OGNI VOLTA CHE GUARDI IL MARE @ Teatro Lo Spazio: l'odore del Sud

Scritto dalla giornalista Mirella Taranto, diretto da Paolo Triestino e interpretato da Federica Carruba ToscanoOGNI VOLTA CHE GUARDI IL MARE, in scena dal'11 al 16 ottobre al Teatro Lo Spazio, è un monologo che vuole ricordare la forza, l'amore per la vita e la sete di verità di Lea Garofalo, testimone di giustizia strangolata e bruciata per ordine della ‘ndrangheta nel 2009, all'età di 35 anni, per non essersi sottomessa al sistema criminale nel quale era cresciuta, e del quale facevano parte la sua famiglia di origine e il compagno, padre di sua figlia Denise (alias Sara Macrì). L'autrice specifica, però, che i fatti sono liberamente interpretati e che il racconto è "un omaggio alla sua testimonianza e a quella della figlia". Una storia che "l'ha travolta", e che insieme al regista ha deciso di raccontare.

Ad aprire la scena è la canzone di Rino Gaetano, "Ma il cielo è sempre più blu", blu come il mare della terra della nostra protagonista (e quella dello stesso Gaetano e dell'autrice), un blu deciso che riempie gli occhi e illumina il fondale della scena. Sara (è Denise il vero nome della figlia di Lea Garofalo) inizia a riscaldare l'ambiente risvegliando i nostri sensi, ed evocando poco a poco immagini che sanno di passato, di tradizione, di veracità, di terra del Sud. Ci fa entrare lentamente nei suoi ricordi e ce li mette addosso, a stretto contatto con la pelle e lo fa preparando una torta con ingredienti semplici e tanta scorza d'arancia, che sfornerà nel finale per mangiarla "insieme" alla madre (e a spettacolo finito anche con il pubblico): sarà Ida Scofano a darle voce nel suo ultimo messaggio di vita alla figlia, la lettura del suo testamento spirituale. 

Il ritratto di Lea assume le forme della nostalgia, che "riempie l'anima di ciò che non si può più toccare con il corpo". Sara è piena dei sorrisi che irradiavano luce dal viso di sua madre, che la facevano sentire al sicuro e amata, che le hanno poi insegnato ad usare gli angoli del cuore, lì dove "si annida la speranza", per continuare a vivere. La sua storia è quella di una donna che si ribella all'illegalità ed è per questo costretta a nascondersi, ad essere sotto protezione, attenta a non fare attecchire mai alcuna radice in alcun luogo. "Si ribellava a quel sistema anche da morta"; mentre il suo corpo bruciava nel petrolio senza consumarsi,"le hanno dovuto spaccare le ossa" per farla sparire. Il suo unico vero e forte legame nei 7 anni di fuga è quello con la figlia, colei che le ha dato la forza di scoprire le corde più profonde della sua anima e mettere in discussione tutta la sua vita: lottare per Sara, perché il suo futuro sia migliore di quello che è toccato a lei, tenerla lontana da ciò che la può sporcare, perché per una bambina di cinque anni può ancora esserci la speranza che l'illegalità non diventi una condizione normale.

E' denso il testo di Mariella Taranto, giornalista e autrice dello spettacolo. Verboso. E' intriso di fatti, emozioni, sofferenze, ricordi, speranze e di rabbia, quella di chi parte e di chi torna. E dei profumi di una terra che sa di Sud, di abitudini e vecchi schemi, di semplicità, ma anche di assenza di legge e disumana violenza. Il linguaggio che utilizza è poetico, ma anche duro, diretto. A volte è calabrese, a volte siciliano, a volte napoletano, come la canzone neomelodica che ad un certo punto attraversa la scena: "è la cifra del sud", come afferma l'autrice, la stessa di cui fa parte la giovane siciliana Federica Carruba Toscano. Intensa, energica, piena. La sua è una doppia interpretazione, quella di Lea e quella di sua figlia, che in alcuni momenti, però, si confonde, come quando buttato a terra il tavolo, gli si rannicchia davanti impaurita: c'è un sovrapporsi di voci, di personaggi. Le troppe parole, a volte, la fanno incespicare, i troppi cambi emotivi a volte la stremano, si sentono leggeri cali di suono e il contatto col pubblico rallenta ma poi subito recupera il filo e la nostra attenzione. E' lei a guidare e a mettere ogni cosa al suo posto, sul palco e in platea, bene allenata ai veloci cambi emotivi, ai ritmi intensi, come ci confessa l'attrice a fine spettacolo, grazie al lavoro con Vucciria Teatro (Compagnia teatrale indipendente formatasi nel 2013 e che opera tra la Sicilia e Roma, fondata da Joele Anastasi ed Enrico Sortino di cui fa anche lei parte), allo studio delle opere di Shakespeare fatto in Inghilterra e agli eserci di respirazione. Ma anche e soprattutto alle solide scelte registiche: "Paolo mi ha dato punti comandati, io li ho seguiti".

La regia di Paolo Triestino è precisa e attenta. Se l'autrice addensa di parole il testo, lui riempie gli spazi con un ritmo ben preciso che tiene in equilibrio il lungo ed intenso monologo. Le scene e i costumi di Lucrezia Farinella e le luci di Gabriele Boccacci sono funzionali alle azioni e alle emozioni dell'attrice in scena. Ogni oggetto sul palco ha un senso e l'attrice interagisce con essi e da questi acquisice maggior forza e ritmo. Il cucinino in cui si muove Sara ci mostra un arredamento anni '50 e divide la scena in tre parti: un appendiabito in legno e un forno acceso (nel quale cuocerà la torta) sulla sinistra, un tavolo al centro con due sedie poste l'una di fronte all'altra (a sottolineare "il dialogo" tra le due donne), e sulla destra una poltrona in fondo con una copertina e uno alto sgabello su cui, di tanto in tanto, "suona" il giradischi. 

Interessante il fondale che cambia colore in base ai ricordi e agli stati d'animo comunicati, come quando l'attrice con la mano tocca la parete sul fondo che da rosso (ricordo di un discorso tra il padre e la madre) diventa blu (il ritorno al presente, al mare della sua terra). Qui il suo cambio emotivo fa switchare immediatamente anche quello del pubblico, destandolo e tenendolo sempre attento. Anche il momento televisivo di "Lascia o raddoppia", è un'escamotage utilizzato per dare ritmo alla scena. Forse è proprio questo l'unico momento in cui lo spettatore può scaricare un po' di tensione e rilassarsi insieme all'attrice, che strappa sorrisi anche di spalle, seduta in poltrona ad applaudire Mike Buongiorno.

OGNI VOLTA CHE GUARDI IL MARE è una storia che fa vibrare la pelle e scuotere l'anima, e che permette a Sara, all'autrice, ma anche al suo pubblico, di "attraversare il dolore e capovolgerlo".

 

Info:

OGNI VOLTA CHE GUARDI IL MARE
Teatro Lo Spazio,Via Locri, 42/44 
Dall'11 al 16 ottobre

Di Mirella Taranto
Con Federica Carruba Toscano
Regia di Paolo Triestino

Guarda il video del giorno dello spettacolo

Leggi la nostra recensione sullo spettacolo andato in scena lo scorso febbraio:
OGNI VOLTA CHE GUARDI IL MARE@ Teatro Lo Spazio: Chi dice donna dice coraggio!

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