Per iniziare questa incerta stagione teatrale, il Teatro Tram propone uno spettacolo breve e molto intenso condotto da due attori di grande espressività, di quelli che ti fanno ben sperare nel futuro dell’arte.
Recensione a cura di Valeria Mele e Francesca Faiella
Raggiungere il Teatro TRAM, incastonato tra i vicoli dei librai, è come entrare in uno scrigno: gli spettatori, spinti dall’intima atmosfera che si respira, lasciano fuori ogni preoccupazione e ogni timore. In scena due fratelli, entrambi campioni di scherma, anzi proprio cresciuti a pane e scherma, che si ritrovano dopo circa un anno, in occasione della imminente morte del loro padre/allenatore, dal quale uno dei due si è allontanato da ben 12 anni. Si incontrano in una palestra, anzi ne la palestra, quella dove sono cresciuti sia come uomini che come atleti, in questo momento vuota, ma immobilmente identica a 12 anni prima, e ben ricostruita in scena in tutti i dettagli essenziali, dalla pedana ai rulli, ai cavi, ai connettori, dalle divise alle maschere, ai guanti, alle spade, finanche una piccola armeria organizzata su un lato.
In tempo di Covid19, e magari per il tema sportivo, il Tram si è organizzato per avere la scena al centro dello spazio, come un ring circondato dal pubblico, riuscendo ad ottenere un buon distanziamento e stimolando la necessità di una coreografia articolata, in cui i due attori non lascino mai troppo le spalle a nessuno: assistere alla rappresentazione così da vicino è stato un punto di vista interessante, la sensazione era quella di spiare la discussione dei due fratelli guardando in faccia uno da dietro le spalle dell’altro, con una certa dinamica che ha permesso la percezione quasi contemporanea di entrambi i volti, forse complice l’ottima espressività delle voci e dei movimenti corporei. Non una nota musicale, se non per accompagnare l’uscita di scena finale.
Tra tiri di scherma piuttosto realistici (grazie alla consulenza dei maestri d’arme Nicola De Matteo, Aldo Cuomo e Lorenzo Buonfiglio che hanno allenato gli attori), la storia è piuttosto gustosa, e si svolge piano piano, rivelando cosa è successo davvero 12 anni fa’ (o prima ancora) per risvegliare la rivalità tra i due ragazzi sopita ma mai espressamente dichiarata che invece ora incombe fin dai primi minuti dello spettacolo. La scherma non è uno sport, è un combattimento: la chiave di lettura è offerta da una battuta dello spettacolo e infatti l’aria di duello si respira tagliente come le lame delle spade che i due fratelli impugneranno per affrontarsi. Mirko Di Martino ha sapientemente dosato tutto il non detto di questa vita familiare denudandola a poco a poco in un’intensa ora di spettacolo. Lo spettatore non riesce a fare a meno di sentirsi empatico nei confronti dell’uno e a momenti dell’altro senza smettere di guardare e di sentire (in tutti i sensi della parola che vi vengono in mente) i ricordi di Edo (Errico Liguori) e Aldo (Orazio Cerino), ora complici ora rivali nelle loro discussioni su cosa gli è stato dato e su cosa gli è
stato tolto, sulle loro insicurezze e sul loro fortissimo legame nonostante tutto. Impossibile non trovarlo coinvolgente e commovente, pur tra le ragioni e i torti, le ingiustizie e le invidie, le scelte e i rimpianti.
Si tratta di uno spettacolo su una resa dei conti, su una rivalità fraterna da risolvere, sulla morte di un genitore, che travalica il senso materiale per raggiungerne uno archetipico e simbolico, quindi psicologico soprattutto. Uno spettacolo sulla crescita, quella crescita che a volte non può avvenire se non riusciamo ad accettare quello che siamo e da questo punto partire per decidere cosa diventare, insomma se non ci convinciamo che “non si può solo vincere o perdere, si può anche non giocare”.
Sessanta minuti ben spesi, che possiamo solo incoraggiare il pubblico a vedere, e la compagnia a riproporre. Sessanta minuti di quelli che ti rendi conto che il mondo del teatro può davvero contare su giovani scrittori, registi e attori di talento e valore, che nulla hanno da invidiare ai più famosi oggi sulle scene, professionisti che ancora sgomitano tra mille difficoltà, ma che sono capaci di creare ritmi credibili, scene fluide e immersive per il pubblico. E il pubblico proprio di questo ha bisogno oggi, per riavvicinarsi a un’arte più che mai necessaria alla società per la sua immediatezza comunicativa e le sue potenzialità culturali ancora non del tutto svendute.
In bocca al lupo alla stagione 2020-21 del Tram che è iniziata così bene!
PRIMO SANGUE
testo e regia di Mirko Di Martino
con Orazio Cerino, Errico Liguori
scene di Giorgia Lauro
aiuto regia Angela Rosa D’Auria
maestro d’arme Nicola De Matteo
allenamenti presso Circolo Nautico di Posillipo
con i maestri d’arme Aldo Cuomo e Lorenzo Buonfiglio
ufficio stampa Chiara Di Martino
foto di scena Valentina Cosentino
produzione Teatro TRAM e Teatro dell’Osso
Teatro Tram
da venerdì 16 a domenica 25 ottobre 2020
nuovi orari: giovedì ore 21.00, venerdì ore 20.30, sabato ore 18.00 e ore 20.30, domenica ore 18.00
durata dello spettacolo: 60’