Nella suggestiva cornice della Villa Torre dei Lari sulle colline prospicienti Firenze, Alessandro Riccio ha portato in scena, dopo le prime repliche estive nel 2021, PROCESSO CREATIVO, suo ultimo lavoro che lo vede protagonista insieme a Olmo De Martino, Vieri Raddi, Marco Santi e Fabio Magnani. Una giovane compagnia attoriale, stroncata da un eminente critico teatrale, decide di rapire il responsabile della loro sfortuna per costringerlo ad un confronto franco e diretto. Ne risulterà un’occasione di riflessione tra battute al veleno, accuse reciproche e il coinvolgimento del pubblico, giuria popolare chiamata ad esprimersi a favore di una delle parti durante il ‘processo’.
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Location esclusiva per PROCESSO CREATIVO

Una volta superate le stanze monumentali, ci accolgono le cantine della villa con le loro volte a crociera dall’intonaco scrostato. Davanti a noi uno spazio prove allestito approssimativamente con tanto di morbido divano al centro, tavolino con biscottiera piena di anonimi frollini, stand per abiti di scena e scrivania stracolma. Sul fondo una grande lavagna a gessi dove la maggior parte delle date e dei teatri è oramai cancellata mentre nuove repliche saranno pronte a sparire molto presto. Non mancano neanche le locandine dell’ultimo lavoro della compagnia, Rivoluzione di seta, che dopo il debutto sembra purtroppo destinato al fallimento. Luci fisse che non nascondono nessuna imperfezione dello spazio perché ogni crepa risulti funzionale alla storia con un’ambizione di realismo che possiamo considerare pienamente raggiunta. Del resto lo squallore di una sala prove di una giovane compagnia, ricca di ideali e forza di volontà ma povera di risorse, è il luogo perfetto per imprigionare qualcuno, senza copertura telefonica o speranza che le proprie grida siano percepite all’esterno.
PROCESSO CREATIVO: trama e ruolo del pubblico
Dopo il debutto di Rivoluzione di seta la compagnia, composta da 3 attori (Vieri Raddi, Olmo De Martino, Fabio Magnani) e un agente (Marco Santi), vede i teatri annullare le repliche previste, l’una dopo l’altra, per l’effetto devastante che un autorevole critico, Gherardo Bernarducci (Alessandro Riccio), ha scatenato dopo aver letteralmente stroncato la pièce dalla pagine del suo giornale. Impossibile un confronto con lui tanto che i ragazzi decidono di rapirlo e di legarlo nel loro laboratorio con desiderio di sfogo e di vendetta. Ne nascerà uno scambio a tratti crudele ed offensivo, con inevitabili e ricercati risvolti comici, in linea con la surrealtà del contesto, ma l’immancabile franchezza consentirà a tutti i personaggi di gettare la propria maschera, di mostrare le proprie paure, convinzioni, idiosincrasie. Nessuno è esente da colpe, nessuno può dirsi completamente nel giusto: se gli attori hanno privato il critico della sua libertà con la forza, quest’ultimo non dimostra alcun rispetto per il lavoro altrui e il veleno con cui pontifica sul suo giornale non risparmia nessuno. Per capire da che parte pende la bilancia della giustizia, il pubblico, fino a quel momento quarta parete in scena, viene chiamato per ben quattro volte ad esprimersi nel ruolo di giuria popolare ad alzata di mano. Non c’è sentenza o verdetto ma solo il desiderio di misurare in tempo reale come e quanto lo spettatore è disposto a lasciarsi trasportare dalle ragioni dell’una o dell’altra parte. E non sono mancati risvolti controversi.

Alessandro Riccio e la sua prestazione nel PROCESSO CREATIVO
La trama del PROCESSO CREATIVO ha rappresentato sicuramente un punto a favore del successo che lo spettacolo ha riscosso (sia le prime repliche estive che le più recenti sono state da tutto esaurito) ma non è stato certo da meno il cast degli attori che, tranne per brevi tratti, sono rimasti perennemente in scena. Alessandro Riccio, che come autore ci ha ancora una volta sorpresi, ha saputo divertire e divertirsi nell’interpretazione di un personaggio crudo, spigoloso, profondamente frustrato. Tramite le parole di Bernarducci ha giocato con gli attori, e con il pubblico, concedendosi la libertà di entrare ed uscire dalla caricatura del suo stesso personaggio per togliersi, secondo noi, anche qualche soddisfazione nei confronti di un mondo, quello della critica, che spesso snobba il teatro ‘comico’ perché non abbastanza aulico. Anche il più bastardo dei critici se abbandona la propria sicumera mostra un’umanità che gli fa gustare la vita, quella di coloro che dietro ogni rappresentazione, seppur misera, comunque lavorano e si impegnano.
Gli altri personaggi del PROCESSO CREATIVO
Grazie ad una regia ben orchestrata, l’interazione tra Alessandro Riccio e gli altri attori è stata ottima e ognuno ha potuto e saputo, nel complesso, esprimersi. Olmo De Martino, schiavo del successo di Samuelino, personaggio televisivo interpretato in giovane età, ha ben giocato con la sua ‘romanità’ e la sua prestanza fisica per tentare di emanciparsi vestendo i panni del Delfino di Francia a fine Settecento. Fabio Magnani, a nostro parere il migliore tra gli altri, con la sua balbuzie e la sua insicurezza ha potuto permettersi di cogliere il buono dal paradossale e a tratti brutale confronto con il critico rapito, grazie alla sua sensibilità, cercando di ricollocare il tutto nei limiti del buon senso. Vieri Raddi, con le sue movenze e il suo abbigliamento, ha esaltato i caratteri più stereotipati dell’omosessualità toccando punte di isteria a tratti eccessive ma ben amalgamate nel contesto dello spettacolo. Infine (ma solo per motivi di ordine alfabetico) Marco Santi è stato un efficace agente, preoccupato per la sopravvivenza della compagnia e interessato a mantenere un rapporto equilibrato con il critico, purtroppo con scarsi risultati.

Da che parte sta la ragione?
Come in ogni sua pièce, Alessandro Riccio ha saputo conciliare più registri drammaturgici, con la predilezione per quello comico e satirico, al fine di veicolare molteplici messaggi. Senza però fermarsi a questo, ha voluto testare la risposta del pubblico e gli esiti controversi, con maggioranze alternativamente a favore dell’uno o degli altri, hanno mostrato l’influenza delle voci dei personaggi sui punti di vista degli spettatori. E come in ogni statistica che si rispetti, non sono mancati anche coloro, come il sottoscritto, che non hanno esitato a schierarsi sempre dalla stessa parte. Non importa che i costumi di scena siano minuziosamente studiati se non si ha niente da dire – parafrasando una battuta di Bernarducci – ma l’occhio del critico non può esimersi dal rendere merito al lavoro delle persone. E se critica deve essere, non si lasci che le proprie frustrazioni distruggano gli altri. Perché, se è sacrosanto che l’artista non deve mai puntare solo alla visibilità e che l’arte ha da dire qualcosa all’oggi, il critico deve pur ricordarsi che, senza l’artista, non gli resterebbe nulla da criticare.
Visto il 13 aprile 2022
PROCESSO CREATIVO
di e con Alessandro Riccio
e con Olmo De Martino, Vieri Raddi, Marco Santi e Fabio Magnani.
regia Alessandro Riccio
produzione Tedavi ‘98
Villa Torre dei Lari