Il Teatro Cantiere Florida, nell’ambito di Materia Prima 2017, la programmazione di teatro contemporaneo e danza curata da Murmuris e Versiliadanza, per Scena Libera Riflessioni dal carcere, ha presentato Proteggimi l’intenso lavoro di Teatro Metropopolare, in collaborazione con Teatro Metastasio, spettacolo ideato, elaborato e cresciuto all’interno della Casa Circondariale La Dogaia di Prato, il carcere maschile dove il collettivo teatrale, fondato da Livia Gionfrida, porta avanti da quasi dieci anni un progetto di residenza artistica e cantiere di teatro sociale.
Proteggimi è liberamente ispirato alla pièce teatrale “Un tram chiamato desiderio” del drammaturgo americano Tennessee Williams che restituisce con grande aderenza l’immaginario del mondo violento della vita carceraria: i personaggi sembrano nascere con gli stessi attori-detenuti, calzanti e penetranti nelle loro vere vite. Purtroppo o per fortuna, non possiamo ignorare la provenienza dal laboratorio-cantiere de La Dogaia: a ricordarcelo prima di entrare nel teatro, l’imponente e inquietante pulmann della polizia penitenziaria, che invade l’ingresso prima del foyer del Florida.
Apre la scena lo stesso autore Williams, che si autodenuncia come troppo vero, ed in effetti questo scrittore ha forse molto dell’uomo che lo interpreta, Robert Da Ponte; annuncia, in una sorta di prologo, il mondo violento che prenderà vita poco dopo, il suo teatro della Street Life, quel mondo feroce dove perdere e vincere, lose & win, è la stessa cosa, dove amore e passione, vita e morte di toccano, la rappresentazione della realtà in tutta la sua durezza e miseria.
Gli attori, tra cui riconosceremo i tormentati personaggi di “Un tram chiamato desiderio”, Stella, Stanley, Mitch e Blanche, appaiono in scena quando sono evocati da Tennesse Williams e restano sul palco per tutto lo spettacolo. Nessun artificio, tanto che, ad inizio della rappresentazione, scendono in platea a creare un contatto umano e senza filtri col pubblico, prendendoci le mani e guardandoci negli occhi, ad annullare la distanza non tanto dagli attori-detenuti, piuttosto dai detenuti-attori, dai loro destini sbagliati che spaventano, dai loro tatuaggi, muscoli, volti scavati e vissuti che fanno paura. Abbattano le sbarre con questo gesto e ci chiedono di sentire il dolore, l’amore, le perdite, le passioni umane che ci racconteranno.
A sottolinearlo anche la scena scarna, vuota, con il fondo irregolare di mattoni rossi e le attrezzature tecniche di corde spesse, pali e tiranti, bene in vista, fanno eccezione solo dodici praticabili di legno neri, usati nello spettacolo per creare la dinamicità degli ambienti diversi. Lo spazio è usato con equilibrio con solo gli attori e le pedane, capace di essere sempre chiaro nonostante i pochissimi elementi. Anche gli effetti di luce sono quasi assenti e in alcune scene vengono usate le luci fredde e vere dei servizi palco.
Gli attori portano in scena le emozioni universali del dramma, sottolineate dalla babele di tutte le lingue madre dei detenuti, americano, cinese, arabo, rumeno, rendendo palese l’aderenza al reale delle scene rappresentate, sono evocati i temi sociali dell’attualità, i gommoni dei viaggi della speranza, la strada, la prostituzione, si tocca con mano la feroce violenza del poker della vita a cui nessuno può sottrarsi; neanche il pubblico: all’ingresso è consegnata una carta da gioco, perchè anche gli spettatori si sentano lanciati all’impazzata dentro quel tram del destino, Streetcar named Desire, che non nessuno sa davvero guidare.
Tennesse Williams osserva la vita delle sue creazioni con occhi comprensivi e indulgenti, continua a parlarci, come a volerli proteggere, forse salvare dalla sorte misera cui sono destinati: il corrispondente all’originale monologo finale di Blanche è rappresentato con un walzer con l’autore, carico di affetto e pietà, una dolce danza con la sofferenza di quella donna spezzata, che però non salva il personaggio dalla violenza brutale di Stanley, con cui si chiude il dramma.
Colpiscono particolarmente alcune scene dello spettacolo, che sono il frutto dell’unione tra la prosa a cui è ispirato e il lavoro creativo di drammaturgia realizzato da Teatro Metropopolare insieme ai detenuti. La grottesca fuga in auto di Stella, interpretata dalla stessa Livia Gionfrida, per salvare da un’aggressione sulla strada Deseo, un travestito brasiliano, a cui dà energica vita Rodrigo Romagnoli: gli insulti sguiati in portoghese gridati dagli immaginari finestrini della macchina, lanciata a grande velocità, di cui capiamo sostanzialmente solo puta, puta, puta! rendono perfettamente la comicità del reale. Le ceneri dei defunti, sotto il cui peso non regge la fragile esistenza di Blanche, ben interpretata da Rossana Gay, cadono dal soffitto come una pioggia di morte. La partita di poker, gioco tracotante di orgoglio maschile, si trasforma in arena romana in cui si sbranano gli uomini-leoni. Il potente confronto tra la rudezza di Stanley Kowalsky e la delicatezza saccente di Blanche DuBois diventa un incontro di pugilato su un vero e proprio ring, con agli angoli gli altri attori a far da allenatori di mondi che scontrano.
Info:
PROTEGGIMI
drammaturgia e regia Livia Gionfrida
scene Alice Mangano
assistente alla regia Giulia Aiazzi
con Robert Da Ponte, Rodrigo Romagnoli, Ayoub El Mounim, Rossana Gay, Livia Gionfrida, Sofien Gozlan, Wu Kejan, Lorenz Marini, Luca Florin
progetto grafico Laura Meffe
organizzazione Rebecca Polidori
produzione Teatro Metropopolare in collaborazione con Teatro Metastasio di Prato
Teatro Cantiere Florida per MATERIA PRIMA – SCENA LIBERA a cura di Murmuris e Versiliadanza
16 marzo 2017