PARTO @ Teatro Studio Uno: il dolce naufragare della gestante

Vivace, dissacrante e autoironico, lo spettacolo PARTO ha riempito la sala Specchi del Teatro Studio Uno a fine Febbraio scorso: un successo dovuto al fascino istrionico dell’unica interprete, Eva Gaudenzi e dal testo che affronta piccoli e grandi cliché della gravidanza (e non solo) e del momento del parto con un occhio cabarettistico e scanzonato, senza rinunciare alla teatralità della messa in scena.

Eva Gaudenzi, sola sulla scena brilla di luce propria, incarna con scanzonatezza ogni donna prima alle prese con la scelta (e la volontà) di restare o meno in cinta (“Chi vuole un figlio non insiste” riflette)e poi con il periodo gestatorio che ne segue, quel mare tempestoso e inevitabile, un periodo da amare e odiare, ma che cambia per sempre ogni donna (l’uomo qui non viene preso in considerazione).
Eva ce la racconta tutta la Gravidanza, dalle reazioni fisiche alle reazioni umane, dai trattamenti sanitari ai trattamenti dei sanitari, dei parenti e degli amici, con occhio vagamente cinico e sicuramente dissacrante sull’atteggiamento mentale che la stessa gestante assume poi su se stessa.

Il testo, che ha ricevuto importanti riconoscimenti (da Shortlab e dalla rassegna Pillole in cui è stato presentato) narra per l’appunto le difficoltà, le ansie, le torture fisiche di un corpo che cambia; ed è il Tempo, però, il vero protagonista dell’opera, quel tempo-età anagrafica della protagonista per primo, che sembra far sfuggire ogni possibilità di mettere al mondo un figlio, e poi il tempo-attesa della gravidanza con tutti i suoi piccoli drammi psico-fisici e castranti, e infine il tempo-straziante delle doglie, il tutto letto con occhio spiritoso ma attento a non infrangere quella linea di confine del commento che sfocia in lamento e che caratterizzerebbe un repertorio di stereotipi ad uso esclusivamente femminile, alla lunga fastidioso anche per quelle e incomprese dal genere maschile.

La Gaudenzi (qui anche regista oltre che interprete) si muove invece abilmente sul bilico di questa ironia, e non tralascia nulla, è sempre al centro della scena interpretando anche più ruoli, cambiando abilmente di registro, di intensità recitativa, costruendo attorno a sè un ottimo giro di luci. Ondeggia piacevolmente tra uno spirito cabarettistico (dovuto all’argomento, gonfio di inevitabili luoghi comuni) ed una rilettura più teatrale delle emozioni che sfocia nella splendida metafora del parto come un mare in tempesta.
Non manca un intelligente uso della parola Parto, che allude alle partorienti come al verbo “partire” che equivale al viaggio che ogni donna fa poi dentro se stessa in quel periodo, un lungo viaggio attraverso una tempesta di emozioni in cui si riassumono tutti gli stimoli, le paure, le attese che la gestante è costretta a subire nel suo piccolo adorabile calvario.

Una tempesta in cui è bello anche il naufragare senza perdere il timone, è dolce se l’attesa è lì alle porte.
E richiede, dunque, un seguito, un nuovo Viaggio.

Info:

PARTO – Monologo di sola andata verso la maternità
prodotto dall'associazione culturale Pane e Parole
di e con Eva Gaudenzi
22-25 Febbraio Teatro Studio Uno
Foto di © Adele Talarico

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