attenzione visiva a un’opera–quadro impeccabile, estetizzante, precisa e armoniosa come una frase musicale.
Il pubblico ha un brivido misterioso di emozione all’inizio, perché il lunghissimo silenzio prescritto dalla Kane in didascalia viene affiancato da un lunghissimo buio, assoluto, estremamente suggestivo.
“Per favore, aprite le tende” implora la protagonista nella scena ancora nera, e nella mente degli spettatori l’ingresso nel materiale poroso, angosciante e stupendo che costituisce l’atmosfera della pièce si compie. Gradatamente la luce illumina la scena: gabbia razionale dal pavimento a scacchiera, su cui si muovono le attrici costituendo una miriade di triangoli irregolari, un gioco di scacchi inutile e preciso, un gioco di scacchi contro ragione in cui non sappiamo chi gioca contro chi, o se qualcuno in fondo non stia giocando contro se stesso. E la partita acquista angoscia dal suo essere limitata, e insieme imprevedibile: il grande orologio chapliniano, collocato sul fondo, con le ruote a vista, dovrebbe scandire regolarmente gli istanti e fornire na collana di attimi invariabile. Invece si blocca e riparte sonoramente, seguendo una propria cadenza, perché è di un altro tempo che si parla, quello interiore e misterioso del dolore e della malattia, del procedere infido e ben noto del cupio dissolvi.
Tre attrici in scena, ma non necessariamente tre personaggi: forse, invece, tre diversi aspetti dello stesso personaggio. Una, Teresa Fallai, seduta sul divano proprio davanti all’orologio, punto stabile dello spettacolo, almeno prossemicamente. E’ lei a dettare la sequenza di numeri che Valentina Banci dovrà scrivere col gesso sulle caselle scure della scacchiera e che Sonia Remorini si affretterà a cancellare trascinandosi carponi affannata, intensa, nella sua insensata ricerca di ordine e di pulizia che non può aver luogo: un’azione importante, la più viva forse.
PSICOSI è uno spettacolo che si modula in una partitura serrata, che suona all’unisono o conosce raffinate variazioni vocali, rispettando il vortice che il testo costruisce, il suo porsi come “un susseguirsi di orgasmi di linguaggi e di sensi”. Un testo poetico senza precedenti, quello della Kane, che la regia pulita, estetizzante e calcolata di Milopoulos distilla e dilata. Eppure il pubblico percepisce anche e soprattutto la carica di dolore e di passione che sottostà alla pagina, quella che condusse l’autrice alla scelta finale, quando, come scrive il drammaturgo Dimitriadis, “il corpo non riusciva più a sopportare il peso dell’altro corpo, quello dalle mille teste, insaziabile, singolare, anarchico, immortale che si dibatte in ogni corpo che ha pulsioni stravaganti e crudeli”.
Confinati al di là della quarta parete, testimoni della perfetta misura e della fluida variabilità della maniera delle tre protagoniste, assistiamo a uno spettacolo in cui l’apollinea impeccabilità dell’immagine cela, ma non nasconde, il magma sotterraneo di un testo quasi eschileo: dolore e pietà.
«Per favore non tagliatemi tutta per scoprire come sono morta ve lo dico io come sono morta. Per favore, aprite le tende» [4:48 Psicosi, Sarah Kane]
Info:
PSICOSI 4:48
di Sarah Kane
diretto da Dimitri Milopulos
musiche originali Marco Baraldi
con Valentina Banci, Teresa Fallai, Sonia Remorini
traduzione Barbara Nativi rivista da Dimitri Milopulos
soprano Francesca Maionchi
assistente alle musiche Federico Ciompi
effetti sonori Vanni Cassori
sartoria Silvana Castaldi
Foto E. Gallina
Intercity Winter 2019
Teatro della Limonaia, Sesto Fiorentino
27 gennaio 2019