OLD TIMES @ Teatro dei Conciatori: il Passato, il ricordo e Pinter in una nuvola di fumo

Fino al 14 maggio è in scena al Teatro dei Conciatori il Pinter di OLD TIMES per la regia di Michael Rodgers, con Christine Reinhold, Lisa Vampa, Marco S. Bellocchio, produzione di Teatro Primo Studio della stessa Reinhold. Si tratta di una buona occasione per rispolverare un Pinter tutto sommato autentico nelle sue intenzioni, ricco di sfumature, molte ben colte non solo sul valore del nostro Passato e sulla impossibilità di conoscerlo completamente, ma anche sui rischi della sua reinterpretazione.
Una pièce non eccessivamente lunga, con tre buoni interpreti, che tradiscono una certa recitazione cinematografica (che in fondo non dispiace) ricca di dialoghi e scontri verbali mai realmente esplosi o tramutati in gesti concludenti, ma spesso piuttosto pruriginosi e vagamente scottanti.


 

La drammaturgia è sostanzialmente quella originaria: siamo in una stanza di un salotto borghese dove due coniugi sulla quarantina Deelay (un naturalistico Bellocchio) e Kate (una delicatissima Reinhold) aspettano l’arrivo di una vecchia amica di lei, Anna (una Lisa Vampa felpatamente inquietante). Il suo “arrivo” (chiamiamolo così) porta ricordi e contraddizioni, memorie e immagine confuse, imbarazzati silenzi e tentazioni sottese fra ogni personaggio, come nel più classico stile “pinteriano”.
Scenografia minima: due divani su cui gli attori passano continuamente, ed un separé bianco che indica la divisione dalla stanza da bagno. In questa versione Rodgers ci regala una Kate piuttosto maliziosa, mai comunque esplicita, una Kate delicatissima ed inconsapevole (brava la Reinhold nell’intonazione, l’accento francese e l’aspetto delicato costruiscono una Kate vagamente incolpevole), forse rappresentativa della parte più innocente del nostro essere umano, dimentico di se stesso, ed un Deelay più che consapevole di dover restare aggrappato alla realtà .
Bene il regista ha fatto nel lasciare la figura di Anna, nel secondo atto, quasi sospesa tra realtà e immaginazione, quasi fosse una creatura partorita dalla mente dei due coniugi (come probabilmente nelle intenzioni di Pinter), quasi fosse lei stessa un ricordo che istiga una rimembranza più profonda delle relazioni che legano i due borghesi fra loro nella vita coniugale.

Più che di pièce della memoria però, questa è una “forgetting play” dove molto si racconta ma anche tanto si nega o si dice di “non ricordare”. Ed è quello il punto chiave: cosa è effettivamente il Passato ed il Tempo (come testimoniato dalla bella locandina scelta, vedi sotto) se non il ricordo che ne abbiamo, o forse si svela in quelle situazioni che immaginiamo di aver vissuto o addirittura, fingiamo di aver vissuto. Su questo ruota tutto l’impianto drammaturgico e su quel “non detto” che cela sia la dimenticanza quanto la negazione della verità (e ce la ricordiamo poi?).
L’impossibilità di ricordare il Passato nella sua esattezza è la prova inconfutabile che le nostre certezze sugli altri possono essere scalfite anche da chi ci parla di chi conosciamo da una prospettiva diversa (il marito stesso dice di voler restare attento a come la moglie verrà vista dagli occhi della sua amica). E non a caso, Anna afferma a proposito di se stessa (e più genericamente a noi tutti): “A volte ci si ricorda di cose anche se non sono mai avvenute. Io ricordo cose che magari non sono mai avvenute, ma proprio perché le ricordo diventano reali”.
L’arrivo di Anna sulla scena, con un semplice voltar di spalle (giusta la scelta registica di aver mantenuto questo particolare), rompe quella monotonia della coppia borghese, quella convinzione di conoscersi da sempre, per svelare un passato (di lei e dell’amica stessa) non così chiaro o conosciuto. E al tempo stesso i ricordi si confondono, non solo quelli fra le due amiche ma anche con quelli del marito, e le interpretazioni del reale sfumano come in la nuvola di fumo da sigaretta, aleggiante sulla scena per gran parte del primo atto. Nel secondo atto (sempre ambientato in un’altra stanza) i contorni reali della visita sembrano quindi degradare nell’irrealtà (bene il regista a seguire gradualmente questa evoluzione, anche pagando qualche pausa di troppo), per sostituirsi al ricordo di ciò che si vorrebbe immaginare che fosse accaduto ma non è detto che sia accaduto realmente.
E in questo l’intento del regista scozzese ha funzionato, c’è effettivamente nel secondo atto una maggiore tensione sospesa, una giusta calibratura delle pause che indicano quel non detto “pruriginoso” fra tutti i personaggi, che può essere letto dallo spettatore in diversi modi (è questo il bello di Pinter: costringerci a fare domande su tutto), che spinge lo spettatore a chiedersi cosa c’è sotto, cosa si nasconde fra Anna e Kate (cosa le univa davvero nel passato?) e cosa potrebbe aver legato la stessa Kate a Deelay nella rielaborazione fatta da costui?
Interrogativi che il regista ha giustamente mantenuto aperti, come nel miglior spirito di Pinter, tutto da scoprire o riscoprire.

Info:
OLD TIMES
Al teatro dei Conciatori
dal 02 al 14 maggio 2017

Regia:Michael Rodgers
Autore:Harold Pinter
Interpreti:Christine Reinhold, Lisa Vampa, Marco S. Bellocchio
Scene:Mauro Radaelli
Costumi:Verde Lilla e Maurizio Baldassarri
Musiche:Piero Umiliani
Traduzione:Alessandra Serra
Altro:Illustratore: Roberto Ronchi light design: Claudio De Pace

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF