È la sera del 10 dicembre del 1936, Marta Abba – attrice musa di Luigi Pirandello – sta per recitare in un teatro di Broadway, mentre il drammaturgo sta morendo; sarà proprio Marta a dare al pubblico la triste notizia la sera dello spettacolo, prima di ritrovarsi da sola nella stanza che la accoglie a New York.
Tutto ha inizio così: Marta annuncia a noi, il suo pubblico, la morte di Luigi Pirandello, e con un solo gesto cambia scena, la ritroviamo nella sua camera d'albergo, a spettacolo finito, ha recitato nonostante tutto, ci racconta, e non sa neppure dove ha trovato la forza per farlo.
Vi raccontiamo NON DOMANDARMI DI ME, MARTA MIA… in scena al Teatro delle Moline (dal 24 al 27 ottobre).
Ci ritroviamo così nella stanza di Marta, nell'intimità di questo monologo per sola attrice. Le parole sono musica, suoni di emozioni che danzano sulle labbra col ritmo imposto dalla necessità del racconto di questo rapporto di elezione, di creatività e di supporto reciproco con il suo Maestro, una “questione di sopravvivenza”.
Il monologo fluisce come un canto, un canto che si svela poco a poco e ci parla di anime unite nel teatro, un atto di fede, di amore, una vocazione, una necessità, ma anche un sacrificio per la vita, una croce da portare nella solitudine e nella paura di non esserne all'altezza. “E se penso alla mia vocazione, non ho più paura della vita”, ci dice Marta, divenuta ormai attrice consapevole, ma che non dimentica mai che il successo avuto lo deve alla persona che più di tutte ha creduto in lei. Questi fantasmi, “più vivi e più veri delle cose vive e vere, nella nostra immaginazione”, sono le anime affini dei morti, che speriamo inseparabili dalla nostra di anima, per alleviare il dolore che la morte possa cancellare tutto. E allora ci aiutano i ricordi, la carta, le parole che scaldano, i personaggi teatrali vissuti sulla pelle e dentro l'anima. Il difficile mestiere dell’attore, il sentirsi vuoti al di fuori della scena, nell'attesa che si presenti un nuovo personaggio, magari scritto apposta, cucito addosso. Come se la vita fuori dalle scene fosse una vuota continuazione di quella sul palco e allora solo il teatro è vita veramente vissuta.
Scritto dalla giornalista e scrittrice Katia Ippaso, già autrice di diversi documentari che raccontano i più amati attori di cinema italiani, Anna Magnani e Totò fra tutti, per la regia di Arturo Armone Caruso e con Elena Arvigo (recentemente vista in AVAMPOSTI TEATRALI), sola attrice e diva pirandelliana, delicata ed elegante, che si mostra in tutta la sua fragilità. Eterea, ma al tempo stesso energica, Elena Arvigo si trasforma in Marta, parla come parlava lei, le pause, i gesti, le sue parole, nulla è casuale, ma lo studio preciso del voler essere, tramite l'esistenza di qualcun altro, più profondamente se stessi.
La sostanza delle parole e dell'essere non vengono oscurate da scene invadenti, la stanza di Marta a cura di Francesco Ghisu è semplice per essere quella di un’attrice affermata e amata dal pubblico, poche cose scelte, le lettere del carteggio tra lei e Pirandello, che vuole vicine più che mai, per riscaldarla in una notte insonne e sofferta, in una città improvvisamente estranea, troppo lontana da lui.
Morbide le luci di Giuseppe Filipponio, sempre tenui e rispettose dei sentimenti di Marta, del suo lutto. Entra e se ne va nella luce Marta.
In linea con la scena e le luci, le musiche originali di Maria Fausta accompagnano dolcemente la protagonista sulla scena, nei passi leggeri, nelle pose plastiche.
Con la solennità e la soavità che ci aspetta dall'attrice musa di Pirandello, che i personaggi glieli scriveva su misura, il personaggio di Marta è la diva pirandelliana per eccellenza: una donna raffinata e sensibile, vulnerabile, senza vergogna di ammettere il dolore, i successi e gli insuccessi, senza paura di dire ciò che pensa.
Elena Arvigo, Premio Hystrio alla vocazione e una delle attrici e registe più interessanti del nostro panorama teatrale da noi anche intervistata in passato, costruisce una Marta efficace assolvendo il compito di un’interpretazione rispettosa e forte; non è affatto facile mettere in scena un personaggio realmente esistito e che faceva il nostro stesso mestiere, ma la sua Marta non è mai stereotipata, è una donna che affonda la vita nelle emozioni, che ama talmente tanto il suo pubblico da riuscire a trovare il coraggio di condividere la sua sfera più intima.
Il coraggio di Elena, essere così vulnerabile e, allo stesso tempo, così forte, l’attrice Elena che interpreta l’attrice Marta, due figure che si fondono. Era solo tramite uno spettacolo che poteva accadere, solo così poteva avvenire davvero quell’ultimo saluto che non avevano potuto darsi di persona Marta Abba e il suo Pirandello.
Info:
NON DOMANDARMI DI ME, MARTA MIA… di Katia Ippaso
con Elena Arvigo
regia di Arturo Armone Caruso
assistente alla regia Giulia Dietrich
musiche originali Maria Fausta
scene Francesco Ghisu
disegno luci Giuseppe Filipponio
image designer Elio Castellana