OTELLO @ ARENA DEL SOLE: Dove c'è l'Otello c'è tutto

L'Arena del Sole ha ospitato OTELLO, produzione del Teatro dell’Elfo messo in scena per la regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli, un contenitore che attualizza la vicenda del Moro con una traduzione contempranea e nuova, di Ferdinando Bruni: Iago diventa qui narratore e ci colpisce la scena mobile disegnata da Carlo Sala attraverso dei teli trasparenti. Un ottimo cast per tre ore di spettacolo che è potente per sua natura, che fa alzare l'asticella del proprio percorso interiore nello spettatore.

Il Teatro dell'Elfo sceglie di confrontarsi con uno dei testi cardine del teatro, l'opera shakesperiana dove c'è tutto: amore e odio, rancore, gelosia e insicurezza, schiettezza e falsità,vizio e pudore, razzismo, femminismo e misoginia che porta al femminicidio più famoso della letteratura inglese, comico e tragico in continuo gioco di altenanze, amicizia e sesso. L'OTELLO è un contenitore che ha tutto al suo interno e oggi più che mai offre la possibilità di attualizzare la vicenda del Moro di Venezia in un contesto non solo contemporaneo, ma più ampio, senza confini. Non sono necessarie altre parole per lodare il genio di Shakespeare, la storia la conosciamo bene tutti, ciò che conta qui e ora è come viene raccontata.

L'espediente è una regia in generale classica, ma con aspetti particolarmente di rilievo. Partendo dalla base, il testo, non si può prescindere dal fatto che per il copione sia stata usata una traduzione contemporanea e nuova: quella di Ferdinando Bruni. Questa trascrizione, sempre attenta all'endecasillabo shakespeariano e libera dalle inclinazioni letterarie – e proprio questa libertà ha fatto sì che ci fosse altenanza tra la lingua più alta e raffinata e quella più bassa e colloquiale – rende così la varietà di strati che compongono la lingua e la cultura italiana, traducendo nelle intenzioni il persorso della lingua shakeasperiana, fatta di sublime poesia ed esercizi di stile, ma che percorre tutte le sfumature, fino ad arrivare con disinvoltura al linguaggio del popolo, volgare e contreto.

Un inaspettato Iago narratore a intermezzo delle scene alternativamente al buffone di corte, Iago ci spiega le sue intenzioni, ci porta sempre più all'interno della storia raccontandoci i suoi piani, i trabocchetti che di volta in volta creeranno prima il dubbio e poi l'erronea certezza del tradimento in Otello, lo fa con la fierezza di chi si crede nel giusto e non ha bisogno di giustificare il suoi atti. Iago è il male per il male, l'intolleranza, il razzismo, l'odio puro senza ragione, Iago è il sempre attuale, la storia che si ripete.

Coinvolgente ed efficace il modo in cui è presentata la scena a cura di Carlo Sala e la maniera in cui gli attori la plasmano, facendo diventare tempesta dei teli trasparenti, muovedola nei suoi tasselli per cambiare luoghi e stati d'animo. La scena si presenta come una struttura a scatola di cui resta solo l'impalcatura, i lati e il fondo restano aperti dando la possibilità di svelare il meccanismo del teatro, le corde, i cavi, gli interruttori, le strutture delle quinte vengono svelate, e da questo svelamento la possibilità di creare degli effetti di controscena non scontati, mostrando cosa sono intenti a fare altri personaggi al di là della scena madre del momento, in una sorta di montaggio parallelo e alternato solitamente più cinematografico che teatrale. La mobilità della scena è affine all'alternanza continua tra comico e tragico, tutto cambia, tutto è in contrasto, fragile, ingannevole, come le relazioni umane.

Un solo appunto sulla scelta del trucco che ha rischiato di far perdere potenza al protagonista, non c'era bisogno di aggiunte posticcie nella capigliatura, bastava il fondotinta scuro per caratterizzare la fisicità di Otello, mantenersi più asciutti come aveva scelto di fare Orson Welles nella sua versione cinematografica sarebbe stata la scelta migliore. È già palese che chi abbiamo davanti non è di colore, non è un “moro” di Venezia, un “negro” come lo chiamano alcuni con disprezzo e la bravura degli attori era già sufficiente per rendere il suo orgoglio e l'avversione degli altri nei suoi confronti, il razzismo e la falsità, non era necessario niente di più. Questa scelta, forse giustificata dal fatto che i personaggi non erano in costume di epoca shakespeariana, i costumi, infatti, soprattutto quelli femminili, sono moderni, se nel contesto globale poteva avere una sua coerenza, era un dettaglio che saltava invece troppo all'occhio.

In un cast di indubbia qualità una menzione speciale a Federico Vanni, un Iago mozzafiato, ad Alessandro Averone, nel doppio ruolo di Roderico e del Buffone e una sofisticata Desdemona interpretata da Emilia Scarpati Fanetti, supportati da un cast energetico in grado di reggere alle oltre tre ore di spettacolo mantenendo la stessa forza interpretativa accompagnata dalle musiche originali di Silvia Colasanti, delicate e quasi impercettibili, e dalle luci suggestive di Michele Ceglia.

Uno spettacolo potente per sua natura, che fa alzare l'asticella del proprio percorso interiore nello spettatore: siamo stati tutti ingannati come Otello, crudeli senza motivo come Iago e mortificati come Desdemona, tutti immersi nella tragedia e nel grottesco delle nostre vite. E, come a volte accade, il bene non vince sul male, la razionalità non trionfa sugli istinti più gretti e ingiusti, dove c'è Otello c'è tutto.

Info:
OTELLO di William Shakespeare
Arena del Sole 
Sala Leo de Berardinis

traduzione Ferdinando Bruni
regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli
scene e costumi Carlo Sala
musiche originali di Silvia Colasanti
con Elio De Capitani, Federico Vanni, Emilia Scarpati Fanetti, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Alessandro Averone, Carolina Cametti, Gabriele Calindri, Massimo Somaglino, Michele Costabileluci Michele Ceglia
suono Giuseppe Marzoli

produzione TEATRO DELL’ELFO
con il sostegno di FONDAZIONE CARIPLO

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