ONCE UPON A BRIDGE – LIE LOW @Teatro della Limonaia: inattesi incroci di destini ad Intercity Dublin

Prosegue il resoconto direttamente dall’Intercity Festival Dublin (fino al 15 ottobre) del Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino dedicato alla drammaturgia contemporanea irlandese. Dopo The Approach e Conversations after sex recensiti qui su Gufetto, i riflettori sono stati rivolti a due testi proposti entrambi per la prima volta in italiano nella forma della mise en espace: LIE LOW di Ciara Elizabeth Smyth con Ludovico Fededegni e Carolina Pezzini, e ONCE UPON A BRIDGE di Sonia Kelly con Maddalena Amorini, Sebastiano Spada, Simone Tangolo. Storie di destini che inaspettatamente si intrecciano a disegnare una trama assai diversa da quella che i protagonisti, e un po’ anche noi, ci saremmo mai immaginati.  

A cura di Leonardo Favilli e Federica Murolo

ONCE UPON A BRIDGE: IL RACCONTO DI UNA STORIA VERA E DEI DESTINI DEI SUOI PERSONAGGI

Una scena di Once Upon a Bridge, dalla pagina FB del Teatro della Limonaia

ONCE UPON A BRIDGE – ACCADDE SU UN PONTE si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto a Londra alcuni anni fa quando in una ordinaria mattina, naturalmente grigia e caotica, tre persone si scontrano improvvisamente sul Putney Bridge, due pedoni ed un autista di autobus. Lo spettacolo racconta l’evento portando in primo piano il messaggio della fugacità della vita. Ognuno dei tre personaggi è estremamente concentrato quella mattina a realizzare il proprio obiettivo della giornata: l’autista (Sebastiano Spada) è un immigrato al suo primo giorno di lavoro e si adopera al massimo per realizzare la “corsa perfetta” e dare così una buona impressione ai suoi superiori; la ragazza (Maddalena Amorini) che ha sudato tanto per diventare avvocato si sta preparando per adnare ad un colloquio che potrebbe svoltarle la carriera, ed infine l’uomo in affari (Simone Tangolo), che si affanna per arrivare puntuale ad una riunione di lavoro dove molto probabilmente gli verrà assegnata una promozione. Tre vite, tre destini sconosciuti ed affaccendati nella loro quotidianità si intersecano per una frazione di secondo interminabile che solo per miracolo non sfocia nella tragedia. La dinamica dell’incidente viene raccontata dagli attori durante la messa in scena e poi anche supportata dalla visione della registrazione della telecamera posizionata sul ponte, che fu poi reso pubblico: l’uomo in affari stava facendo jogging quando prende in pieno la ragazza che stava camminando in direzione di marcia opposta, scaraventandola sulla strada dove stava per l’appunto passando il famoso bus a due piani, che solo grazie alla prontezza di riflessi dell’autista riesce a sterzare in tempo ed evitare di travolgerla.

ONCE UPON A BRIDGE E IL RAPPORTO CON LA MISE EN ESPACE

Lo spettacolo è presentato in forma di studio/mise en espace e quindi in formato ancora embrionale, non definitivo, per essere considerato uno spettacolo vero e proprio. Tuttavia, personalmente ritengo che si sia già arrivati ad un ottimo punto di sviluppo dello stesso. Tutti e tre gli attori pur non recitando a memoria perché si appoggiano ai leggii hanno già raggiunto un avanzato livello di interpretazione dei propri personaggi: ognuno di loro mette in scena nella maniera più vera quelli che possono essere i pensieri ricorrenti di ciascuno di noi quando deve uscire di casa la mattina ed affrontare la propria giornata. Il ritmo degli attori è costante e segue l’andamento di ciò che i personaggi devono dire o ricordare. Proprio per questo specifico format, il palco non prevede alcun tipo di scenografia, gli attori si muovono in uno spazio dove sono presenti solo sedie, leggii e microfoni oltre ad un tavolo con un PC utilizzato in diretta per qualche traccia musicale che inizia a far da sfondo alla regia. Quest’ultima, diretta dallo stesso Sebastiano Spada, riesce a comunicare allo spettatore non solo la dinamica dell’incidente, ma anche come l’impatto tra i tre personaggi abbia frenato di colpo tutte le loro aspettative: se essi erano fino ad un momento prima impegnati a correre per raggiungere i singoli obiettivi, ecco che la vita, imprevedibile come sempre, fa accadere l’inimmaginabile e può in un solo secondo spazzare via i tuoi piani costringendoti a fermarti e a riflettere. Se l’autista non si fosse spostato in tempo, molto probabilmente quella ragazza sarebbe morta.
Sarà sicuramente interessante vedere questa rappresentazione nello step successivo con una sua più completa definizione diventando un vero e proprio spettacolo, sperando che il progetto sia portato avanti.

Foto di scena dalla pagina FB del Teatro della Limonaia
Foto di Lie Low, dalla pagina FB del Teatro della Limonaia

LIE LOW: NELL’ARMADIO NON SOLO SCHELETRI 

Piccole isole fatte di oggetti in disordine si distribuiscono nello spazio dominato sul fondo da un armadio, unico elemento di “ordine” o potenzialmente incaricato di mantenerlo, mentre in primo piano le postazioni degli attori ai lati con sedia e leggio si fronteggiano a distanza. A seguito di un’aggressione avvenuta al rientro da una festa in cui si è bevuto un po’ troppo, una ragazza si trova costretta ad affrontare il proprio trauma e l’insonnia che le provoca con il suo analista e dopo svariati tentativi, non resta che un’ultima strada: rivivere il trauma con un aggressore “familiare”. Quale migliore figura di quella fraterna per mettere in atto la terapia? Sarà proprio l’incontro con il fratello, allontanatosi da lei un anno fa, proprio dopo quella fatidica festa, al centro della scena, in uno scambio di battute da partita di tennis in cui le confessioni dall’una e dall’altra parte sembrano far prevalere un personaggio o l’altro finché una domanda o una risposta non gela il dialogo. Le accuse di molestie che una collega ha rivolto all’uomo si intrecciano perversamente con il trauma della donna che ha ancora negli occhi la fisionomia del pene del suo aggressore, ultima visione prima della fuga di quest’ultimo. In un gioco che sembra inizialmente divertire, alla richiesta della protagonista al fratello di chiudersi nell’armadio con una maschera da papera e di simulare, con sempre maggiore realismo, quella stessa maledetta scena, le debolezze e i lati oscuri dei personaggi vengono alla luce finché entrambi si ritrovano ad implorare aiuto, nel sospetto reciproco che qualcosa di losco si nasconda. Comunque tutto è bene quel che finisce bene: la ragazza supererà il trauma scoprendo la sua natura omosessuale mentre il fratello sarà scagionato dalle accuse e la sua vita da professore universitario serenamente sposato riprenderà.

Scenografia, luci ed interpretazione in lie low

Al cambio luci è affidata la scomposizione dei piani temporali e soprattutto psicologici: luci calde statiche per il dialogo e la reinterpretazione dell’aggressione mentre una luce più fredda e ai limiti dello psichedelico si concentra sul fondo proveniente dall’armadio stesso, quando gli incubi dei due personaggi sembrano materializzarsi e fuoriuscire monopolizzando la nostra attenzione in quel becco giallo da papera che ci strappa un sorriso anche nei passaggi più delicati. Gli attori in scena, Ludovico Fededegni (UBU 2022 per miglior attore under 35) e Carolina Pezzini, hanno dimostrato davvero una grande sintonia e una grande capacità di modulazione della voce, senza farci rimpiangere una messa in scena tradizionale. Nonostante le loro posizioni statiche, nei dialoghi serrati e ben cadenzati, hanno saputo rendere dinamica la struttura drammaturgica che in questa mise en espace è ancora abbozzata, fatta eccezione per le finte aggressioni e i sogni reconditi. L’umorismo e la capacità di non prendersi troppo sul serio si accompagnano a braccetto con la profondità dei temi in gioco e la fragilità dei rapporti in un mix che, pur restando anglosassone, è meno cinico e con tinte chiare, nette, per un quadro complessivo che finisce per apparire molto nitido, senza sottintesi.
Il risultato finale è una rappresentazione che ha esaltato la freschezza e il ritmo del testo della Smyth, introdotta al pubblico nel foyer prima dello spettacolo da Dimitri Milopulos, direttore artistico del festival e del teatro, per aiutarci a capire la contemporaneità, anche gestionale e politica, del teatro in Irlanda; un paese che sta vivendo una nuova primavera drammaturgica e teatrale di cui il festival Intercity ha il merito di regalarci quest’anno un piccolo assaggio.

ONCE UPON A BRIDGE – ACCADDE SU UN PONTE

di Sonia Kelly
regia di Sebastiano Spada
con Maddalena Amorini, Sebastiano Spada, Simone Tangolo
traduzione Maria Scorza

Visto il 1° ottobre 2023 

LIE LOW – NASCONDIGLI

di Ciara Elizabeth Smyth
regia Erik Haglund
con Ludovico Fededegni, Carolina Pezzini
traduzione Lorenzo Borgotallo
studio/mise en espace, prima assoluta in italiano

Visto il 30 settembre 2023

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