POLTERGEIST è tra gli spettacoli selezionati da LETTERA 22, il premio giornalistico di critica teatrale riservato agli spettatori under 36. Di e con Laura Pompetti, una produzione LaQuiete Teatro, per la supervisione registica di Marta Sappa e la drammaturgia sonora di Andrea Pelati, voce: Massimiliano Briavara.
POLTERGEIST è una parola tedesca composta da Geist “spirito” e poltern “bussare” e lo potremmo tradurre con spirito chiassoso, rumoso. Questo fenomeno si manifesta tramite il presunto muoversi di oggetti inanimati, quadri e soprammobili che cadono o si spostano, elettrodomestici che si accendono o spengono e si pensava che fosse causato da una presenza soprannaturale. L'esistenza di questo fenomeno se pur già conosciuto nell'antica Roma non è mai stata accertata. Fino a ora.
Già il fatto che il teatro lo renda protagonista nella sua vita all'interno della scena, che è vita vera a tutti gli effetti, agita da un attore davanti a un pubblico, lo rende più reale che che mai, cercere di spiegarlo scientificamente non ha più importanza.
Ispirata da questo fenomeno Laura Pompetti crea questo atto unico per sola donna, una giovane donna perennemente in stato di allerta perché turbata dalle sue paure e dai timori imposti dall'esterno in un continuo e distruttivo stare allerta. La protagonista viene sballottata dallo stato vigile e consapevole a quello ipnotico e onirico e viceversa, lotta emotivamente e fisicamente con questa parte di sé che si risveglia e colpisce senza pietà.
Non a caso la nostra protagonista senza nome indossa dei guantoni da pugile, cerca di imparare una tecnica di difesa, che però non serve, tutto la travolge in questa partita ad armi impari di un'ora scarsa con l'inconscio.
Ecco davanti a noi la paura e la rielabolazione che l'inconscio ne fa in questo cocktail di fatti e ricordi che si presentano apparentemente random, indagando gli stati psicologici che ne conseguono: altra paura, dubbio, riso isterico, autoironia. Ogni cosa è collegata a un'altra in un unico fluire di fatti, sensazioni, emozioni. Quell'unico fluire siamo noi. E dall'esperienza personale nasce quella collettiva, dove a un certo punto non è più possibile non identificarsi.
Le luci fanno gioco a parte nella scena quasi spoglia, prepotenti e psichedeliche, entrano in scena senza chiedere il permesso, come usa fare la paura mettono impietosamente luce sulle cose.
Perché tutti sappiamo bene quanto la paura faccia rumore. La paura che ci scuote interiormente, sempre, chiassosa e invadente, spesso ingestibile. È qui il cuore del lavoro di Laura Pompetti: come conviviamo con la paura? Come la affrontiamo? La affrontiamo? La giovane attrice indaga tutto questo all'interno di sé, riuscendo a raccontarsi nel profondo.
Laura Pompetti indaga l'inconscio umano partendo con coraggio dal suo personale materiale interiore: “sono le immagini immobili che mi fanno disperare. Come quelle foto scattate nel momento meno opportuno. Io credo che forse è così che si assegnano i destini. Scattando una foto per sempre nel momento meno opportuno. Sono rimasta allora ad aspettarlo il momento giusto per cambiare, ma non ci sono santi che tengono. Quelli, se ci sono, sono solamente aggettivi qualificativi per i numi che impreco quando non mi trovo più nel mezzo delle cose. Non ho compreso come uscire da una posa fissata molto tempo fa”, ci spiega nelle note di regia, una sincera dichiarazione di intenti e di poetica. La dolorosa consapevolezza di un'anima sensibile e intelligente.
In scena soltanto Laura Pompetti e il suono, con le immagini visive e acustiche che insieme sviluppano, il suono è un vero e proprio coprotagonista in questo lavoro sperimentale. Il suono ha il ruolo del fantasma che smuove, che irrompe, che soprende, e che crea questi luoghi immaginari in cui la protagonista si muove. Al visivo si unisce il sonoro, i ricordi infatti fanno rumore, anche quando facciamo finta di niente, richiamano spazi interiori che si manifestano pretendendo un riscatto. Tutto ciò che abbiamo vissuto e che siamo torna ogni giorno, quando meno ce lo aspettiamo, nelle più diverse manifestazioni del vivere: sono le fratture interiori irrisolte che vengono a farci visita.
Se le nostre vite sono pose assegnate nel momento meno opportuno durante l'assegnazione dei destini, possiamo provare a uscirne, forse non è per sempre, forse non ci riusciremo, è il tentivo allora ciò che conta.