Occhi lucidi e gente in piedi per POLVERE, spettacolo “importante” della Compagnia Cesare Giulio Viola che riempie il Teatro Biblioteca Quarticciolo suscitando commozione e trasporto per il dramma di una famiglia tarantina alle prese con una malattia e con quella fabbrica, l’ILVA, che tanto condiziona quanto intossica le vite di chi nei suoi pressi vive o lavora.
Una vicenda dai contorni amari, soppesata da una sensibile ironia drammaturgica che arriva al momento giusto a colmare i momenti di malinconia, a strappare più di un sorriso di comprensione. Il tutto supportato da una regia attenta che sfrutta gli spazi in modo intelligente per raccontare, nel tempo, il rapporto fra la famiglia Cataldo e la città e con la Fabbrica che tanto ha dato, quanto altrettanto (e forse di più) ha tolto.
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POLVERE e l’ILVA: quell’azienda mai nominata
In un teatro di frontiera dall’accoglienza e dall’eleganza semplice (dal foyer con i vetri lucidi alle comode poltrone in feltro rosso) da un quartiere romano socialmente difficile si parla di una città altrettanto “difficile” per ragioni sociali, economiche e ambientali: Taranto, tornata agli onori della cronaca proprio in questo periodo per il contestatissimo addio della multinazionale Arcelor-Mittal dallo stabilimento “ex ILVA”.
L’azienda resta però sullo sfondo, mai viene nominata nella piéce (quasi questa vicenda fosse universale e valida nei principi per tutti i contesti sociali dominati dall'aggressivo sviluppo industriale non sostenibile) ma la sua presenza malsana e incombente si avverte distintamente nell’aria che respira la famiglia tarantina protagonista.
I Cataldo sono Mimmo (un intenso Claudio Spadaro), Marina (una commovente Marina Lupo), il figlio Piero (un credibile Pierfrancesco Nacca) e un promettente Andrea Lintozzi (nel ruolo di Mimmo da giovane) che nell’esposto quartiere Tamburi vivono (da anni) e dall’ILVA si intossicano corpo e anima (ogni giorno) e, infine, da Taranto e dall’Italia finiranno per allontanarsi (in parte) per sempre.
POLVERE:l'ILVA e la contaminazione dei rapporti
Sebbene il dramma sia percepibile fin dalle prime battute (il carcinoma della madre, i rapporti tesi fra padre e figlio sull’Ilva), lo sviluppo della trama corre avanti ed indietro nel tempo approfondendo passato e presente e soprattutto raccontando quelle diverse “contaminazioni” che l’azienda produce nel tessuto familiare dei Cataldo, quasi fosse l’elemento nocivo che intossica i rapporti familiari. Da un lato l’insorgenza della patologia a causa dell’ambiente malsano, dall’altro l’avvelenamento dei rapporti fra padre e figlio, divisi dalla fiducia e dall’odio (entrambi generazionali) verso lo Stabilimento.
I personaggi delineati e resi così nettamente e credibilmente dalla Compagnia Cesare Giulio Viola sono solo una cellula familiare fra le altre che compongono la società tarantina, una società arricchita all’inizio dall’Azienda con grandi promesse di sviluppo e poi offesa, avvelenata ed umiliata dall’incapacità della Stessa (e di un Paese tutto) di apprestare le giuste garanzie di sicurezza e ambientali a quanti lavorano o vivono (o combattono contro) l’ILVA ogni giorno. La sua polvere entra dalle finestre nel Wind-day e la sua stessa esistenza, col tempo, ha condizionato stili di vita e scelte politiche, ha frustrato le aspettative di rinascita economica di una Regione intera (rasentando il fallimento), e ha costretto tutti ad una reazione: dalla contrizione alla rassegnazione dal malcontento fino al doloroso e necessario abbandono.
POLVERE: l'abile regia di Giulia Paoletti
Per spiegare tutto questo l’abile regia della giovane Giulia Paoletti ci lascia sorpresi, sfruttando le belle scene disegnate da Alessandro Chiti: troviamo tre lunghi teli grigi che sono posti uno alla sinistra, uno sul fondo (a delineare le pareti trasparenti di una cucina) e uno alla destra (a dividere altri ambienti immaginari) che vengono sfruttati per la proiezione di audiovisivi. Questi si sovrappongono alla sagoma degli attori che si celano a turno dietro il pannello, e che raccontano un’altra Taranto, un’altra vita, un altro passato dove lo Stabilimento non esiste e dove la purezza della gioventù di Mimmo (il capo famiglia) non viene contaminata dalla presenza della Fabbrica.
I pannelli disegnano un’ideale trinità di “Passato”, “Presente” e “Futuro” e sono lo strumento di narrazione efficace per raccontare come si è sviluppata una generazione incarnata da Mimmo, difenditrice dello Stabilimento, una generazione che ha creduto nel miracolo industriale promesso. A contrapporsi la nuova generazione di Piero, che a quella invece si oppone fino all’ultimo, mentre la madre Marina resta la vittima (non) unica di un presente che non lascia spazio né speranza, solo eterne divisioni circa un futuro che non ci si aspetta più.
Compagnia Cesare Giulio Viola
Polvere di Pierfrancesco Nacca
con Andrea Lintozzi. Claudio Spadaro Marina Lupo Pierfrancesco Nacca
scene Alessandro Chiti
| musiche Marco Bruno
graphic supervisor Paolo Passarelli
regia Giulia Paoletti
Teatro Biblioteca Quarticciolo Via Ostuni 8 – Roma Direzione artistica Veronica Cruciani