Al Teatro Studio Mila Pieralli, per la stagione teatrale di Scandicci, la Fondazione Teatro della Toscana ha presentato Nel labirinto. Discorso sul mito di e con Vittorio Continelli. Una storia che genera un’altra storia che genera un’altra storia, seguendo il filo narrativo che ci conduce fino al cuore labirinto senza capire però come fare a uscirne.
Una scena scarna, rami nudi di albero e al centro un attore narratore che dipana dalla sua bocca un filo rosso da intrecciare ai rami, via via che il racconto procede, svelando immagini, rimandi e intrecci con un unico grande sfondo comune: il Mediterraneo, culla di civiltà e miti la cui potenza archetipica continua ancora oggi ad ispirare il nostro tempo.
La scintilla del racconto nasce con l’amore ibrido e mostruoso tra un dio trasformatosi in toro e una principessa mediorientale, Europa, rapita dalle spiagge fenice e sedotta a Creta, destinata a diventare la città del labirinto. Qui altre storie si diramano, altri mostri, come il Minotauro provocheranno il confine tra splendore divino e umana bestialità, confondendo i connotati delle cose; nuovi amori e nuovi abbandoni, come quelli di Arianna e Teseo tenteranno di aprire dall’interno il loop ipnotico che ci chiude dentro il labirinto, appesi al filo rosso che ce ne svela la trama; altri audaci esploratori come Icaro con le sue ali di cera al sole tenteranno di abbracciare dall’alto la prigione, sorvolandola per annullarla. Ma dal labirinto non si esce: “Come si esce dal labirinto?” si chiede e ci chiede più volte Vittorio Continelli. La storia si riavvolge su se stessa dandoci l’idea di essere destinata a ripetersi all’infinito, al di sotto dell’apparente variabilità delle forme e degli scenari.
Cosa nasconde questo gioco di scatole cinesi? La nascita della nostra civiltà? Europa si chiama il primo personaggio chiamato in causa dall’attore. Il suo identificarsi in un ibrido originario, in una contaminazione culturale tanto più rimossa quanto più temuta da chi dovrebbe fieramente farne il proprio tratto distintivo? Il perpetrarsi di immagine antiche quanto la nostra memoria collettiva? Forse tutto questo contemporaneamente.
Si avverte soprattutto il senso del progetto itinerante di Continelli, che da anni è intento a riportare attraverso i racconti del mito, l’atto teatrale alla sua sorgente primaria, quella della narrazione nuda, scarna, senza suggestioni musicali, senza fughe in espedienti scenografici, tecnici, che esulino dal carisma dell’attore stesso, come tramite irriducibile di storie ed immagini.
Non è facile per uno spettatore di oggi sovrastimolato da immagini ed emozioni mediatiche frenetiche, restare centrato nell’attenzione, ascoltare senza perdersi, affidarsi al potere nudo delle parole. La scelta di Continelli è quella di una presenza scenica piuttosto monocorde, di cui si soffre, a nostro parere, un’eccessiva staticità e il distacco emotivo del corpo. Le storie narrate, non trasmettono fino in fondo la potenza delle immagini antiche evocate da parole disincarnate, mantenendo il viaggio nel labirinto da un livello cerebrale, intellettuale, che ottiene l’effetto di suscitare, senz’altro interesse ma senza pathos, come se fosse possibile addomesticare il mito nelle sue fattezze mostruose e archetipiche.
Resta indiscutibile il merito di un lavoro di narrazione in cui alla parola è affidato il compito di risvegliare nello spettatore il ricordo di rimandi antichissimi che sembrano nascondere un segreto inconfessato, come in uno scrigno che solo chi vorrà o saprà ascoltare potrà schiudere comprendendo senza comprendere, intuendo ad occhi chiusi il significato oscuro di quanto appreso, come accade nei sogni o…appunto, nei miti.
Info:
NEL LABIRINTO. DISCORSO SUL MITO
di e con Vittorio Continelli
collaborazione artistica Roberto Bacci
musiche originali Ares Tavolazzi
costumi Chiara Fontanella
luci ed elementi di scena Fabio Giommarelli
foto di scena Nico Bruchi
produzione Fondazione Teatro della Toscana
Festival d’Autunno 2018 / Progetto Area Metropolitana
Teatro Studio Mila Pieralli
15 dicembre 2018