NATURAE @Compagnia della Fortezza. La bianca ascesi di Armando Punzo

Dilatato in conseguenza della pandemia, NATURAE l’ultimo progetto della Compagnia della Fortezza, già diventato da biennale triennale, avrà il suo compimento nel 2022. In questi giorni va in scena invece un terzo quadro, La valle dell’annientamento . Ambientato nel cortile del Carcere di Volterra completamente bianco, incandescente nel riverbero del sole, epifanico, lo spettacolo conosce un inizio incisivo di bellezza.

Naturae: il bianco della bellezza

Tre performer fanno ruotare strutture bianche (gabbie? Celle molecolari? Labirinti? Non è dato sapere che nome attribuire a questa incarnazione della musica delle sfere) in un ritmico andare ipnotico. Seduto al bordo del palco, Punzo li guida con gesti di tale impalpabile efficienza che la metafora del regista come tessitore cieco balza potente verso il pubblico. In realtà, semmai, si tratta di un pittore, che per Foucault era un’altra delle maschere del regista: regista e pittore dirigono gli occhi verso di noi, pubblico, solo nella misura in cui ci troviamo al posto del soggetto. Gli spettatori sono di troppo. Nella prima parte della performance, lo siamo. Il pittore/demiurgo/tessitore/regista deve dare l’avvio a un montaggio mistico. Le gabbie percorrono lo spazio scenico, imprigionano senza fermarli i personaggi, diventano spazi ricordo: una ricostruisce la libreria di Borges, una, piccola, è riservata alla sfera bianca di Naturae al primo stadio.

Naturae: mosaico di macchine

Macchine, scatole, contenitori di energia. Il movimento contemporaneo è così ricco e complesso da ribadire che il teatro di oggi è montaggio, rapporto, mosaico, intreccio, non più un solo filo di fabula e testo. In realtà, un lungo, poetico, mistico testo di Armando Punzo si stende come un tappeto sonoro per quasi tutto lo spettacolo, fornendo una regia di suono altrettanto importante del capogiro visivo che ci viene offerto. Mormora come un fiume, e il pubblico ne estrapola lacerti, riconosce citazioni celebri (Salustio: “queste cose non furono mai, ma sono sempre”), o semplicemente viene agganciato dalla carica poetica di alcune frasi e allora le decifra e le scopre, ma poi, ovviamente, la tentazione ekfrastica è vittoriosa, sempre. Eppure alcuni monologhi sono veramente incisivi, in quella cifra di alto stile che Armando Punzo ha ormai stabilizzato, questo porgere, da parte dell’attore, con pause non realistiche, con estrema dignità e pulizia, un testo ermetico e sacrale in offerta al pubblico, a prescindere dalla comprensione – solo perché il valore è altissimo – e così la bellezza.

Da Beatitudo a Naturae: il simbolismo dei colori

La tavolozza coloristica dal rosso-arancio di Beatitudo è impallidita fino a raggiungere qui un biancore gessoso che trasforma alcuni dei performer in vere e proprie statue candide, divina purezza e divino orrore, come i Titani che si imbiancano di calce per procedere all’uccisione di Dioniso. Sarà stato versato sangue, in quel momento fondativo del teatro, come avviene adesso, che Armando Punzo fa colare lunghe strisce rosse su uno dei suoi pallidi attori, strisce di sangue, certo. Ma questo sangue è vita, non morte: lo capiamo quando un altro dei performer completamente vestito di rosso aiuta a spalmare, col piede, un anello di sangue rosso sul biancore del palco. Salta alla mente il Corifeo Coniglio di Castellucci, che inciampa e slitta nel suo personale lago di sangue: ma qui c’è un sorriso luminoso, c’è una sequenza di ballo, vivace, non melanconica. Ci annientiamo, sì, ma misticamente. Moriamo, sì, ma a quello che in noi deve morire. Alla ‘mondana cera’, avrebbe detto Dante, non al nostro eterno.

L’autocitazione della Compagnia della Fortezza

L’Armata, con le lunghissime canne di bambù, porta in scena i kimono della scorsa edizione di Naturae, danzanti come flabelli, e porta anche, minuscoli, sosia dei performer stessi, pupazzi piccolissimi che danzano sulla punta dei bambù ripetendo nel movimento celeste i passi di danza terrestri che li animano e li vivificano, secondo il principio alchemico e mistico: come in cielo, così in terra. La sequenza, perfetta e suggestiva, dimostra che l’autocitazione può diventare una sensibile e scintillante tastiera di variazione, e che il superamento di sé è sempre possibile, da parte di un artista, anche dai lacerti del cammino già percorso, anche da simboli già usati, che, nelle mani di un maestro, non hanno mai finito di dire quello che hanno da dire. In omaggio alla tappa riassuntiva di questa lunga storia, vediamo muoversi per il palco personaggi e simboli di altre tappe:  l’uomo Grigio, Funes, di Borges, il nido di Hybris,  i pallidi principi, libro di Shakespeare, e le principesse scarlatte e molte maschere che abbiamo conosciuto e che riconosciamo.

Naturae terzo quadro: la sequenza finale

Se avremmo potuto temere un vuoto d’ispirazione, una stanchezza di un qualche tipo, ecco, La valle dell’annientamento sgombra la strada a ipotesi simili. Specialmente nella sequenza finale, di una semplicità incendiaria. Un performer di colore ha sulle spalle la struttura di legno dell’apertura. La muove, e la struttura, dapprima una specie di enorme croce, diventa poi la carlinga di un aereo, o due ali. La muove in corrispondenza con i movimenti di Armando Punzo, seduto al limite del palco. Scorre fra i due un fiume di energia, inequivocabile. Ambedue sorridono. È una danza, armoniosa e potente, e tenera. Di più di un simbolo, perché un semplice simbolo non potrebbe far esplodere il pubblico in una standing ovation a scena aperta, che diventa poi un accompagnamento, un’entrata a tuffo in quel momento, in quella verità. Rimaniamo stupefatti che un breve spettacolo, tessuto di momenti noti, riesca a sferrare questo colpo potente, a chiudere il tempo della storia tra due mani scottanti e commoventi, implacabili. Ma l’incanto è spiegabilissimo. Come un cacciatore riesce fischiando a far uscire un uccello dal bosco, e ci riesce soltanto lui, così Armando Punzo riesce a incarnare sul palco le forme impalpabili e indimenticabili della bellezza, e condurci sulle orme di una certa, struggente, felicità.

NATURAE – la valle dell’annientamento III quadro

Compagnia della Fortezza
regia e drammaturgia Armando Punzo
musiche originali e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
foto di scena Stefano Vaja documentazione video Francesco ZolloNico Rossi / Vai Oltre!
In scena Ciro Afeltra, Endrit Bajara, Saverio Barbera, Franco Bellingheri, Amaell Ben Nour, Filippo Bonura, Claudio Borgarelli, Abderraim Bournik, Paolo Brucci, Valentin Bukur, Maxwell Caratti, Daniel Chukwuka, Paul Cocian, Giuliano Costantini, Ismet Cucka, Fabio Desogus, Lucio Di Iorio, Armando Di Puoti, Fabrizio Di Pasquale, Domenico Donato, Youssef Elkalidi, Bogdan Erdei Romeo, Antonio Faedda, Faquan Fan, Salvatore Farina, Giovanni Fontana, Federico Furlan, Salvatore Giordano, Francesco Guardo, Antonio Iazzetta, Fraj Immami, Naser Kermeni, Nik Kodra, Urim Laci, Jie Lin Jie, Giuseppe Licata, Amid Maatoui, Vito Maenza, Mbaresim Malaj, Jetmir Marku, Emanuele Matarazzo, Luca Matarazzo, Paolo Matija, Amin Montassir, Antonio Nastro, Arjon Nezhai, Tarek Omezzine, Marian Petru Iosif, Fabio Prete, Domenico Prospero, Ciprian Putanu Marius, Simone Rampin, Hamadi Rezeg, Elio Rorondale, Adrian Saracil, Ivan Savic, Vincenzo Sorio, Marjan Stamate, Salvatore Stentardo, Timon Tarantino, Mestan Thaqui, Fabio Valentino, Biagio Vecchio, Alessandro Ventriglia, Salvatore Vinci, Tony Waychey, Carlo Zingarello, Peng Zhi Zou. e Armando Punzo, Andreino Salvadori, Isabella Brogi, Gaetano Spera, Francesca Tisano, Elisa Betti, Giulia Guastalegname 
Produzione Carte Blanche Centro Nazionale Teatro e Carcere
direzione artistica Armando Punzo
direzione organizzativa e cura dei progetti Cinzia de Felice

Fortezza Medicea – Volterra
25 luglio 2021

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