PREGO@Teatro Argot: la sacralità di una gallina

Non già come spettacolo finito, definito e rifinito nei suoi dettagli di testo, messa in scena ed interpretazione, bensì come cantiere aperto dello stesso viene presentato in questi giorni da Giovanna Mori, sua autrice ed unica interprete, PREGO in scena fino al 10 gennaio al Teatro Argot.

Nella cornice del trasteverino Teatro Argot, che ben si presta a questo tipo di operazioni, la Mori ripropone un'opera realizzata la scorsa primavera, e che fu allora vincitrice del premio Federgat nell'ambito del Festival Teatri del Sacro di Lucca, coinvolgendo il pubblico presente in sala nella sua revisione, anche al fine di valutarne l'effettiva intelligibilità.

A muovere l'urgenza di una nuova proposta dello spettacolo sono le contingenze di una cronaca quotidiana mondiale, che delinea i caratteri di un'umanità in guerra, per la quale quella di pregare diviene tanto una necessità quanto un miraggio di salvezza.

Asseconda il clima di prova, da subito annunciato dall'attrice al momento del suo ingresso in scena, la presenza del copione posto su di una sedia nella parte destra del palco. Non a caso quel copione verrà furbescamente in ausilio nel momento della narrazione dei ricordi della donna protagonista, quasi come un diario improvvisato a rendere concreto e poetico uno dei momenti maggiormente intimi ed emozionanti dello spettacolo.

Per il resto la scena è praticamente vuota, ad eccezione che per un tappetino nuovo con l'etichetta ancora attaccata e per un paio di oggetti-amuleti che l'interprete pone al centro del palco, tra sé e gli spettatori, a delineare fisicamente e poi nel tempo i contorni della storia esposta. Si tratta di un foglietto, che dice di aver trovato casualmente in camerino, nel quale sono curiosamente scritte le parole di una commovente canzone tedesca che le veniva cantata dalla nonna quando era bambina e di una collanina appariscente, dono di un uomo ora padrone di una bancarella di chincaglierie, un tempo di una di calze di lana, frequentata assiduamente proprio in compagnia della nonna in questione.

Uno dei personaggi della vicenda, quello della nonna appunto, seppur in assenza, viene messo in scena fisicamente grazie agli oggetti di cui si è detto, quasi a proteggere la storia raccontata e a propiziarne la riuscita in termini di emozione e comprensione. Del resto la figura di ogni nonna è di per sé una delle immagini più vicine al mondo del sacro e della preghiera, nonché ponte sicuro tra la mente e il ricordo, capace di rendere immortale un'aneddotica del passato fatta di imprese in bilico tra epica dei sentimenti ed universalità dell'emozione.

Senza ausili scenici allora, Giovanna Mori disegna una vicenda surreale, che spazia dal particolare dell'intimo quotidiano al cosmico di un'apocalisse generale, e lo fa con la sola forza della propria fisicità, la quale trova energia in un'atteggiata dimissione e in un eloquio che risulta vero e incalzante anche per via della sintassi franta, dei ritorni di parola e di certi periodi, volutamente o meno, impappinati. Col suo fare stralunato, l'attrice coinvolge ed appassiona, lasciando al fine della storia qualche interessante spunto di preghiera.

Pretesto per l'avvio del racconto inscenato è la forzata reclusione in casa della donna protagonista, per via della fuga da un circo in quartiere del leone “Johnny detto Shampoo per via della criniera”. Una finestra dai vetri sporchi diviene tramite attraverso il quale osservare il mondo, ma anche ingresso per l'arrivo di una curiosa compagna di vita e di studio, una gallina, depositaria di una sapere altro ed alto, se è vero che lei sola sa “se è nato prima l'uovo o la gallina”. Insieme alla gallina, la donna vive le rocambolesche situazioni di un giro in una strada, incontrando una serie di personaggi talmente fantasiosi da risultare irrimediabilmente reali. Contemporaneamente emergono i ricordi. Passato e presente, nonna e gallina sono infine ciò che permette alla donna di leggere e digerire una notizia subito intravista al principio dei fatti, ma automaticamente appallottolata e messa da parte per via della drammaticità del suo contenuto. Quasi a dire che per essere in grado di interpretare aspetti enormi della vita è necessario un insieme di tutto ciò: la forza del proprio passato, l'energia del tuffarsi in strada a vivere un presente pur surreale e l'accettazione del punto di vista dell'altro, tanto più d'aiuto quanto più altro e distante dai propri riferimenti.

La chiave di lettura dello spettacolo è fornita dalla Mori stessa al termine della sua interpretazione, nell'ambito di una sorta di dialogo nel quale le piace coinvolgere chi ha assistito alla prova. Suo intento, dichiara, è quello di far ridere il più possibile, proprio nella drammaticità e per la drammaticità di certi fatti. Risate che forse, lungi dal voler essere sberleffo della gravità in questione, assumono il valore apotropaico ed edificante che solo certe forme di preghiera possono contenere, come quella collanina messa lì, al centro del palco.


Note stampa

All’ Argot Studio di Roma: dal 7 al 10 gennaio, PREGO di e con Giovanna Mori, vincitore del premio Federgat I Teatri del Sacro 2015. Quattro giorni di residenza creativa aperta al pubblico attorno allo spettacolo PREGO, racconto poetico e surreale dalla scrittura quasi cinematografica, che indaga sul mistero della vita e sull'origine dei conflitti. Ogni sera sarà presente un ospite a sorpresa.

PREGO è la storia dell’incontro tra una donna e una gallina. La donna capisce quello che dice la gallina. Non ci può credere. Ma ci deve credere. Allora la donna chiede alla gallina: “Tu che di sicuro sai chi è nato prima tra l’uovo e la gallina e che quindi conosci il mistero, svelamelo per favore, ne ho bisogno”. La gallina dice quello che lei non osava dirsi. Dice che siamo in guerra.

Giovanna Mori: artista trasversale dalla personalità complessa . Attrice, autrice e sceneggiatrice. Firma tra l’altro per il cinema Riprendimi di Anna Negri con Alba Rohrwcher, Italian Movies di Matteo Pellegrini con Aleksiei Guskov e Leone nel basilico di Leone Pompucci – in programmazione in questi giorni. Nata in Austria da una famiglia di musicisti, giovanissima si trasferisce a Parigi dove studia e lavora all’ Ecole National du Cirque A. Fratellini, e alla scuola Jacques Lecoq. A Parigi incontra Rosa Masciopinto, anche lei attrice e autrice, con la quale, ritornando in Italia, crea il duo comico Opera Comique che ha avuto grande successo di pubblico e di critica per quindici anni.

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