PARLAMI D’AMORE@Teatro Libero Milano

In una coppia si sono addensate nubi nere sul punto di trasformarsi in un dirompente temporale in cui pioggia, fulmini e grandine si scatenano senza regole e remore: ironico quadro più frequente di quanto non si creda.

Apparentemente di routine lo svolgersi della bufera annunciata nell’incipit della pièce quando i nostri due antieroi – definiti a bella posta dall’autore Philippe Claudel (Dombasle-sur-Meurthe/Lorena, 1962, scrittore, accademico presso l’università di Nancy, regista e sceneggiatore) un marito e una moglie qualsiasi senza un nome che li identifichi a significarne l’emblematicità ricorrente nella società – che al ritorno dall’ennesima cena di rappresentanza a causa delle superficiali e pretenziose osservazioni di lui rompono i freni del perbenismo e si lasciano andare a una serie infinita di recriminazioni che mettono in discussione vita coniugale, figli, parenti, amici, conoscenti, debolezze reciproche… insomma se stessi in una continua esplosione non solo di battute…

Una sagace capacità di Claudel di rovesciare tutto sul campo di battaglia attraverso dialoghi sferzanti con fine e pungente ironia alternando divertimento a tristezza sull’incapacità degli uomini di dialogare nel loro correre disperato alla ricerca delle apparenze attraverso un’ipocrisia programmatica e una superficialità sconvolgente per accorgersi poi che esiste anche altro…

Un forte j’accuse alla società odierna costituita da infiniti nuclei del genere e quindi inautentica fin dalle radici: cosa aspettarsi allora da un mondo costituito da simili ‘campioni’ che rappresentano esponenti della società che conta, che guida, che sostiene l’economia, la politica… quando non è in grado di guidare se stessa? Nessuna meraviglia e un sorriso un po’ amaro che fa riflettere se siano necessari tanti lustri per accorgersi che non si è mai parlato d’amore.

Un lavoro non facile da interpretare per il rischio di annoiare o eccedere nei toni, testo che ha trovato due interpreti straordinari in Claudia Negrini e Michele Bottini che dirigendo se stessi si sono tanto ben calati nella parte – sempre in modo equilibrato – da fare credere di essere i veri protagonisti di questa storia di ordinaria e quotidiana tempesta, dopo la quale si fa fatica a intravvedere la fatidica ‘quiete’.

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